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    Home Approfondimenti La determinazione dell’imponibile nella S.s.d.r.l.: cassa, cassa allargata o competenza?
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    La determinazione dell’imponibile nella S.s.d.r.l.: cassa, cassa allargata o competenza?

    Stefano ANDREANI
    Dottore Commercialista in Firenze
    30 Maggio 2019
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      Nella stagione delle dichiarazioni (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) si ripresenta un dubbio di non facile soluzione

      1. La fondamentale differenza fra a.s.d. e S.s.d.r.l.: diversa la distinzione fra ricavi fiscalmente rilevanti e non

      In primo luogo ricordiamo una prima importante differenza fra a.s.d. e S.s.d.r.l.

      Le a.s.d. sono enti non commerciali, e come tali fiscalmente simili alle persone fisiche; di conseguenza la loro attività istituzionale (quote annuali, corrispettivi da soci o tesserati, contributi non aventi natura di corrispettivo, ecc.) non produce reddito imponibile, mentre se conseguono redditi imponibili tali redditi rilevano e sono tassati in base alle regole specifiche della loro categoria: redditi di fabbricati e terreni, redditi di capitale, redditi d’impresa, e così via.

      I redditi imponibili da terreni e fabbricati sono determinati in base alle rendite catastali ovvero ai canoni di locazione, questi ultimi con gli abbattimenti previsti dalle relative norme.

      I redditi di capitale sono di norma tassati alla fonte, e la relativa ritenuta, appunto come per le persone fisiche, è a titolo di imposta.

      Il reddito di impresa è determinato in base alle regole ordinarie, con la possibilità di avvalersi delle disposizioni della Legge 398.

      Le S.s.d.r.l. sono società commerciali, e la differenza fra tutti i ricavi che conseguono e tutti i costi che sostengono è reddito di impresa.

      All’interno di tale regola generale, in base al disposto dell’art. 90 della Legge 289/2002 si avvalgono delle agevolazioni fiscali dettate per le a.s.d. ma, attenzione: si avvalgono solo delle agevolazioni specificamente stabilite dalla legge, non del principio generale di “non commercialità” dell’attività svolta.

      Qualche esempio riteniamo possa essere utile:

      – i ricavi da sponsorizzazione (quindi attività commerciale svolta con abitualità) saranno fiscalmente rilevanti sia per le a.s.d. che per le S.s.d.r.l., per entrambe come reddito di impresa

      – i corrispettivi specifici da soci o tesserati saranno irrilevanti fiscalmente per entrambe, perché c’è una precisa disposizione di Legge che lo prevede: l’art. 148, III comma, del T.U.I.R.

      – gli interessi attivi saranno reddito di capitale per le a.s.d., e la relativa ritenuta sarà a titolo di imposta, mentre genereranno reddito di impresa per le S.s.d.r.l., e per esse la relativa ritenuta sarà a titolo di acconto

      – le elargizioni liberali e i contributi “a pioggia” ricevuti saranno irrilevanti fiscalmente per le a.s.d., mentre saranno componenti positive del reddito di impresa per le S.s.d.r.l., perché non esiste una norma specifica che li esoneri da imposizione.
       

      2.  Cassa o competenza? Il principio generale

      In secondo luogo, ricordiamo una seconda, altrettanto importante, differenza fra le due tipologie di sodalizi sportivi.

      Sappiamo che il “peccato originale” della regolamentazione fiscale delle S.s.d.r.l. è il non aver dettato una disciplina specifica ma aver semplicemente richiamato le disposizioni relative alle a.s.d.; il già citato art. 90 della Legge 289/2002 inizia con questo comma: “Le disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro”.

      Il problema è che fra le associazioni e le società ci sono differenze tali da rendere difficile adattare a una le norme stabilite per l’altra e fra di esse, quando si tratta di applicare le normativa tributaria, c’è il fatto che:

      – salvo disposizioni speciali, le associazioni, come le persone fisiche, determinano il reddito imponibile in base al principio di cassa: costi e ricavi rilevano nel momento in cui sono pagati ovvero riscossi

      – le società determinano il reddito imponibile in base al principio di competenza: il costo o il ricavo va considerato nell’esercizio di competenza, anche se viene pagato/riscosso in un altro esercizio.

      Un banale esempio per i non esperti di questioni ragionieristiche: un contributo per la stagione 2018 riscosso nel 2019 secondo il principio di cassa rileverà nel 2019, secondo il principio di competenza invece sarà relativo al 2018.
       

