Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO

Un’associazione costituita come APS e ASD – e quindi con doppia qualifica in quanto iscritta sia al RUNTS che al RAS – può sicuramente applicare la disciplina del lavoro sportivo, nel rispetto di tutte le condizioni e i requisiti richiesti dalle norme.
Vediamo nel dettaglio il quadro di riferimento.
Si premette che nella categoria definibile “enti del terzo settore sportivi dilettantistici” possiamo ricomprendere:
- i sodalizi sportivi iscritti al RAS che decidono di acquisire anche la qualifica di ente del terzo settore in quanto esercitano come attività di interesse generale l’organizzazione e gestione di attività sportiva dilettantistica e che si iscrivono al RUNTS (ipotesi già riconosciuta a livello di prassi dalla Circolare 18/E del 2018 dell’Agenzia delle Entrate) come ad esempio le ASD/APS o le SSD/Impresa Sociale;
- gli enti del terzo settore iscritti al RUNTS che esercitano come attività di interesse generale l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche e che si iscrivano al RAS, enumerati tra gli enti sportivi dilettantistici all’art.6 co.1 lett.c-bis) del D.lgs. 36/21, come ad esempio le APS iscritte al RAS.
La riforma detta regole precise sulla disciplina applicabile agli enti sub b) – ma da intendersi estesa anche alle ipotesi sub.a) – e quindi operante in tutti i casi in cui un ente svolga attività sportiva dilettantistica e sia iscritto sia al RAS che al RUNTS.
Il presupposto esplicitamente precisato dalla norma è che l’iscrizione a entrambi i registri è imprescindibile per acquisire la qualifica di ente sportivo dilettantistico e di ente del terzo settore ai fini delle rispettive discipline applicabili e in particolare, per quanto di interesse, l’iscrizione al RAS è condizione necessaria al fine di qualificarsi come ente sportivo dilettantistico e applicare le disposizioni relative all’attività sportiva dilettantistica.
Ma vediamo meglio in quai termini.
L’art.6 co.2 prevede che agli “ETS sportivi dilettantistici” si applicano le disposizioni del D.lgs. 36/21 limitatamente all’attività sportiva dilettantistica esercitata e più dettagliatamente, secondo il tenore del successivo art.38 co.1-ter, le disposizioni previste per le associazioni e società dilettantistiche limitatamente all’attività sportiva dilettantistica esercitata.
Come si legge nei lavori preparatori tale previsione “rende compatibile la riforma dello sport con quella del terzo settore, consentendo agli enti del terzo settore, che manterranno le loro caratteristiche, di poter svolgere come attività di interesse generale quella sportiva dilettantistica, applicando solo per quest’ultima la disciplina prevista dalla riforma dello sport”.
Perciò al di fuori delle norme specifiche per l’attività sportiva, gli ETS iscritti al RAS sono regolati dalle disposizioni del terzo settore: dalla disciplina sul volontario, alle diverse condizioni per l’acquisizione della personalità giuridica, alla fiscalità (quando sarà applicabile), tanto per citare alcune disposizioni differenziate rispetto a quanto dettato per le asd/ssd dalla riforma dello sport.
Le disposizioni sui contenuti statutari e le altre disposizioni contenute nel capo I del D.lgs. 36/21 si applicano solo in quanto compatibili con il D.Lgs. 117/17 o rispettivamente per le imprese sociali con il D.lgs. 112/17. Lo statuto quindi andrà redatto secondo le disposizioni del tipo di ente del terzo settore – nel caso di specie quello di aps – e implementato con le clausole previste per gli enti sportivi dilettantistici purchè compatibili (si pensi ad esempio alle clausole relative ai rapporti di affiliazione o all’incompatibilità delle cariche previste per gli enti sportivi).
La disciplina speciale del lavoro sportivo – considerato che si riferisce a figure di lavoratori che svolgono ruoli e mansioni tipizzati o qualificati per legge come necessari all’attività sportiva nel c.d. mansionario – rientra nell’ambito di quelle disposizioni dettate per l’attività sportiva dilettantistica che quindi si estendono anche ai predetti enti.
Se ne trova una chiara conferma anche dal tenore letterale dell’art.25 laddove nell’elencare i soggetti che possono instaurare rapporti di lavoro sportivo si riferisce ad ogni soggetto dell’ordinamento sportivo iscritto al RAS e quindi non solo alle a.s.d. e s.s.d. ma anche agli enti del terzo settore che svolgono come attività di interesse generale l’organizzazione e gestione di attività sportiva dilettantistica e che siano iscritti al RAS.
Tuttavia, lo status di ente sportivo conseguito mediante l’iscrizione al RAS è condizione necessaria ma non sufficiente ai fini dell’applicabilità delle agevolazioni sul lavoro sportivo: è evidente infatti – come osserva il nostro gentile lettore – che debbano essere rispettate tutte le altre condizioni richieste dall’art. 25, anche nel concreto svolgimento delle prestazioni lavorative, ovvero l’esercizio di mansioni sportive da parte di un lavoratore qualificato come sportivo (atleta, allenatore, istruttore, preparatore atletico, direttore tecnico e sportivo, direttore di gara e altro tesserato che svolga mansioni necessarie approvate nel mansionario – d.m. 21.2.2024 e s.m.i.).
Nel concreto sarà poi importante evitare commistioni o confusione di incarichi e ruoli con attività o prestazioni che non siano esclusivamente riconducibili alle mansioni sportive, soprattutto quando la asd/aps oltre all’attività sportiva esercitasse anche altre attività di interesse generale e impiegasse le proprie risorse in maniera promiscua in assenza di un corretto inquadramento.
Infine una precisazione importante: ferma restando l’applicazione della disciplina del lavoro sportivo, nei limiti e alle condizioni indicate, per gli enti con doppia qualifica vanno rispettate anche le disposizioni e i principi in materia di lavoro dettati per gli enti del terzo settore in generale e per alcune tipologie in particolare.
Trattandosi nel caso di specie di aps si dovranno rispettare da un lato i principi comuni per gli ETS di cui all’art.16 D.Lgs. 117/17 e 13 D.lgs. 112/17 ovvero:
- per tutti i lavoratori, sia subordinati che autonomi, il diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai CCNL stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative;
- per i soli subordinati il principio di equità retributiva, ovvero il rispetto del rapporto 1 a 8 (elevabile a 12 in caso di comprovate necessità) nella differenza retributiva lorda
- nonché il rispetto della proporzione tra lavoratori e volontari quale requisito qualificante delle APS.
Si ricorda al riguardo che tali tipologie di enti devono esercitare le attività di interesse generale avvalendosi prevalentemente di volontari e che ai sensi dell’art.36 del D.lgs. 117/17 possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità. Fermo restando il requisito della prevalenza dei volontari deve essere rispettato il rapporto di contingentamento per cui il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al venti per cento del numero degli associati.
Infine, ma si tratta di norma comune per gli ETS e per i sodalizi sportivi, corollario della finalità non lucrativa che interviene sul massimale dei compensi, va ricordato che la corresponsione a lavoratori subordinati e autonomi di retribuzioni e compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai CCNL stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative – salva la comprovata necessità di acquisire specifiche competenze – configura ipotesi presuntiva di distribuzione indiretta di utili.