Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI

Preliminarmente diamo per certo che il contratto “originario” di gestione consenta la possibilità di sub-concessione, e che l'”unica organizzazione nazionale” sia una Federazione, una Disciplina associata o un Ente di promozione (non, quindi, il CONI, perchè i sodalizi sportivi non “fanno parte” del CONI ma sono solo da esso riconosciuti). Se così non è, ovviamente, l’operazione rispettivamente o non è possibile, o è commerciale.
Ciò premesso la questione della commercialità o meno della concessione dell’utilizzo di strutture attrezzate fra sodalizi sportivi dilettantistici non è del tutto chiarita, perchè (sintetizziamo al massimo quanto già scritto in altri interventi su questa newsletter, ai quali rinviamo per ogni necessario approfondimento):
– l’art. 148 T.U.I.R. decommercializza “le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali“: la concessione dell’utilizzo di un campo da gioco, fra a.s.d., rientra in questa fattispecie?
– la questione è finita sotto i riflettori nel momento del boom del calcetto: spuntarono allora infatti svariate “pseudo-associazioni sportive”, magari con dieci tesserati, che avevano in concessione o in locazione impianti e li affittavano a ore ad altre associazioni, avvalendosi della decommercializzazione in questione, senza svolgere di fatto alcuna attività sportiva, o svolgendola in misura assolutamete marginale;
– la pratica era evidentemente abusiva, e l’Agenzia delle Entrate ha avuto buon gioco nel sostenere, come peraltro aveva sempre fatto, che la mera messa a disposizione di impianti sportivi fosse attività non sportiva ma immobiliare, fuori quindi dall’agevolazione di legge
– ora i “facili guadagni”, o pesudo-tali, provenienti dal calcetto sono in gran parte tramontati, e forse i tempi sono maturi per poter sostenere che, soprattutto per gli impianti pubblici nei cui contratto di concessione è previsto l’obbligo pr la concessionaria non solo di concedere l’utilizzo di spazi ad altre associazioni sportive ma anche di farlo a prezzi predeterminati e non certo remunerativi, tale attività non sia commerciale; non siamo però in grado di stimare le probabilità di una vittoria, sul punto, in sede contenziosa.
Sintomatico dell’impossibilità di dare una risposta certa è il fatto che, benché la questione sia da tempo ben nota, non si registrano prese di posizione chiare da parte dell’Agenzia delle Entrate, e l’unico documento che abbiamo sul punto è nella pubblicazione “Prime risposte ai quesiti posti dalle Associazioni Sportive Dilettantistiche del Friuli Venezia Giulia“, del 2014, frutto del Protocollo d’intesa Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale del F.V.G. e Comitato Regionale Coni del F.V.G., che, dopo una dettagliata esposizione della normativa di riferimento, conclude così:
“Nel caso in esame occorre chiedersi, quindi, se la concessione della palestra/centro sportivo ad altra ASD (affiliata alla stessa Federazione) possa effettivamente considerarsi attività in diretta attuazione degli scopi istituzionali. In merito potranno assumere rilievo valutazioni di fatto (attività svolta, modalità di affitto/noleggio, entità del canone, etc) da farsi in relazione al caso concreto, dovendosi escludere la possibilità di sottrarre ad imposizione i compensi per prestazioni accessorie o collegate solo in via indiretta o eventuale agli scopi istituzionali”.
Quando è possibile cerchiamo di dare risposte chiarificatrici, ma quando non è possibile …. non è possibile.