1. Un po’ di storia
Proviamo a fare un riassunto delle puntate precedenti:
Con due delibere del Consiglio Nazionale (la n. 1566 del 20/02/2016 e la n. 1568 del 14/02/2017, correttiva e integrativa della prima) il CONI, al fine di adottare ogni misura tesa alla corretta individuazione dei soggetti che, riconosciuti ai fini sportivi, usufruiscono di trattamenti fiscali e previdenziali agevolati, e per eliminare fenomeni di elusione, purtroppo emersi in fase di verifiche, ha individuato le Discipline Sportive “riconosciute” come tali dal CONI stesso, discipline la cui pratica consente di ottenere l’iscrizione del sodalizio sportivo al “Registro CONI”, iscrizione necessaria, come noto, non solo ai fini sportivi, ma anche per la fruizione delle agevolazioni tributarie e previdenziali previste dal legislatore a beneficio dello sport dilettantistico;
In particolare, con la seconda delibera per le a.s.d./s.s.d. “vecchie”, cioè già iscritte al Registro CONI, è previsto “che le iscrizioni presenti nel Registro valide per il corrente anno sportivo 2017 siano ritenute efficaci fino al termine dello stesso, seppur riferite a discipline sportive non ammissibili”;
sempre in relazione ai sodalizi “vecchi”, cioè già operanti e iscritti al Registro la delibera chiarisce tuttavia che “per l’individuazione dell’anno sportivo 2017 farà fede la data “scadenza affiliazione” inserita nel Registro dall’organismo di affiliazione per ciascuna iscritta e ricadente nel periodo dal 2/1/2017 al 1/1/2018”.
Ciò significa, in concreto, che se la “scadenza” dell’iscrizione al Registro (coincidente con il termine annuale dell’affiliazione alla F.S.N./E.P.S.) è il 30/06/2017 o il 30/09/2017 la proroga ha effetto solamente fino a tali date, e non fino al 31/12/2017.
In precedenza (ed evidentemente per un difetto di coordinamento e/o per uno slittamento dei tempi da parte del CN CONI – a meno che all’Ispettorato non abbiano a disposizione una sfera magica), l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la circolare n. 1/2016 del 01/12/2016 aveva, in sintesi, statuito che, in materia di compensi sportivi dilettantistici ex art. 67, c. 1, Lett. m) T.U.I.R., ("quelli dei 7.500 euro", per intenderci), al fine di poter corrispondere tali compensi è necessario "che il soggetto percettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, così come regolamentate dalle singole federazioni".
Infine, il d.l. n. 25/2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2017, n. 64 e in vigore dal 17 marzo 2017 stesso, ha abrogato (non solo con riferimento alle società sportive, ma erga omnes) la disciplina dei voucher e del lavoro accessorio.
Il tutto, come ampiamente evidenziato e approfondito negli articoli pubblicati nelle Newsletter 1/2017, 2/2017, 3/2017 e 4/2017.
2. Lo stato dell’arte, le certezze (poche) e i dubbi irrisolti (molti)
Al momento attuale le poche certezze che ci sentiamo di poter dare ai nostri lettori sono le seguenti:
a. Non vi sono problemi di sorta, ai fini del mantenimento dell’iscrizione dei sodalizi sportivi nel Registro CONI, e, dunque, di fruizione delle agevolazioni fiscali in capo alla società sportiva, per i sodalizi già iscritti al Registro stesso, fino alla data di scadenza del certificato di iscrizione al Registro, coincidente con la scadenza dell’affiliazione relativa al corrente anno 2017 o all’anno sportivo 2016/2017;
b. similmente, non vi saranno problemi di sorta, sempre al fine della fruizione delle agevolazioni fiscali in capo alla società sportiva, anche per il futuro, per quelle realtà che svolgono una o più delle 384 discipline individuate dalla delibera 1568.
Fine delle certezze.
