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    Home Approfondimenti Lo sport agonistico si muove in sicurezza
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    Lo sport agonistico si muove in sicurezza

    Barbara AGOSTINIS
    Avvocato in Pesaro
    3 Febbraio 2021
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      L’esigenza di contenere la diffusione del Covid 19, da un lato, e di non paralizzare l’attività sportiva, dall’altra, è alla base di una serie di provvedimenti normativi, emanati in modo frenetico dal legislatore statale e da quello sportivo, tesi alla salute dei praticanti

      Come è noto, in questo momento (anche a seguito dell’ultimo d.p.c.m.), sono consentiti solo i campionati di interesse nazionale e i relativi allenamenti da parte di atleti con la tessera agonista.

      I recenti atti normativi, di fonte statale e sportiva, mirano pertanto a garantire la salute degli sportivi agonisti iscritti a tali competizioni, gli unici a potere praticare attività sportiva “istituzionalizzata” comprensiva di competizioni e sessioni di allenamenti (diverse sono le regole per la pratica “libera”, consentita all’aperto a tutti nel rispetto del distanziamento, sulle quali abbiamo già pubblicato altri interventi).

      Al fine di comprendere pienamente il contenuto delle nuove disposizioni legislative in materia di tutela sanitaria “in epoca Covid”, è opportuno richiamare, seppure sinteticamente, le fonti di riferimento relative all’idoneità sportiva agonistica.

      Il testo cardine è il d.m. 18 febbraio 1982 “Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica”, il cui articolo 1 impone – ai fini della tutela della salute – “a coloro che praticano attività sportiva agonistica di sottoporsi previamente e periodicamente al controllo dell’idoneità specifica allo sport che intendono svolgere o svolgono”, precisando che “la qualificazione agonistica di chi svolge attività sportiva è demandata alle Federazioni sportive nazionali o agli Enti di promozione sportiva”.

      La scelta delle singole Federazioni, di adottare un criterio anagrafico per delineare il concetto di agonismo piuttosto che definirne il significato, ha comportato una serie di problemi interpretativi, relativi alla difficoltà di distinguere l’attività agonistica da quella non agonistica, tali da indurre il Ministero della Salute a emanare una circolare (Ministero della Sanità ­ Circolare 31 gennaio 1983 n. 7), con intento chiarificatore. 

      Ai sensi del citato provvedimento, si intende attività agonistica

      “quella forma di attività sportiva praticata sistematicamente e/o continuativamente e soprattutto in forme organizzate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI e dal Ministero della Pubblica Istruzione per quanto riguarda i Giochi della Gioventù a livello Nazionale, per il conseguimento di prestazioni sportive di un certo livello. L’attività sportiva agonistica non è quindi sinonimo di competizione. L’aspetto competitivo, infatti, che può essere presente in tutte le attività sportive, da solo non è sufficiente a configurare nella forma agonistica una attività sportiva”.

      Secondo quanto disposto dal decreto ministeriale indicato, lo svolgimento di attività agonistica presuppone l’ottenimento di un certificato di idoneità agonistica all’attività sportiva; si tratta di un’idoneità specifica (diversamente dall’idoneità alla pratica non agonistica), la cui valenza è limitata allo sport per cui è richiesto. Ai fini del riconoscimento dell’idoneità specifica ai singoli sport i soggetti interessati devono sottoporsi agli accertamenti sanitari previsti, in rapporto allo sport praticato, nelle tabelle A e B di cui all’allegato 1 del decreto citato, con la periodicità indicata nelle stesse tabelle, differenziata in base alla tipologia di sport, a basso impegno fisico o elevato impegno fisico (art.3).

      La circostanza per cui la normativa statale per il rilascio del certificato risalga a quasi 40 anni fa comporta che lo sport per cui è richiesta l’idoneità potrebbe non essere contemplato nelle tabelle allegate al decreto ministeriale, riferimento per gli esami diagnostici e la durata del certificato. Prevedendo una simile possibile lacuna, il legislatore ha statuito che (art. 3) ove si verificasse una simile situazione, “gli sport non contemplati nelle sopracitate tabelle sono assimilati, ai fini degli accertamenti sanitari da compiersi, a quello che, tra i previsti, presenta maggiore affinità con il prescelto dall’interessato”.

      Nel caso in cui l’atleta pratichi più sport, deve sottoporsi a una sola visita di idoneità con periodicità annuale. La visita sarà, nel caso predetto, comprensiva di tutte le indagini contemplate per i singoli sport (art. 3).

      La normativa in materia di certificazione sanitaria di idoneità all’attività sportiva agonistica – che non ha subito modifiche a seguito del decreto Balduzzi, limitato all’attività non agonistica – è stata oggetto di numerose precisazioni da parte del legislatore statale e sportivo in epoca COVID, intenzionato a consentire la prosecuzione dell’attività sportiva in sicurezza, muovendo dal presupposto che il rilascio o il rinnovo dell’idoneità non può invero non tenere conto degli effetti della positività dell’atleta al virus e delle possibili conseguenze anche a lungo termine sulla salute degli individui.

      All’inizio di quest’anno, il Ministero della Salute, con ordinanza del 13 gennaio u.s. (“idoneità all’attività sportiva agonistica in atleti non professionisti COVID-19 positivi guariti e in atleti con sintomi suggestivi per COVID-19 in assenza di diagnosi da SARS-COV-2”) ha emanato una serie di raccomandazioni (predisposte sulla base del documento elaborato e proposto dalla Federazione Medico Sportiva Italiana), di cui è necessario tenere conto al momento del rilascio e del rinnovo del certificato di idoneità all’attività sportiva agonistica, nonché nel caso in cui l’atleta contragga il virus in corso di validità del certificato di idoneità.