      3.  Le regole della legge 398/91 per le a.s.d. – Il principio della “cassa allargata”

      Com’è noto, la Legge 398/91 stabilisce criteri forfetari per determinare l’IVA da versare e le imposte sul reddito da corrispondere relativamente all’attività commerciale degli enti associativi, basandosi esclusivamente sui ricavi, senza tener conto dei costi.

      Per quanto riguarda la questione cassa/competenza la sua applicazione pone più di un problema.

      Per quanto riguarda le imposte sul reddito, l’art. 2, V comma, della Legge 398/91 stabilisce che
      “il reddito imponibile dei soggetti di cui all'articolo 1 è determinato   applicando all'ammontare  dei proventi conseguiti nell'esercizio  di  attività commerciali  il coefficiente di redditività del 3 per  cento  e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali”.
      È quindi chiaro che valga il principio di cassa (proventi “conseguiti”).

      Ai fini IVA invece il III comma di tale articolo ai fini IVA richiama l’art. 74, VI comma, del D.P.R. 633/72, che nulla stabilisce di specifico; non si possono quindi che applicare le regole generali di tale tributo ovvero:

      – art. 6: “Le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili. … Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo. … Se anteriormente al verificarsi degli eventi indicati nei precedenti commi o indipendentemente da essi sia emessa fattura, o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l'operazione si considera effettuata, limitatamente all'importo fatturato o pagato, alla data della fattura o a quella del pagamento”
      – art. 23: “Il contribuente deve annotare in apposito registro le fatture emesse … con riferimento allo stesso mese di effettuazione delle operazioni”
      – art. 17: “L'imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all'erario, cumulativamente per tutte le operazioni effettuate”.

      La regola generale per l’IVA è quindi anch’essa chiara:

      – ciò che rileva è la data di effettuazione delle operazioni

      – le cessioni di beni mobili si considerano effettuate al momento dell’atto o della consegna, le prestazioni di servizi si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo

      – per entrambe, se la fattura viene emessa antecedentemente, si considerano effettuate al momento dell’emissione della fattura.

      Di conseguenza, nel caso di emissione della fattura anticipatamente rispetto al pagamento:

      – ai fini delle imposte sui redditi, vale il momento dell’incasso

      – ai fini IVA, vale il momento della fatturazione.

      Purtroppo (si veda sul punto l’articolo di Giuliano Sinibaldi, Per il calcolo del plafond di 250.000 euro rilevano solo i proventi incassati o anche quelli fatturati?, in Newsletter n. 14/2015) questi principi, chiari nelle leggi, sono totalmente ignorati dalla Pubblica Amministrazione, dato che:

      –  la Circolare SIAE n. 712/1992 ha dichiarato che, pur essendo il regime 398 basato sul criterio di cassa "…, resta fermo il principio voluto dalla normativa IVA secondo cui vanno computati gli introiti fatturati ancorché non riscossi…"; ciò può essere corretto se ci si limita alla normativa IVA, non lo è certamente se si tratta delle imposte dirette

      – il medesimo principio è stabilito dal successivo D.M. 18/5/1995 il quale, nell’illustrare le modalità di compilazione dello specifico registro IVA per i soggetti in regime 398, dichiara che "resta fermo il principio voluto dalla normativa IVA secondo cui vanno computati gli introiti fatturati ancorché non riscossi…"; andando quindi palesemente contro la legge, con buona pace della gerarchia delle fonti …

      – e tale principio è ribadito nella recente Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/2018: “Stante la particolarità della disciplina introdotta dalla legge n. 398 del 1991, per l'individuazione dei proventi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali deve aversi riguardo al momento in cui è percepito il  corrispettivo. Si fa presente, tuttavia, che, qualora anteriormente alla percezione del corrispettivo sia emessa fattura, andranno in tale ipotesi computati anche gli introiti fatturati ancorché non riscossi”.

      A questo punto che dire?

      Come abbiamo più volte segnalato nelle nostre newsletter, il principio di legge è chiaro, ma altrettanto chiara è la posizione, contraria, dell’Agenzia. E siccome è l’Agenzia che effettua i controlli, emana gli accertamenti e fa le segnalazioni alla Procura della Repubblica, non possiamo che suggerire, per prudenza, di adeguarvisi, quanto meno fino a quando la questione non sarà decisa in una sentenza della Suprema Corte.

