Il quesito
Risposta di: Gianpaolo CONCARI

Purtroppo il tenore letterale del testo dell’art. 6, dpcm 23/07/2020 non lascia molto spazio a diverse e più favorevoli interpretazioni:
nell’autocertificazione di cui al comma 3, rilasciata dal legale rappresentante della ASD si chiede che
- la a.s.d sia affiliata ad una Federazione sportiva nazionale o ad una disciplina sportiva associata o ad un ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI (cfr. lettera d). Ciò significa che la a.s.d. sia affiliata a una e una sola FSN o DSA/EPS, escludendo così la “pluralità” di affiliazioni.
- la a.s.d. svolga (cfr. lettera f) in via prevalente di attività di avviamento e formazione allo sport dei giovani di età inferiore a 18 anni, ovvero di avviamento alla pratica sportiva in favore di persone di eta’ non inferiore a 60 anni, o nei confronti di soggetti svantaggiati in ragione delle condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. L’utilizzo della congiunzione “ovvero”, nei testi legislativi, ha sempre significato disgiuntivo e questo porta ad escludere la possibilità di svolgimento di una pluralità di attività nei tre settori “socialmente rilevanti” (giovani/anziani/cittadini svantaggiati) che però, nel complesso, portano a superare la soglia di prevalenza.
Il testo del dpcm è, evidentemente, scritto male perché porta a escludere tutti quei soggetti che, pur svolgendo attività socialmente rilevanti ma in modo frazionato, non rispondono ai requisiti previsti. Sul punto si v. anche 5 per mille: i criteri della prevalenza di soggetti minori, anziani o svantaggiati.
A parere di chi scrive è sconsigliabile un ricorso alla magistratura per ricorrere contro il provvedimento di esclusione, o, quantomeno, per intraprendere il contenzioso occorrerebbe avere un’idea dell’ammontare del 5 per mille che si perde per effetto dell’esclusione e poi del costo del contenzioso in sé. In tal caso si potrebbe basare il contenzioso come “caso pilota” magari raccogliendo diversi casi simili in modo da suscitare interesse verso un argomento che, sempre a parere di chi scrive, è sicuramente discriminante.
Si pensi a quelle a.s.d. che svolgono attività verso i tre obiettivi considerati “socialmente rilevanti” e che nel complesso raggiungono il 100% dell’attività svolta dall’associazione ma che si vedono esclusi perché nessuna delle tre oltrepassa il 50% (rendendola prevalente) dell’attività.
In questo modo si porterebbe all’attenzione del CONI e anche del legislatore una più che legittima istanza di perequazione verso organizzazioni che svolgono attività meritevoli di sostegno.