      Il provvedimento citato ha recepito la distinzione degli atleti in due gruppi: rispettivamente, atleti che risultano positivi al COVID 19 e sintomatici, da un lato, atleti negativi e asintomatici (non testati), dall’altro.

      Con riferimento agli atleti inclusi nel primo gruppo, ove sia necessario il rinnovo della certificazione di idoneità o il rilascio della prima certificazione, si prevede che il medico dello sport esegua (dopo 30 gg. dalla guarigione certificata o dalla scomparsa dei sintomi) una serie di esami indicati, integrativi ed ulteriori rispetto quelli previsti dal decreto ministeriale del 1982; analoghi accertamenti devono essere compiuti qualora l’atleta contragga il virus in corso di validità della certificazione, in considerazione dei possibili effetti prolungati del virus sulle condizioni di salute degli atleti. Al ricorrere di tale situazione, è consentito che l’atleta ottenga una certificazione di rientro all’attività rilasciata dal medico dello sport, senza ripetere la visita tesa al rilascio della certificazione di idoneità agonistica.

      Successivamente all’emanazione della circolare del Ministero della Salute, alcuni Federazioni sportive nazionali hanno redatto propri protocolli sanitari per lo svolgimento degli allenamenti in sicurezza.

      Un esempio è rappresentato dal Protocollo – di cui si è dotata la Federazione Italiana Pallacanestro -, volto a disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti delle Competizioni di Pallacanestro di preminente interesse Nazionale e finalizzato a contenere al massimo il rischio di contagio, consapevole  della necessità per i tesserati delle società partecipanti ai campionati seniores regionali, ai campionati giovanili regionali, al 3×3 indoor, di poter svolgere attività di allenamento, in preparazione alla partenza dei rispettivi campionati.

      Gli atleti sono suddivisi in due gruppi, in linea con la classificazione epidemiologica compiuta dalla Circolare del Ministero della Salute, rispettivamente nel Gruppo 1, comprendente i Soggetti COVID 19+ (positivi) accertati e guariti o che, in base all’anamnesi medica, abbiano avuto negli ultimi sei mesi sintomi caratteristici e potenzialmente riferibili alla infezione da COVID 19 (tra i quali, a titolo non esaustivo, temperatura corporea > 37,5 ーC, tosse, mal di gola, rinite, astenia, dispnea, mialgie, diarrea, anosmia, ageusia) e Gruppo 2, cui sono ricondotti i Soggetti COVID19- (negativi) e soggetti asintomatici (non testati); in questa categoria rientrano anche coloro che sono stati a contatto con soggetti positivi (link epidemiologico familiare e ambientale positivo) ma sempre rimasti asintomatici e non testati.

      Con espresso riguardo alla certificazione di idoneità agonistica, si precisa che tutti gli Atleti devono essere in possesso della certificazione di idoneità agonistica (DM 18/02/82) in corso di validità. Gli atleti COVID+ accertati e guariti, per essere riammessi alle attività sportive, dovranno presentare una certificazione delle competenti autorità sanitarie o di un infettivologo, che certifichi l’avvenuta guarigione e dovranno sottoporsi a nuova visita medico-sportiva ed ottenere una “attestazione return to play”. Il medico specialista in medicina dello sport per le visite post COVID può fare riferimento alle raccomandazioni della FMSI divulgate con una nota del Ministero della Salute il 13 gennaio 2021, che è disponibile sul sito federale nella sezione “Protocolli Sanitari”.

      È probabile che a questo protocollo emanato dalla FIP, ne seguano altri, in virtù dell’autonomia normativa di cui godono le singole Federazioni sportive nazionali e, più in generale, l’ordinamento sportivo. È doveroso tuttavia, ai sensi dell’art. 1 della l. 280/03, che l’autonomia normativa dell’ordinamento sportivo venga esercitata nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento statale (di rango costituzionale), trattandosi di autonomia limitata.

      La circostanza per cui i protocolli sanitari federali si riflettano sulla tutela della salute degli atleti, comporta che il legislatore sportivo possa derogare “in melius” alla normativa statale, introducendo solo norme più favorevoli e più protettive per la salute dei praticanti.

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        Barbara AGOSTINIS
        Avvocato esperto in diritto dello sport e dottore di ricerca in diritto civile. Svolge attività professionale anche in sede giurisdizionale nell’ambito del diritto sportivo. È titolare, da molti anni, dell’insegnamento di Diritto dello Sport e di insegnamenti affini presso l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”. È componente del Collegio di Garanzia dello Sport istituito presso il CONI (V sezione), è giudice del Tribunale disciplinare della I.A.A.F., nonché referente della Scuola dello Sport CONI Marche per l’area giuridica. È autrice di molteplici pubblicazioni (testi e articoli) in materia di diritto dello sport e diritto civile; relatrice a numerosi Convegni, anche di rilevanza internazionale, e corsi di perfezionamento universitari in diritto e giustizia, nonché diritto e fiscalità dello sport. Oltre a far parte del Comitato di Redazione Fiscosport, è socia dell’Associazione Italiana Avvocati dello Sport (responsabile del Coordinamento Regione Marche).

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