A seguito dei controlli effettuati dall’ENPALS nel corso del 2008 per la verifica del corretto inquadramento dei lavoratori presso gli impianti sportivi, con particolare riferimento ai centri fitness, sono emerse delle ripetute osservazioni di irregolarità da parte degli Ispettori con riferimento specifico ai contratti di collaborazione sportiva e con la conseguente presunta erronea applicazione dell’esenzione contributiva per le prestazioni svolte dagli stessi collaboratori.
Più concretamente da un lato le società/associazioni hanno ritenuto che le prestazioni dei collaboratori sportivi rientrassero nel regime agevolato previsto dall’art. 37 della legge 342/2000, riguardante i compensi erogati nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche, ricomprese tra i c.d. redditi diversi (art. 67, comma 1, lettera m del DPR 917/1986, T.U.I.R.), dall’altro l’ENPALS ha contestato tale inquadramento basandosi su due assunti:
a) l’assenza di un rapporto diretto tra prestazione resa e la partecipazione a gare, manifestazioni, tornei ecc., con cui si sostanzierebbe l’espressione dell’art. 67 TUIR “esercizio diretto di attività sportiva”;
b) la ripetitività, sistematicità, abitualità della prestazione da parte dei collaboratori, tale da far inquadrare queste collaborazioni nell’ambito del lavoro dipendente o libero professionale.
Con la presente memoria si intende fornire alcuni spunti di riflessione utili per eventuali memorie difensive nei confronti dell’ENPALS, volte ovviamente ad evidenziare le ragioni che hanno indotto le società/associazioni sportive a regolare il rapporto di lavoro con i propri collaboratori nella formula della collaborazione sportiva così come previsto dal citato art. 67, lett. m. del TUIR.
I motivi sono di carattere “soggettivo” ed “oggettivo”.
MOTIVO SOGGETTIVO
Come previsto dalla normativa dianzi citata, la collaborazione di carattere sportivo, i cui compensi possono inquadrarsi nell’ambito dei “redditi diversi”, può essere stipulata soltanto a condizione che il committente, datore di lavoro, sia una società/associazione sportiva dilettantistica risultante iscritta al Registro nazionale delle società ed associazioni sportive dilettantistiche detenuto dal CONI, cosiddetto “Registro CONI”.
Come noto, l’iscrizione al Registro CONI può effettuarsi solo se le società/associazioni sportive dilettantistiche:
a) presentano nella propria denominazione la parola “dilettantistico”;
b) hanno un proprio statuto conforme al dettato dell’art. 90 della legge 289/2002 e successive modificazioni;
c) si affiliano ad una federazione sportiva o ad un ente di promozione sportiva o ad una disciplina associata.
Di fatto l’iscrizione al Registro CONI, oltre ad avere una valenza eminentemente sportiva, ha anche una valenza fiscale. Con essa, infatti, si sostanzia il riconoscimento di corretta costituzione della società/associazione dal punto di vista delle regole giuridico-fiscali presenti nello statuto.
MOTIVO OGGETTIVO
Come detto, in molti verbali di ispezione si evince che il disconoscimento dell’inquadramento dei rapporti di lavoro dianzi richiamati nella fattispecie di cui all’art. 67, lett. m del TUIR, è da ascriversi all’assenza di un rapporto diretto tra prestazione resa e la partecipazione a gare, manifestazioni.
In altri termini si individua quale elemento essenziale del regime fiscale/contributivo agevolato per le collaborazioni sportive, la sussistenza di una “espressione” agonistica o comunque di una “oggettiva” finalizzazione della didattica sportiva, rappresentata da un evento genericamente indicato con “attività sportiva”, quali “gare, manifestazioni, ecc.”.
Da tali assunti ne deriva che è da considerarsi “attività sportiva” fiscalmente agevolabile solo ciò che si sostanzia in una gara o manifestazione.
Estendendo il concetto si potrebbe pensare di far rientrare nella terminologia “attività sportiva” sia i tornei che i semplici stages, sia i campionati che i saggi di fine anno, sia i meeting che le giornate dimostrative, che, semplicemente, rappresenterebbe il classico modo “all’italiana” per risolvere la questione!
