Il quesito
Risposta di: Redazione Fiscosport
L’articolo citato dal nostro gentile lettore (art. 17 del d.lgs 117/2017) – che fa parte del complesso di norme del c.d. Codice del Terzo settore – regola espressamente l’opera dei volontari all’interno dell’ente, e vale la pena riportare il testo integrale dei commi 3 e 4, che aiutano a rispondere al dubbio espresso nel quesito:
3. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.
4. Ai fini di cui al comma 3, le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di una autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l’importo di 10 euro giornalieri e 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle attività di volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.
La norma, che in parte ripropone – superandola – quella della Legge Quadro sul Volontariato (l. 266/1991) è molto chiara nello stabilire l’illegittimità dei rimborsi con criteri forfettari da parte dell’ente del Terzo settore: si intende così evitare che i rimborsi spese ai volontari possano mascherare l’erogazione di compensi e che il rapporto associativo sia di fatto un rapporto di lavoro.
L’articolo 17 tuttavia non dispone un divieto assoluto di erogare rimborsi, che possono essere concessi al volontario in due casi:
1. la prima situazione è quella descritta nel comma 1 e si tratta del c.d. rimborso a pie’ di lista.
In questo caso l’interessato presenta all’organizzazione di appartenenza una lista delle spese effettivamente sostenute per l’attività prestata: si pensi ai classici esempi delle spese di viaggio, o di vitto e alloggio, sostenute dall’interessato nell’esercizio della propria attività volontaristica.
Per essere qualificati come rimborsi a pie’ di lista – e quindi ammissibili – le spese dovranno essere “documentate”, vale a dire sempre accompagnate da scontrini, fatture, ricevute giustificative o biglietti aerei o del treno.
Per quanto concerne le indennità chilometriche dovute nel caso di utilizzo del proprio mezzo di trasporto, si ritiene che anch’esse possano rientrare nella categoria dei rimborsi analitici: può soccorrere qui quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate (ris. n. 38/E dell’11 aprile 2014), dove si legge che
“Le indennità chilometriche, per rientrare tra le spese documentate, non possono essere forfetarie, ma devono essere necessariamente quantificate in base al tipo di veicolo e alla distanza percorsa, tenendo conto degli importi contenuti nelle tabelle elaborate dall’ ACI”.
L’indicazione, ancorché inserita in una risoluzione scritta espressamente per le a.s.d., può costituire un valido strumento per individuare la natura dei rimborsi di cui si chiede nel quesito.
Si noti che la norma fa altresì riferimento ai “limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo“. Non viene dunque indicato un importo per legge, ed è lasciata all’autonomia dell’ente la facoltà di stanziare – per il tramite del consiglio direttivo o dell’assemblea – la somma massima spendibile (in via analitica o complessivamente) che sia compatibile con i propri bilanci ed esigenze organizzative.
Quindi, riepilogando – e rispondendo al quesito: in linea generale negli enti del Terzo Settore (tra cui le OdV, Organizzazioni di Volontariato) sono ammessi i rimborsi spese a piè di lista (cioè documentati) ai volontari purché il consiglio direttivo o l’assemblea abbiano previsto tale possibilità mediante apposita delibera, nella quale andranno indicate le tipologie delle spese ammesse a rimborso e i loro limiti massimi ammissibili.
Più specificatamente, per l’uso dell’auto propria il consiglio direttivo deve determinare la tariffa chilometrica applicabile. A tal proposito il limite massimo accettabile è costituito dalle tariffe ACI pubblicate annualmente, fermo restando la possibilità che il consiglio direttivo o l’assemblea dei soci ammettano una tariffa chilometrica diversa purché inferiore a quella stabilita dall’ACI.
Infine, si ritiene opportuno, benché non obbligatorio, che ciascuna trasferta venga previamente autorizzata da chiunque all’interno dell’ente ne abbia il potere, possibilmente prima della trasferta stessa.
2. Il comma 4 prevede un secondo caso di rimborso ammissibile, al quale facciamo cenno per completezza d’analisi.
Il rimborso del comma 4 è ammesso solo per un importo massimo di 10 euro al giorno e per una cifra mensile che non può superare i 150 euro.
Non si tratta di un rimborso forfettario, quanto piuttosto di una semplificazione nella richiesta di restituzione della somma anticipata dal volontario che autocertifica di aver sostenuto spese per lo svolgimento dell’attività volontaria.
In capo al volontario permane la necessità di conservazione dei giustificativi delle spese autocertificate.
Si tenga infatti presente che, trattandosi di un’autocertificazione, può sempre e comunque essere oggetto di verifica sia da parte dell’ente stesso (ad esempio dal consiglio direttivo) sia in occasione di una verifica tributaria: nel caso in cui non si fosse in grado di dimostrare le spese autocertificate, il volontario sarà oggetto di sanzione per falsa dichiarazione ai sensi del d.P.R. 445/2000 e l’ente per aver corrisposto una somma considerata, de facto, reddito determinando la decadenza dalla qualifica di volontario per il percettore e finanche l’ipotesi di indiretta distribuzione di utili.
Da segnalare infine che sono in circolazione delle applicazioni per smartphone/computer che permettono di predisporre i rimborsi spese corredati dei giustificativi acquisiti mediante scansione e successivamente messi in conservazione digitale a norma. Si tratta di applicazioni (“app”) che possono giustificare l’investimento qualora la movimentazione dei giustificativi dei volontari sia tale da rendere più fluido il loro trattamento.