L’Agenzia delle Entrate ha richiamato recentemente con un suo editoriale il problema della possibilità di accedere presso i locali degli Enti non commerciali ai fini di controlli, verifiche ed accertamenti in materia fiscale.
Se da un lato per gli enti non commerciali vale il principio della tutela del “domicilio istituzionale”, ovvero quello dove si svolge l’ordinaria ed esclusiva attività non commerciale di natura culturale, assistenziale, religiosa eccetera, altrettanta tutela non è sufficiente ad esonerare dall’accesso da parte dell’Amministrazione Finanziaria e da parte della Guardia di Finanza in presenza di attività commerciali imponibili, nel qual caso la disciplina applicabile è la medesima a quella relativa ai locali adibiti a impresa.
Il potere di accesso deve riguardare, secondo un principio di democrazia, ogni tipologia di contribuente potenzialmente assoggettato al pagamento di imposte, compresi gli evasori totali, tra i quali si citano, per l’appunto, i soggetti “mascherati” da enti non commerciali esenti.
E’ opportuno analizzare la reale natura dell’ente e dell’attività in concreto esercitata, non potendosi ritenere che un’associazione sia arbitra della propria intassabilità (Corte costituzionale, 19 novembre 1992, n. 467).
Secondo la dottrina prevalente, nei confronti dei soggetti associativi non titolari di redditi di impresa, indipendentemente dal fatto che in tali locali venga o meno esercitata la sola attività istituzionale ovvero anche l’attività commerciale, è sempre necessaria l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria ai fini della legittimità dell’accesso, se sussistono gravi indizi di violazione della normativa fiscale o nel caso in cui si vogliano reperire libri, registri, documenti, scritture e altre prove delle stesse violazioni.
Per l’Agenzia delle Entrate, invece, se l’ente non commerciale svolge, oltre all’attività istituzionale anche l’attività commerciale (per esempio di ristorazione o somministrazione di bevande, bar), che non sia svolta in locali comunque all’interno di un’abitazione, non è obbligatoria l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria ai fini della legittimità dell’accesso, in quanto gli uffici dell’Amministrazione finanziaria e la Guardia di Finanza possono disporre l’accesso per procedere ad ispezioni documentali, verifiche ed altre ricerche atte ad accertare materia imponibile e per reprimere l’evasione ed altre violazioni, non è obbligatoria l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria ai fini della legittimità dell’accesso, avvalendosi delle modalità previste dal comma 1 dell’articolo 52 del Dpr n. 633/72.
L’ACCESSO PRESSO ENTI NON COMMERCIALI a cura della Dott.ssa Valentina Di Renzo, Consulente Provinciale Fiscosport Venezia
L’Agenzia delle Entrate ha richiamato recentemente con un suo editoriale il problema della possibilità di accedere presso i locali degli Enti non commerciali ai fini di controlli, verifiche ed accertamenti in materia fiscale. Se da un lato per gli enti non commerciali vale il principio della tutela del “domicilio istituzionale”, ovvero quello dove si svolge l'ordinaria ed esclusiva attività non commerciale di natura culturale, assistenziale, religiosa eccetera, altrettanta tutela non è sufficiente ad esonerare dall’accesso da parte dell’Amministrazione Finanziaria e da parte della Guardia di Finanza in presenza di attività commerciali imponibili, nel qual caso la disciplina applicabile è la medesima a quella relativa ai locali adibiti a impresa. Il potere di accesso deve riguardare secondo un principio di democrazia, ogni tipologia di contribuente potenzialmente assoggettato al pagamento di imposte, compresi gli evasori totali, tra i quali si citano, per l’appunto, i soggetti "mascherati" da enti non commerciali esenti. E’ opportuno analizzare la reale natura dell'ente e dell'attività in concreto esercitata, non potendosi ritenere che un'associazione sia arbitra della propria intassabilità (Corte costituzionale, 19 novembre 1992, n. 467). Secondo la dottrina prevalente