Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI

La fattispecie non è certo comune, e non ci risulta sia mai stata oggetto di prese di posizione ufficiali.
Partiamo ovviamente dal presupposto che nella dichiarazione per il 2015 l’IVA a credito non sia stata chiesta a rimborso ma portata a nuovo.
È vero che il credito IVA non è prescritto, non è stato utilizzato e le dichiarazioni non sono state presentate in forza di uno specifico esonero di legge, quindi il credito è tutt’ora esistente.
Ma stante la (ancorché legittima) mancanza di un numero così rilevante di dichiarazioni annuali, abbiamo forti dubbi che l’Ufficio non sollevi eccezioni all’utilizzo in compensazione, con conseguente richiesta di restituzione maggiorata di interessi e sanzioni.
E d’altro canto anche la semplice richiesta di rimborso, che non è stata fatta nella dichiarazione per il 2015, rischia di non essere semplice da “costruire”.
La strada più “elegante” sarebbe quella di un interpello, enfatizzando l’esistenza del credito e chiedendo se sia utilizzabile in compensazione. È estremamente probabile che la risposta sia negativa e affermi che l’unica strada è la richiesta di rimborso, e dopo quella risposta la richiesta di rimborso più difficilmente potrebbe essere disattesa dall’Ufficio.
Meno “elegante”, ma più pratica, è però a nostro avviso la diversa strada di esporre il credito IVA del 2015 nella prima dichiarazione IVA utile, in questo caso presentando una dichiarazione integrativa a quella trasmessa entro il 30 aprile scorso, e attendere l’inevitabile comunicazione di irregolarità dell’Agenzia delle entrate che ne disconosca la spettanza.
A seguito di tale comunicazione si potrà presentare un’istanza chiedendo all’Agenzia il riconoscimento del credito, spiegando la genesi della richiesta, e proponendo in alternativa il rimborso.