Con il presente articolo si intende fare il punto sulla problematica del corretto inquadramento dei collaboratori “amministrativo-gestionali” delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, ed in particolare sull’istituto della certificazione del contratto ex art. 76 e segg.ti D.Lgs 10/09/2003 n. 276 (Legge Biagi) quale strumento utilizzabile per il raggiungimento di una maggiore tutela in ordine alla correttezza dell’inquadramento lavorativo.
Il problema
Come ormai noto, la corretta qualificazione dei rapporti intrattenuti dalle società ed associazioni sportive dilettantistiche con i propri collaboratori sportivi ed i istituzionali quali rapporti “sportivo-dilettantistici”, siano questi “sportivi puri” che “amministrativo-gestionali”, è materia estremamente delicata e rischiosa, in quanto il corretto inquadramento dei collaboratori stessi nell’ambito delle suddette categorie fa assumere ai compensi erogati per le prestazioni svolte la natura di redditi “diversi” ex art. 67, 1° c., lett. m) T.U.I.R. e, conseguentemente, consente non solo di assoggettare gli stessi al regime fiscale agevolato in favore degli “sportivi dilettanti” ex art. 37 L. 342/2000 e art. 69 T.U.I.R. ma anche di esonerare i compensi medesimi dall’obbligo di assoggettamento a trattamento previdenziale ENPALS[1].
In particolare l’ENPALS, pur riconoscendo, al termine di un lungo confronto con il CONI, che la qualifica di Reddito Diverso comporta l’esenzione dall’obbligo contributivo, ha chiarito, nell’ambito della circ. 13/2006 citata, che tale inquadramento non può essere riconosciuto corretto laddove il rapporto lavorativo sia oggettivamente qualificabile quale rapporto di lavoro dipendente ovvero, in presenza di specifici indici di professionalità, di lavoro autonomo[2].
Inoltre, in relazione all’inquadramento degli istruttori sportivi quali “sportivi dilettanti puri”, si segnala che, nel corso di verifiche ispettive da parte dell’ENPALS, della SIAE e/o dell’Ispettorato del Lavoro, gli ispettori hanno contestato che l’attività dell’istruttore sportivo (di aerobica – fitness – aquagym etc) non sarebbe resa nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica in quanto non finalizzata ad una manifestazione sportiva; l’attività dell’istruttore sarebbe invece finalizzata alla fornitura di servizi commerciali in favore dei clienti della società sportiva.
Conseguentemente, non essendo possibile inquadrare i compensi erogati per tali attività nell’art. 67, comma 1, lett. m) TUIR (redditi diversi), il rapporto viene inquadrato come “rapporto lavorativo”, con conseguente obbligo di iscrizione previdenziale e versamento dei relativi contributi, e ciò prescindendo dalla natura, autonoma o subordinata del rapporto di lavoro stesso, in quanto le modalità contributive – come noto – equivalenti.
Di più: qualora in sede di verifica venga rilevata l’esistenza di rapporti di lavoro dipendente – a questo punto “in nero” – che superino i limiti previsti dalla legge, possono scattare, oltre alle sanzioni amministrative, anche quelle penali e, talvolta, quella accessoria della chiusura dei locali in caso di mancata assunzione entro 24 ore.
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di natura amministrativo – gestionale
Si tratta di una categoria di collaboratori delle società ed associazioni sportive dilettantistiche prevista, con decorrenza dal 01/01/2003, dall’art. 90, L. 289/2002, che ha implementato con tale nuova tipologia le fattispecie dei redditi diversi ex art. 67, c. 1, lett. m) T.U.I.R.
In seguito, l’Art. 61 D.Lgs 276/2003 (Legge Biagi) ha escluso dall’obbligo della formulazione di un progetto i rapporti di Collaborazione Coordinata e Continuativa rese a fini istituzionali in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche affiliate a FSN/EPS riconosciute dal CONI e disciplinate dall’art. 90 L. 289/2002.