Sempre da tali assunti ne deriva che tutto ciò che non ha una finalizzazione “esteriore”, e cioè non si sostanzia in un evento tangibile, non potrebbe considerarsi “attività diretta sportiva” e, pertanto, tutti gli eventuali compensi erogati a chi svolge attività didattica non finalizzata ad un evento “tangibile” non potrebbero godere di agevolazioni in quanto riferiti a prestazioni prive di diretto carattere “sportivo”.
Seguendo tale logica sarebbero quindi non svolte nell’esercizio “diretto” di attività sportive, a mero titolo di esempio, le attività di istruttori di nuoto, tennis, calcio ecc. se rivolte a soggetti (bambini, adulti) che non svolgono gare, manifestazioni, tornei ecc., così come le attività di didattica dello sport degli istruttori di atletica leggera, basket, pallavolo ecc. volte solo a “far fare attività fisica” agli adolescenti e ad avvicinarli alla pratica dello sport senza che questi partecipino concretamente a nessun “evento tangibile”.
Questi semplici esempi hanno solo lo scopo di portare ad una riflessione: se sia o meno effettivamente corretto e condivisibile che per “esercizio diretto di attività sportiva” si debba intendere la finalizzazione ad un evento tangibile, quali gare, manifestazioni ecc. o più semplicemente non si debba intendere per “esercizio diretto di attività sportiva” il “far fare sport” e cioè l’insegnamento della pratica sportiva sia essa finalizzata ad un evento o sia essa finalizzata al puro e semplice esercizio fisico, inteso non solo come benessere della persona, ma anche come formazione fisica, psichica e come elemento socialmente utile.
In questo senso quindi non ci sarebbero prestazioni sportive di serie “A” e cioè agevolabili dal punto di vista fiscale/contributivo e prestazioni sportive di serie “B” cioè non agevolabili.
Solo con questa lettura, si darebbe senso alla detrazione IRPEF per le spese di iscrizione dei ragazzi dai 5 ai 18 anni per le attività sportive come previsto dal comma 319 dell’art. 1, della legge n. 296 del 27.12.2006 (cosiddetta legge finanziaria per il 2007).
In questa norma, infatti, sono ritenute detraibili le spese per la “mera” iscrizione/frequenza dei ragazzi a qualsiasi disciplina sportiva, ivi comprese le attività del fitness, laddove, espressamente la norma cita le palestre quali luoghi “sportivi” meritevoli di attribuire la detrazione fiscale.
Solo con questa lettura si darebbe inoltre “giustizia” al fatto che nell’ambito della stessa società/associazione sportiva dilettantistica vi siano dei collaboratori amministrativo-gestionali i cui compensi possono essere ritenuti meritevoli di agevolazione fiscale/contributiva a prescindere dall’esercizio diretto di attività sportiva, mentre invece coloro che lo sport lo “fanno fare” (gli istruttori, per l’appunto) resterebbero privi di analoga agevolazione.
Seguendo la tesi restrittiva, come inteso dagli Ispettori dell’accertamento, si arriverebbe al paradosso che l’art. 90 della legge 289/2002, nota per aver esteso il beneficio fiscale/contributivo dei collaboratori sportivi anche ai collaboratori amministrativo-gestionali, vincolerebbe di fatto il beneficio agli sportivi solo laddove gli stessi eroghino le loro prestazioni per future manifestazioni, gare, tornei ecc, mentre non porrebbe tale vincolo alle figure amministrative-gestionali che non fanno sport “direttamente” per definizione.
Ma, al di là di quelle che possono essere considerate logiche dissertazioni, non si comprende alla luce di quale specifica normativa si possa ravvisare quella limitazione del beneficio fiscale/contributivo ai compensi per prestazioni rese nell’esercizio diretto dello sport, rilevato dagli Ispettori.
A nulla può valere, in questo senso, il richiamo, peraltro assente in molti dei verbali di ispezione, alla Risoluzione Ministeriale n. 34 del 26.03.2001.
In tale Risoluzione l’Agenzia delle Entrate dettava delle regole per “estendere” i benefici fiscali dei collaboratori sportivi a soggetti che non “facevano sport” direttamente, ma che, con il loro operato, consentivano comunque la possibilità ad altri di “fare sport”.