Da questo punto in avanti partono i dubbi:
i. Il corretto inquadramento delle collaborazioni sportive:
Se, da una parte, non possiamo non accogliere con favore l’apertura dell’Ispettorato Nazionale del lavoro relativamente al superamento dei requisiti di professionalità, nel senso di escludere che il mero possesso di qualifiche formative possa essere considerato indice di “non sportività” dell’attività svolta, rimangono diverse questioni non ancora risolte:
Innanzitutto, neanche la circolare dell’Ispettorato fa accenno alla problematica dello “svolgimento per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche” (art. 5, d.p.r. 633/1972). In concreto: non viene presa posizione sulla figura dell’istruttore che, nella vita, e di mestiere, svolge tale attività e con essa garantisce a sé e alla propria famiglia il sostentamento: tale istruttore potrà essere inquadrato come “sportivo dilettante” per il solo fatto che la propria attività rientra tra quelle riconosciute come “sportive” dal CONI o dovrà, come tutti gli altri esercenti arti e professioni operanti in settori diversi (il commercialista, l’avvocato …) aprire una propria Partita IVA e procedere all’iscrizione alla conseguente Cassa Previdenziale? Fermo restando che il collaboratore sportivo tenuto a svolgere mansioni pre-determinate dal titolare, a orari prestabiliti e soggetto a subordinazione gerarchica da parte del datore di lavoro, non potrà che continuare a essere inquadrato come lavoratore subordinato anche dopo la circolare dell’Ispettorato;
In secondo luogo: come inquadrare e remunerare, già adesso, quei collaboratori che operano in discipline non rientranti fra le 384 attività riconosciute dal CONI, nonché quei collaboratori che svolgono mansioni non strettamente necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, così come regolamentate dalle singole federazioni"?
Ho sottolineato il fatto che il problema si pone sin d’ora in quanto non dobbiamo, a tal fine, farci trarre in inganno dalla “proroga” degli effetti della delibera alla fine della stagione sportiva 2016/2017 (o anno solare 2017) disposta dall’ultimo provvedimento CONI, perché tale proroga ha ad effetto l’iscrivibilità delle a.s.d./s.s.d. al Registro.
Ma il riconoscimento della sportività o meno delle singole discipline e, quindi, il “combinato disposto” della Delibera CONI con la Circolare dell’Ispettorato del Lavoro 1/2016, è (o dovrebbe essere) già operativo.
La circolare dell’Ispettorato fa infatti riferimento all’individuazione delle attività sportive “così come regolamentate dalle singole federazioni”senza porsi il problema degli effetti temporali della delibera.
Per essere più chiari: le attività “riconosciute sportive” lo sono sin d’ora (anzi, dal 14/02/2017), ancorché l’iscrizione al Registro sia considerata valida fino a fine anno sportivo anche per i sodalizi che svolgono discipline non più comprese.
Dunque, l’istruttore che opera in una attività “non più sportiva” non potrà più essere remunerato sin d’ora attraverso l’utilizzo dei compensi sportivi, indipendentemente dal fatto che il sodalizio risulti ancora iscritto al Registro.
Il tutto – il che rende la cosa ancora più paradossale – in assenza di atti aventi forza di legge ma esclusivamente sulla base di provvedimenti amministrativi.
Fino al 17 marzo 2017 la risposta tecnica poteva essere individuata nell’utilizzo dei Voucher, che rappresentavano, per tutto il Terzo Settore, e in particolare per le a.s.d./s.s.d., una soluzione ottimale per remunerare figure che svolgono “lavoretti” tutto sommati costanti nel tempo, ma per poche ore giornaliere o settimanali e per importi in termini assoluti poco rilevanti.
La medesima soluzione poteva essere individuata per la remunerazione degli istruttori “non più sportivi” ai sensi delle delibere CONI.
Ma adesso?
Come pagheremo il custode? E l’addetto al bar o al pro-shop? E il manutentore? E il giardiniere? Ecc…
Non solo: come pagheremo gli istruttori di yoga (problema aperto fino al 31/12/2017 posto che fino a tale data le Associazioni di yoga potranno continuare a essere considerate a.s.d.)?
E l’istruttore di musica o di inglese che sosterrà i corsi affiancati a quelli sportivi nei camps estivi?
Ancora: l’istruttore di Pilates o di Crossfit o di MMA, per citare tre discipline che non è chiaro se rientrino o meno nell’elenco delle attività sportive riconosciute. O l’assistente bagnante delle piscine quando l’attività di assistenza è relativa all’apertura al pubblico dell’impianto (e, quindi, non allo svolgimento di attività sportiva dilettantistica). E potremmo continuare…
Chiediamo a tutti di aprire la partita IVA? Anche al pensionato che, un po’ per passione e un po’ per arrotondare, dà una mano alla bocciofila?
