La materia della certificazione medica – dalla normativa che si è susseguita in questi anni, alle difficoltà interpretative e ai conseguenti interventi chiarificatori dei vari organi di competenza – ha costituito oggetto di numerosi interventi anche sulle pagine di Fiscosport (non ultimo quello pubblicato sull'odierna Newsletter 2/2017, a firma di Patrizia Sideri, Certificato medico per la partecipazione a gare e eventi da parte di soggetti stranieri).
Le analisi del quadro normativo di riferimento si chiudono generalmente con un messaggio in cui crediamo molto: anche a prescindere dalla legge, la richiesta del certificato che attesta l’idoneità alla pratica sportiva non agonistica da un lato è elemento che vale a escludere la responsabilità del dirigente sportivo (e non è poco…) e dall'altro lato è una fondamentale tutela per l'atleta, o comunque per colui che pratica sport (ricordiamo infatti che le norme sono emanate pur sempre "al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un'attività sportiva non agonistica o amatoriale"…).
In quest'ottica non si può non salutare con favore l'iniziativa del Centro di Medicina dello Sport di Arezzo che, all'interno della propria attività di controllo diretta nei confronti dell'impantistica, delle società e delle a.s.d. e s.s.d. e dei singoli atleti, fa richiesta agli enti sportivi di presentare l'elenco dei propri iscritti accompagnato dalla certificazione di idoneità sportiva.
Ma facciamo un passo indietro: non vi nascondiamo che, quando è arrivata in redazione, la notizia di questo genere di verifica ci ha molto incuriosito. E abbiamo perciò deciso di saperne un po' di più.
Anzitutto abbiamo verificato che la Regione Toscana ha una sua legge regionale, la n. 35 del 2003, dove all'art. 3, tra le funzioni delle aziende sanitarie, alla lettera d) è indicata "la vigilanza sul corretto rilascio e utilizzo delle certificazioni di idoneità allo sport agonistico e non agonistico". E poi abbiamo interpellato direttamente i Responsabili della Medicina dello Sport di Arezzo. Siamo così venuti a sapere che ormai da anni l'ufficio ha impostato una routine di controlli che hanno per oggetto anche le certificazioni di idoneità sportiva, sia agonistica che non agonistica; che non si tratta di sottoporre a "verifiche" o ad "esami" le società, anzi; che il controllo si concretizza – più spesso se non quasi esclusivamente nel mondo del dilettantismo che in quello dell'agonismo – nella correzione di imprecisioni formali e nel sollecitare una dirigenza di maggior rigore e minor pressapochismo; e infine che nulli sono i conflitti a fronte invece di "uno spirito collaborativo che merita un plauso alle società" (cit.)
Le conclusioni si tirano da sè: benvengano i "controlli costruttivi", soprattutto se da essi discende una diffusa e capillare coscienza delle "buone pratiche" non solo in ambito amministrativo ma anche in quello – ancora troppo sottovalutato – sanitario.