Più specificamente nella fattispecie si faceva riferimento alla possibilità di estendere i predetti benefici ai dirigenti accompagnatori ed ai tecnici che con la loro attività e presenza nelle manifestazioni, ne consentono di fatto il regolare funzionamento.
Giova rilevare che nella stessa risoluzione si esplicitava, senza alcuna dissertazione, che “sono da considerare in primo luogo corrisposti nell’esercizio diretto dell’attività sportiva dilettantistica, i compensi erogati agli atleti dilettanti, agli allenatori, ai giudici di gara….” senza riferimento o collegamento alcuno con l’espressione tangibile di manifestazioni, gare, tornei ecc….
Si noti come l’Agenzia Entrate attesti il “diritto” al beneficio fiscale per gli allenatori, senza molte elucubrazioni su differenze tra “allenatori” ed “istruttori”, così, di fatto, riconoscendo che il “far sport” prescinde dall’evento tangibile esteriore o da altre inutili differenziazioni terminologiche.
Si noti ancora che tale Risoluzione, che, vale la pena ribadirlo, non ha forza di legge, è precedente all’art. 90 della Legge 289/2002, con il quale il legislatore afferma tout court l’estensione dei benefici fiscali previsti per chi eserciti direttamente attività sportiva anche a favore di coloro, i collaboratori amministrativo-gestionali, che non esercitano direttamente attività sportiva, ma che con il loro operato contribuiscono a far sì che società/associazioni sportive possano compiere i propri scopi istituzionali, a prescindere da ogni collegamento “diretto” con manifestazione, gare e tornei, così da superare ogni dubbio interpretativo, a parere di chi scrive, alla base della predetta Risoluzione 34/2001.
Tutto ciò premesso, ci si chiede ancora come alla stessa luce delle Circolari Enpals sull’argomento, possano privarsi del beneficio fiscale/contributivo i collaboratori sportivi che svolgono l’attività per un numero di ore estremamente contenuto nell’arco della settimana, oppure che percepiscono compensi inferiori ad euro 4.500 o ad una soglia di “marginalità” non definita e non definibile.
Dai verbali di accertamento è emerso che gli Ispettori hanno ravvisato per molte collaborazioni sportive l’elemento della dipendenza o della professionalità tale da far propendere per il lavoro dipendente o autonomo con partita IVA.
L’analisi di queste posizioni, invece, scevra di pregiudizi sul settore, porta ad evidenziare che tali rapporti si inquadrino meglio nella collaborazione di tipo coordinata e continuativa anziché nel lavoro dipendente o libero professionale con partita IVA, con peraltro la sussistenza di un compenso annuo modesto, solitamente inferiore alla soglia dell’esenzione fiscale dei 7.500 euro.
A tal proposito vale la pena ricordare che nell’art. 61 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 di attuazione della cosiddetta legge “Biagi”, con la quale, di fatto, si eliminavano le collaborazioni coordinate e continuative, si fanno salvi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 90 della legge 289/2002. Queste sono sicuramente le collaborazioni amministrativo-gestionali di cui si è dianzi argomentato, ma, in via analogica, devono altresì intendersi le collaborazioni di carattere “sportivo” con cui si crea un rapporto continuativo nel tempo tra un committente ed un collaboratore, il quale svolge la propria attività con autonomia coordinandosi con le esigenze, mezzi, strutture del committente medesimo.
Non può, quindi, addursi la continuità del rapporto di collaborazione quale presupposto per la “ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità dei comportamenti” tale da “pretendere” l’apertura di una partita IVA in quanto tratterebbesi di un “professionista”, contrariamente ai collaboratori su cui si sono incentrati i controlli ENPALS, spesso giovani e non certamente inquadrabili nella categoria dei “lavoratori autonomi professionisti” che hanno dedicato solo una piccola parte del proprio tempo all’insegnamento della pratica sportiva per passione, o per acquisire esperienze lavorative e o per un modesto riconoscimento economico.