Impensabile, anche per i costi e le implicazioni burocratiche – per non pensare alle eventuali incompatibilità relative ai lavoratori pubblici o ai pensionati – ipotizzare di inquadrare tutti questi soggetti quali lavoratori dipendenti, sia pure a tempo parziale.
Anche la soluzione del lavoro intermittente ex art. articolo 13, D.Lgs. 81/2015 appare, in concreto, poco percorribile.
Dunque? Che si fa?
Diventeranno tutti “collaboratori occasionali” ex art. 67, comma 1, lett. l), T.U.I.R.? (da non confondersi con la lettera m), che è relativa agli sportivi dilettanti).
Ma, a parte che tali compensi, superata la soglia annua dei 5.000,00 €, sono assoggettati, oltre che a ritenuta IRE 20%, anche a contribuzione previdenziale INPS gestione separata (il che comporta un incremento di costo sensibile a fronte di contributi quasi sempre “inutili” ai fini pensionistici), il presupposto giuridico per l’utilizzo di tale metodologia di compensi è, appunto, l’occasionalità della prestazione lavorativa, presupposto che cozza con le modalità concrete di svolgimento dell’attività.
Inevitabilmente, in attesa dell’annunciato provvedimento normativo che dovrebbe sostituire gli aboliti Voucher, assisteremo al proliferare delle soluzioni di arrangiamento alle quali in Italia, non solo per indole ma anche e soprattutto per la mole di adempimenti elefantiaca cui ci costringe il legislatore, siamo purtroppo abituati.
ii. L’individuazione delle attività sportive riconosciute.
In relazione a tale problematica rinviamo a quanto ampiamente evidenziato nei precedenti articoli ricordati in apertura, limitandoci a osservare che:
– Innanzitutto, dopo l’emanazione della seconda delibera (14/02), tutto tace. Come deve essere interpretato questo silenzio?
– Si sta lavorando, come chiedono con forza alcuni Enti di Promozione Sportiva, a un allargamento delle discipline, con apertura ad alcune, o molte, di quelle ora escluse? Ma se così fosse, si rischierebbe di arrivare a un provvedimento di gattopardiana memoria: tutto questo “ambaradan” per tornare esattamente (o quasi) al punto di partenza: praticamente ogni attività motoria potrebbe trovare un riconoscimento. Si fa fatica a pensare, considerate le premesse e le motivazioni del provvedimento, che tutto finisca a tarallucci e vino.
– Se così non è, sarebbe opportuno che dal CONI arrivassero dei segnali, soprattutto in riferimento alle discipline “papali di ripescaggio” e a quelle “definitivamente retrocesse”;
– In relazione a discipline che potrebbero essere comprese nei c.d. “contenitori”, cioè in quelle categorie più aperte e meno definite (es. disciplina 110 – Ginnastica – “attività sportiva ginnastica finalizzata alla salute ed al fitness”; disciplina 216 – cultura fisica – "attività con sovraccarichi e resistenze finalizzate al benessere fisico"; disciplina 277 – nuoto – “attività ginnico motorie acquatiche applicative alle discipline del nuoto”) chi ci potrà dare delle conferme in merito a cosa rientra o meno? Il CONI o le singole Federazioni Sportive? Con quali modalità (circolari? Comunicati? Inserimento delle attività nei “menù a tendina” necessari per l’iscrizione al Registro CONI?)
E, soprattutto, quando?
iii. Il problema degli statuti
Gli oggetti sociali dei singoli statuti dovranno essere modificati per tenere conto dell’individuazione puntuale delle discipline praticate o praticabili? Se sì, da quando?
E gli statuti dei costituendi nuovi Enti sportivi dovranno fare riferimento alla delibera 1568, pur sapendo che probabilmente non è definitiva?
Ma una s.s.d. a r.l. che va a costituirsi domani facendo riferimento alle discipline attualmente individuate dalla delibera 1568, se questa dovesse essere rivista, dovrà tornare dal notaio per variare l’oggetto sociale?
Una volta, al bar, si diceva: chi paga?