      Rimane il dubbio di come verrà trattato il corrispettivo fatturato antecedentemente, nell’esercizio in cui verrà riscosso: sarebbe veramente grottesco se ci si attenesse al principio di “cassa allargata” e un verificatore contestasse invece, verificando l’anno successivo, che non è stato considerato un corrispettivo riscosso in tale anno! (e avrebbe, a termini di Legge, tutte le ragioni del mondo…) 
       

      4. E per le S.s.d.r.l. in “regime 398”, quale principio?

      E se per le a.s.d. le posizioni sono chiare, qualche ulteriore dubbio esiste per le S.s.d.r.l., perché, come già anticipato, se per le a.s.d. il punto di partenza è il principio di cassa, e il solo “elemento di disturbo” è la pretesa dell’Agenzia che si applichi la “cassa allargata”, forse non così semplice è la posizione delle S.s.d.r.l., per le quali, in quanto società di capitali, il punto di partenza è il principio di competenza.

      In sostanza, in sede di applicazione del “regime 398”, questi secondo noi i termini del problema:

      a) abbiamo visto che per le a.s.d. esistono ricavi istituzionali e ricavi commerciali:

      – i primi sono irrilevanti fiscalmente

      – i secondi rilevano secondo il principio di cassa (“allargata”, secondo l’Agenzia)

      b) sappiamo invece che per le S.s.d.r.l. la distinzione è diversa:

      – esistono ricavi decommercializzati per legge, irrilevanti fiscalmente

      – esistono ricavi commerciali analoghi a quelli delle a.s.d., che pare pacifico rilevino secondo il principio di cassa (“allargata”, secondo l’Agenzia)

      – ed esistono altri ricavi, che per le a.s.d. sarebbero istituzionali e che invece per le S.s.d.r.l. sono rilevanti fiscalmente (interessi attivi, contributi “a pioggia”, elargizioni liberali, ecc.)

      La domanda è: anche per questi ultimi vale il principio di cassa (“allargata”, secondo l’Agenzia) o, trattandosi di proventi che rilevano fiscalmente solo perché il soggetto è una società commerciale, debbono essere imputati non per cassa ma per competenza, com’è la regola generale per le società commerciali?.

      La nostra idea è che siccome il “regime 398” è un regime speciale, esso superi i principi generali e non possa che applicarsi per intero, e quindi a tutti i componenti attivi che rientrano nella sua base di calcolo: anche i componenti attivi di reddito che sono tali solo per le S.s.d.r.l. dovranno essere considerati per cassa; ma in assenza di indicazioni ufficiali sul punto non possiamo che segnalare la criticità e raccomandare la massima prudenza.

      5.  Nella pratica, quindi, come comportarsi?

      Se si aderisce alla posizione qui sopra indicata, se per le a.s.d. che predispongono il rendiconto per cassa le componenti attive di reddito fiscalmente rilevanti possono essere desunte dal rendiconto medesimo, con il solo “assestamento” relativo alle fatture emesse in un esercizio e riscosse in un altro, per seguire il principio della “cassa allargata”, per le S.s.d.r.l. le differenze fra le risultanze del bilancio, redatto obbligatoriamente per competenza, e gli elementi fiscalmente rilevanti, determinati secondo il principio di “cassa allargata” sono tali e tante che ci pare inevitabile seguire il “doppio binario”:

      – ai fini civilistici, rileverà la contabilità generale tenuta per competenza

      – ai fini fiscali, rileverà il registro IVA approvato con il D.M. 18/5/1995, nel quale, oltre ai ricavi commerciali e alle fatture emesse e non riscosse, dovranno essere indicati anche tutti gli altri proventi (interessi attivi, ecc.), nel mese di incasso.

      Non vediamo altra soluzione.

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        Stefano ANDREANI
        Dottore commercialista specializzato in procedure concorsuali e associazioni sportive, compreso il relativo contenzioso tributario. Consulente della Scuola dello Sport presso il CONI della Toscana. Autore di numerosi articoli in materia di associazioni e società sportive, docente in corsi, seminari e giornate di studio organizzate fra altri da CONI, Federazioni ed Enti di promozione sportiva, Fondazione nazionale dei commercialisti, Ordini locali dei commercialisti. È componente del comitato di redazione della rivista on-line “Fiscosport”.

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