Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI

Per quanto riguarda la possibilità di prevedere un corrispettivo a carico dell’altra associazione, ci pare sufficientemente chiaro l’art. 95 delle Norme Organizzative Interne (N.O.I.F.) della F.I.G.C., rubricato “Norme generali sul trasferimento e sulle cessioni di contratto“, che all’ultimo periodo del terzo comma stabilisce che “Eventuali pattuizioni economiche debbono essere comunque regolate direttamente dalle parti“.
Il pattuire un corrispettivo non è quindi né vietato, perché la norma lo contempla, né obbligatorio (“eventuali”). Potrebbe essere illegittimo qualora fosse di importo talmente alto da apparire ingiustificato e quindi far supporre comportamenti abusivi, ma dal testo del quesito non ci pare questo il caso.
Ciò premesso, passiamo al relativo inquadramento fiscale.
La recente Circolare 18/2018 analizza con grande puntualità una fattispecie analoga (cessione dei diritti e non prestito), per una volta possiamo quindi dare una risposta (quasi completamente) certa: si tratta del corrispettivo per una prestazione rientrante nell’attività istituzionale della Vostra a.s.d. (la formazione e preparazione degli atleti), chi lo paga è altra a.s.d. affiliata alla medesima federazione (FIGC) a cui siete affiliati Voi, quindi ai fini delle imposte dirette è certamente ricavo non commerciale, a norma dell’art. 148, III comma, T.U.I.R..
E poichè la formulazione dell’art. 4, IV comma, del d.p.r. 633/72 è assolutamente analoga, il corrispettivo è anche fuori campo IVA. Vi è stato chi, basandosi sul testo dell’art. 4 della Legge 398/91 (“Le cessioni dei diritti alle prestazioni sportive degli atleti effettuate dalle associazioni sportive di cui alla presente legge sono soggette all’imposta sul valore aggiunto con l’aliquota del 9 per cento“), ha sostenuto l’assoggettamento a IVA, ma ci pare sufficientemente pacifico che l’art. 4 del d.p.r. 633/72 sia norma generale, che riguarda tutte le cessioni dei diritti, mentre l’art. 4 della Legge 398/91 riguarda solo quelle fra soggetti affiliati alla medesima federazione o ente nel solo caso (operazione speculativa) in cui esso sia imponibile.
Non va qualificato “premio di formazione” per non generare confusione, atteso che tale dizione riguarda solo il trasferimento a club professionistici.
Per completezza segnaliamo che la Circolare sottolinea che “deve escludersi la ricorrenza del requisito della diretta attuazione degli scopi istituzionali nel caso di cessioni aventi finalità meramente speculative, come nel caso in cui il diritto alla prestazione sportiva sia stato precedentemente acquistato e successivamente rivenduto senza che l’atleta sia stato sostanzialmente coinvolto dall’ente nell’attività formativa e di crescita nell’ambito della pratica sportiva dilettantistica“, ma nel caso esposto nel quesito ciò non si verifica, perchè è stato chiaramente specificato che si tratta di atleti che stanno compiendo il loro percorso formativo presso l’associazione “cedente” da 2/3 anni.
Sempre per completezza, qualora la cessione fosse speculativa e quindi commerciale (escludiamo il caso di cessione ad associazione non affiliata alla FIGC, che ci pare decisamente solo di scuola), non genererebbe un ricavo da assoggettare a tassazione nei limiti del 3%, concorrente alla formazione del plafond dei 400.000 euro annui, bensì una plusvalenza, imponibile per l’intero e non concorrente a formare il plafond; imponibile sarebbe ovviamente la differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di cessione