Sotto questo aspetto, mentre il CONI tace, alcuni Enti di Promozione Sportiva hanno dato indicazione ai propri associati di procedere con la variazione degli statuti mentre una Federazione Sportiva (la F.G.I.) ha addirittura inviato uno schema di statuto tipo al quale gli enti affiliati si devono adeguare entro 60 gg, bozza nella quale non si fa alcun riferimento alla delibera CONI, e si individua un generico svolgimento “delle attività sportive dilettantistiche promosse dalla Federazione Ginnastica d’Italia”.
La gran parte degli altri Enti di Promozione Sportiva e delle Federazioni Sportive Nazionali non hanno preso posizione.
In dottrina, le opinioni sono discordanti: a noi, come evidenziato nei precedenti articoli, pare non esistere un obbligo di adeguamento puntuale degli statuti alle nuove discipline, ma un dubbio, soprattutto per le “nuove” a.s.d., è legittimo.
3. Il Guado
Insomma, poche idee, ma ben confuse.
Chi ci segue, sa che Fiscosport ha come mission la ricerca e l’individuazione, compatibilmente con le esigenze di legittimità e correttezza delle procedure, di soluzioni operative, concrete e percorribili per gli enti sportivi, ma questa volta dobbiamo riconoscere il nostro imbarazzo nel non riuscire a dare indicazioni che abbiano i necessari requisiti di certezza, quantomeno ragionevole, ai nostri lettori.
Troppi sono gli elementi non sufficientemente chiari. Troppe le incongruenze.
E’ assolutamente necessario che il CONI intervenga per chiarire, con circolari operative o ulteriori delibere, la portata della novella.
E che lo faccia a livello puntuale.
E, soprattutto, che faccia presto. Ci auguriamo di non dovere attendere gli esiti delle elezioni del nuovo (o confermato) Presidente o, peggio, assistere nuovamente alla ormai ingiustificabile sequenza di proroghe relative all’entrata in vigore dell’obbligo dei defibrillatori (a proposito: ci sono novità?)
Presto, possibilmente bene, ma presto!!!
Perché il mondo sportivo non si ferma: ci sono a.s.d. che vogliono trasformarsi in s.s.d. e non sanno come impostare gli statuti; ci sono nuove realtà che vorrebbero costituirsi e non sanno a quale quadro normativo fare riferimento.
Facciamo alcuni esempi:
– Supponiamo che capiti in studio un gruppo di persone che volessero costituire una società per svolgere l’attività di, poniamo, Crossfitt o Pilates o MMA, che alternative potremmo prospettargli?
Possono ancora essere considerati sportivi? Potranno quindi usufruire delle agevolazioni ex art. 148 T.U.I.R., dei compensi sportivi, della 398? O dovranno ragionare e impostare l’attività a livello totalmente commerciale?
Le due opzioni, come è evidente, hanno effetti completamente differenti sul Business Plan della New.co., sulla valutazione delle fonti di finanziamento e sulla quantificazione dei flussi di rimborso del debito.
Dovremmo dirgli che il quadro non è chiaro e che occorre attendere i nuovi, auspicabili, provvedimenti?
Sì, ma fino a quando?
Nel frattempo l’affitto del locale matura, i progetti di ristrutturazione della palestra vanno portati avanti, vanno presi impegni di spesa, deve essere ordinata l’attrezzatura necessaria, perché, l’inizio della nuova stagione sportiva è alle porte, e la pianificazione va fatta ora, sulla base di un quadro di regole definito.
– Ipotizziamo poi, che tali scelte debbano essere prese da un sodalizio, esistente o da costituire, che voglia partecipare a una gara d’appalto per la concessione di un impianto sportivo comunale (piscina, palestra, palazzo dello sport ecc.): l’impatto delle suddette valutazioni alternative cambia totalmente la valutazione economico-finanziaria dell’operazione.
– Ancora (e peggio ci sentiamo): ipotizziamo che un soggetto abbia GIA’ partecipato a una gara di appalto e abbia ottenuto la concessione del suddetto impianto sportivo sulla base di una situazione giuridica – e della conseguente impostazione organizzativa, economica e finanziaria – che gli consentiva di considerare quali sportive alcune, o tutte le attività ivi esercitabili e, quindi, di compensare come sportivi dilettanti i collaboratori, e ora si trovi a far fronte a un quadro normativo/regolamentare improvvisamente variato, senza nemmeno conoscere con certezza quali e quante attività possono continuare a essere sportive e quali altre diventano improvvisamente commerciali.
E si potrebbe continuare …
A Roma qualcuno ci ascolterà?