Soltanto confermando la piena validità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa nello sport, si darebbe quindi applicazione al disposto della Legge Biagi a prescindere dal tempo dedicato all’attività e dal relativo compenso, nella considerazione che la Legge Biagi, evidentemente, ha ammesso l’esistenza di un settore, e cioè quello dello sport, che per le proprie peculiarità può ancora avvalersi della predetta tipologia di collaborazione. Il tutto in un quadro di agevolazioni fiscali e contributive volte quindi ad incentivare la pratica e la diffusione sportiva riconoscendone la valenza sociale.
In merito infine alla marginalità del reddito quale elemento per il riconoscimento dell’esenzione contributiva, appare evidente spesso la dimenticanza in sede di ispezione di quanto sostenuto dalla stessa ENPALS con propria Circolare n.13/2006 con cui si afferma che devono considerarsi esenti da contributi i redditi percepiti per prestazioni sportive nei limiti di Euro 4.500 in linea con l’allora esistente “no tax area”. Tale soglia appare comunque, a parere di chi scrive, un limite assolutamente privo di senso: non in linea con l’esclusione contributiva INPS per le collaborazioni occasioni, non in linea con la non più vigente “no tax area”, non in linea con il buon senso di un valore di “marginalità” che tenga conto della vita reale.
Merita in ultimo attenzione anche la recente novità legislativa contenuta nell’art. 35 del decreto legge 30.12.2008, n.207 cosiddetto “decreto Milleproroghe” approvato in via definitiva il 24.2.2009, in cui al comma 5 recita: “nelle parole ‘esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche’, contenute nell’articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al DPR 22.12.1986, n. 917 e successive modificazioni (TUIR), sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.
Di fatto con tale norma si dà atto che anche le mere attività di formazione, istruzione, e finanche di semplice assistenza all’attività sportiva, sono da considerarsi attività i cui compensi possono beneficiare dell’esenzione fiscale (e quindi contributiva) fino alla soglia dei 7.500 euro, laddove, si deve intendere per attività sportiva dilettantistica il solo “far fare sport” a prescindere da un susseguente evento tangibile (manifestazione, gara ecc.), altrimenti si renderebbe vano il senso della novella normativa.
Si ritiene quindi necessaria una nuova riflessione dell’ENPALS sulla questione che tenga conto di questi sviluppi legislativi in ambito fiscale e previdenziale, che devono essere accolti come interventi con valenza interpretativa, valevole, quindi, anche per il passato.
RIFLESSIONI PER MEMORIE DIFENSIVE AVVERSO I VERBALI DI ACCERTAMENTO DELL’ENPALS
A seguito dei controlli effettuati dall’ENPALS nel corso del 2008 per la verifica del corretto inquadramento dei lavoratori presso gli impianti sportivi, con particolare riferimento ai centri fitness, sono emerse delle ripetute osservazioni di irregolarità da parte degli Ispettori con riferimento specifico ai contratti di collaborazione sportiva e con la conseguente presunta erronea applicazione dell’esenzione contributiva per le prestazioni svolte dagli stessi collaboratori. Più concretamente da un lato le società/associazioni hanno ritenuto che le prestazioni dei collaboratori sportivi rientrassero nel regime agevolato previsto dall’art. 37 della legge 342/2000, riguardante i compensi erogati nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche, ricomprese tra i c.d. redditi diversi (art. 67, comma 1, lettera m del DPR 917/1986, T.U.I.R.), dall’altro l’ENPALS ha contestato tale inquadramento basandosi su due assunti: a) l’assenza di un rapporto diretto tra prestazione resa e la partecipazione a gare, manifestazioni, tornei ecc., con cui si sostanzierebbe l’espressione dell’art. 67 TUIR “esercizio diretto di attività sportiva”; b) la ripetitività, sistematicità, abitualità della prestazione da parte dei collaboratori, tale da far inquadrare queste collaborazioni nell’ambito del lavoro dipendente o libero professionale. Con la presente memoria si intende fornire alcuni spunti di riflessione utili per eventuali memorie difensive nei confronti dell’ENPALS, volte ovviamente ad evidenziare le ragioni che hanno indotto le società/associazioni sportive a regolare il rapporto di lavoro con i propri collaboratori nella formula della collaborazione sportiva così come previsto dal citato art. 67, lett. m. del TUIR. I motivi sono di carattere “soggettivo” ed “oggettivo”.