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    Home Giurisprudenza Senza partecipazione democratica non c'è "no profit"
    • Giurisprudenza

    Senza partecipazione democratica non c’è “no profit”

    Maurizio MOTTOLA
    Maurizio MOTTOLA
    Dottore Commercialista in Taranto
    17 Ottobre 2013
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      Una recente sentenza emessa dalla CTR Lombardia legittima il disconoscimento delle agevolazioni fiscali a carico di una a.s.d. per assenza di democraticità interna.

      Fiscosport ha sempre sollecitato i sodalizi sportivi a porre  particolare attenzione alla delicata questione dei requisiti statutari previsti dalla normativa vigente in materia di enti associativi (con particolare riferimento alle associazioni sportive), necessari al fine di beneficiare delle agevolazioni fiscali.

      Si tratta dei requisiti di cui al co. 8 dell'art. 148 T.U.I.R. (d.p.r. 917/1986):

      "a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

      b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

      c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

      d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

      e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;

      f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa".

      L'inserimento delle sudette clausole negli statuti delle Associazioni Sportive Dilettantistiche – da redigere nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata (c/o L'Agenzia delle Entrate) – nonchè l'invio telematico del Modello EAS e, naturalmente, l'effettivo rispetto delle clausole statutarie stesse, costituiscono requisiti necessari per la fruizione dei benefici di cui al co. 3 dell'art. 148 T.U.I.R. (d.p.r. 917/1986), ai fini delle imposte dirette, ai sensi del quale:

      "Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati".

      nonchè dei corrispondenti benefici  di cui al co. 4 dell'art. 4 d.p.r. 603/1972 (decreto IVA), ai fini IVA:

      "Per gli enti indicati al n. 2) del secondo comma (altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole , che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole), si considerano effettuate nell'esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali o agricole. Si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali".

      Definiamo delicata la questione in quanto non esistono nella normativa di settore regole oggettive e inequivocabili che permettono di definire in maniera puntuale quando un ente associativo non rispetta tali requisiti; la valutazione, come più volte evidenziato dalla Corte di Cassazione (si veda, per ultima, sentenza 20 febbraio 2013 n. 4147, commentata su questa Rivista nel n. 7/2013) deve essere effettuata caso per caso, costituendo giudizio di merito rimesso, in caso di controversie, alla valutazione delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali.

      La normativa precedentemente richiamata ci dice quali clausole devono essere obbligatoriamente previste dallo Statuto di un ente associativo e non in che modo le stesse devono essere nella pratica rispettate.

      Sovente, in sede di accertamento, il mancato rispetto di tali regole (solo formalmente previste) viene provato rilevando taluni comportamenti assunti quali "indicatori".

      Ci riferiamo per esempio alle modalità di ammissione dei soci e di convocazione delle assemblee, alla partecipazione dei soci alle stesse, alla pubblicità delle delibere, alla rendicontazione periodica, al "turnover" nella composizione del Direttivo.

      Riteniamo che tali indicatori siano concettualmente validi ma dovrebbero essere utilizzati solo come presunzioni tali da consentire l'individuazione di situazioni critiche e quindi meritevoli di ulteriori approfondimenti e verifiche.

      Sarebbe un errore utilizzarli come elementi da soli sufficienti a provare il mancato rispetto dei requisiti senza analizzare nella sua interezza l'operatività specifica dell'ente.

      L'occasione per ritornare su questo argomento, ripetutamente e ampiamente trattato nelle precedenti newsletters di Fiscosport (si veda da ultime le newsletters n. 9/2013 del 2.5.2013, n. 7/2013 del 4.4.2013, n. 5/2013 del 7.3.2013), è offerta da una recente pronuncia giurisprudenziale.

      Con sentenza n. 82/30/2013 depositata il 21.5.2013 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione di Milano, ha ritenuto legittimi gli accertamenti condotti dall'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bergamo nei confronti di una associazione sportiva dilettantistica.

      L'Ufficio, su segnalazione della GdF, aveva proceduto a disconoscere le agevolazioni fiscali di cui aveva goduto una associazione sportiva dilettantistica, riqualificando l'attività svolta da "istituzionale" e "decommercializzata" in "commerciale" e riprendendo quindi a tassazione i proventi realizzati.

      A sostegno della pretesa, l'Amministrazione Finanziara affermava il mancato rispetto del principio di democrazia interna in quanto, dai verbali redatti dalla GdF, risultava che un numero rilevante di frequentanti intervistati fosse inconsapevole del proprio status di associato, non informato delle assemblee tenute o non convocato.

      In linea generale la posizione assunta dall'Agenzia e il conseguente giudizio espresso dalla Commissione non possono non essere condivisi.

      Come si è avuto modo di affermare in occasione di precedenti articoli, a commento delle sentenze della Corte di Cassazione n. 22578 del 11.12.2012 1 e n. 4147 del 20.2.2013 2 e della Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 9/E del 24.4.2013 3, le regole statutarie devono essere conformi alle clausole previste dal co. 8 dell'art. 148 T.U.I.R. (d.p.r. 917/1986) e, cosa più importante, devono essere rispettate.

      La sostanza deve quindi prevalere sulla forma e si devono sanzionare i comportamenti evasivi e distorsivi di coloro che adottano lo "schermo" dell'associazionismo per condurre attività commerciali.

      Occorre però evitare un impiego superficiale degli indizi raccolti tramite strumenti di indagine "standardizzati", in assenza di approfondimenti più rigorosi che tengano conto della realtà pratica in cui opera l'ente oggetto di verifica.

      Per ritornare alla vicenda del contenzioso, occorre essere ragionevolmente certi che:

      – i soggetti intervistati siano un campione rappresentativo (in quantità e qualità) della platea di associati;

      – che la scarsa partecipazione alla vita associativa sia dovuta a inidonee o assenti forme di convocazione e non piuttosto al disinteresse da parte dei soggetti intervistati.

      Verifichiamo quindi, quali potrebbero essere i comportamenti da adottare in presenza di uno statuto conforme alla clausola della democraticità, per potersi difendere qualora vengano contestate:

      – la non consapevolezza in capo ai soci della propria qualifica di associati;

      – la mancata partecipazione alle assemblee;

      – la mancata convocazione delle assemblee.

      Partiamo dall'ultimo punto, probabilmente quello più semplice da dimostrare. 

      La convocazione delle assemblee dovrà innanzitutto avvenire rispettando il dettato statutario.

      È comunque da ritenersi buona norma, in tutti i casi in cui non sia previsto un mezzo di comunicazione provabile a posteriori (es.: affissione in bacheca, invio ai soci a mezzo posta ordinaria, invio di sms sprovvisti della ricevuta di ricevimento), istituire un elenco soci in cui fare apporre la sottoscrizione per avvenuto ricevimento della convocazione.

      Potrà inoltre essere fotografato l'avviso affisso in bacheca, preferibilmente con apposizione della data e pubblicato sul sito (ove esistente).

      Per quanto concerne la partecipazione alle assemblee, occorre istituire il foglio presenze, anch'esso da fare sottoscrivere da parte dei presenti, in modo da dare certezza circa la partecipazione dei soci menzionati nel verbale.

      A tale proposito, occorre osservare che ove le formalità di convocazione siano rispettate, difficilmente potrà essere contestata la mancata partecipazione dei soci, in quanto non vi è alcuna possibilità, per i componenti il consiglio direttivo di "costringere" i soci a partecipare; pensiamo, al riguardo, a tutti gli organismi a larga base partecipativa, in cui sovente pochi soggetti partecipano alle assemblee.

      Infine, la contestazione della mancanza di consapevolezza da parte degli associati, del rapporto associativo sottostante: si ritiene che ove vengano seguite le modalità sopra raccomandate circa la convocazione, difficilmente un soggetto potrà affermare di non conoscere l'esistenza del rapporto associativo sottostante. 

      Ad ogni buon conto, ove venga resa disponibile per i soci la delibera assembleare, copia della documentazione esaminata (in particolare il bilancio), sarà facile dimostrare che – seppure non avendo partecipato all'assemblea – il socio è stato reso edotto delle decisioni assunte.

      Infine, ricordiamoci di fare sottoscrivere la domanda di adesione e di conservarla agli atti e di fare altresì sottoscrivere una copia dello statuto per presa visione; è buona norma, infine, tenere affissa in bacheca una copia dello statuto, affinché rimanga a disposizione dei soci.

      Naturalmente, in caso di completa assenza di una qualunque documentazione a comprova, risulterà più difficoltosa la difesa dell'ente a cui dovesse venire contestata la mancanza di democraticità.

      ——

       1 L'associazione deve dimostrare che i requisiti che danno diritto alle agevolazioni sussistono nella realtà, in particolare che la democrazia interna esiste e che le modalità pratiche di svolgimento delle attività sono coerenti con quanto disposto dallo Statuto e previsto dalla legge.

      2 Gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato a condizione che le clausole di cui al comma 8 dell'articolo 148 TUIR non siano semplicemente inserite nello Statuto ma che le stesse siano in concreto pienamente rispettate ed effettivamente applicate.

      3 L'Agenzia ritiene che le modalità di convocazione e verbalizzazione delle assemblee siano indici rilevanti ai fini dell'accertamento della reale natura associativa e della democraticità interna. Tuttavia sostiene allo stesso tempo che debba essere verificata nel complesso l'operatività dell'associazione.

      Allegati

      • Circolare Agenzia Entrate n. 9E del 24.4.2013.pdf
        Circolare Agenzia Entrate n. 9E del 24.4.2013.pdf
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      • Cassazione n. 22578 del 11.12.2012.pdf
        Cassazione n. 22578 del 11.12.2012.pdf
        Dimensione del file: 0 B Download: 73
      • Cassazione n. 4147 del 20.2.2013.pdf
        Cassazione n. 4147 del 20.2.2013.pdf
        Dimensione del file: 0 B Download: 74
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        Maurizio MOTTOLA
        Maurizio MOTTOLA
        Dottore Commercialista in Taranto
        Dottore commercialista e revisore legale in Taranto dal 2008.
        Professionista esperto in materia fiscale relativa allo sport dilettantistico.
        CTU e perito tecnico presso il Tribunale di Taranto, gestore delle crisi da sovraindebitamento e difensore tecnico dinanzi alle Commissioni Tributarie.
        Collaboratore di diverse riviste on line di aggiornamento professionale in materia fiscale sportiva.
        Relatore in diversi eventi formativi dedicati al settore sportivo dilettantistico.
        Collabora con la rivista online Fiscosport.
        Riceve presso lo studio sito a Taranto in Via Polesine 10/a, mail: maurizio.mottola@odcecta.it, mobile: 329 5812182.

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