In relazione a tali rapporti di collaborazione, come si può notare, la legge non richiede che gli stessi vengano eseguiti “nell’esercizio diretto dell’attività sportiva dilettantistica”, come previsto per i c.d. “sportivi dilettanti puri” (atleti, allenatori etc.) ma esclusivamente che la collaborazione venga resa “ai fini istituzionali”, categoria oggettivamente più ampia in quanto ricomprende una serie di attività non direttamente ed inequivocabilmente indirizzate al perseguimento di una manifestazione sportiva purché rientranti nelle finalità istituzionali (cioè statutarie) dell’ente.
ATTENZIONE: Se il collaboratore svolge la propria attività in ambito non istituzionale (es. BAR o altra attività commerciale) non è applicabile l’esenzione e torna operativo l’obbligo del progetto.
Si ricorda che gli elementi qualificanti di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (non a progetto) sono i seguenti:
• Continuità nel tempo;
• Assenza di subordinazione e di vincoli gerarchici;
• Collaborazione e Coordinamento con il committente;
• Assenza di mezzi propri organizzati del collaboratore – inserimento del collaboratore nell’organizzazione economica del committente;
• Assenza di rischi per il collaboratore;
• Retribuzione prestabilita e – solitamente – periodica;
• Prestazione non rientrante nell’oggetto della professione del collaboratore.
Quanto alla problematica dell’individuazione dei collaboratori che possono rientrare nella categoria in oggetto la prassi ministeriale[3] ha evidenziato che in tale categoria rientrano le segretarie che si occupano dei compiti amministrativi dell’associazione, quali i tesseramenti, la raccolta delle quote associative etc., senza peraltro chiarire se tale indicazione debba intendersi esemplificativa (come crediamo) o esaustiva (come ritiene chi persegue una linea più marcatamente “ministeriale”).
In particolare, appare condivisibile la teoria di chi sostiene che nella categoria dei collaboratori “gestionali” possano rientrare – verificandosi i presupposti e le condizioni sopra evidenziate – anche gli istruttori sportivi (oltre ad altre figure quali i Direttori Sportivi, i manutentori degli impianti etc) i quali, nell’esercizio della propria attività, concordano con la società sportiva committente tempi e modi della propria collaborazione e assumono ampia autonomia nell’organizzazione e nella gestione dei corsi in favore dei soci, associati e partecipanti della società/associazione sportiva stessa ovvero dei tesserati della medesima organizzazione locale o nazionale (cioè nell’ambito dell’attività istituzionale del committente).
Considerata la delicatezza del problema appare quindi sempre più necessario, da un lato, procedere ad una corretta qualificazione dei rapporti lavorativi e di collaborazione, e, dall’altro, cercare di individuare quali strumenti di tutela siano in grado di supportare le tesi delle società sportive in caso di ispezioni e verifiche in cui dovessero emergere contestazioni in merito ai rapporti di collaborazione medesimi.
Una possibile soluzione: la certificazione del contratto di lavoro
La certificazione del contratto di lavoro è un istituto, disciplinato dagli artt. 76 e seg.ti del D.Lgs. 276/2003 (Legge Biagi), la cui finalità è quella di superare, attraverso l’espletamento di un determinata procedura amministrativa, la conflittualità in merito alla corretta qualificazione di alcuni rapporti lavorativi.
Attraverso la certificazione del contratto di lavoro, il contratto stesso, sottoposto ad una delle Commissioni riconosciute dal Ministero del lavoro, viene da essa giudicato conforme da un lato all’effettivo rapporto sottostante e, dall’altro, alle norme giuridiche che esso richiama.
In parole povere, un contratto certificato è, fatte salve le eccezioni di cui si dirà, un contratto “regolare” sia nei confronti delle parti che dell’Amministrazione Finanziaria e degli Organi Ispettivi.
Nel caso che qui ci interessa, con la certificazione del contratto di “lavoro sportivo” la Commissione attesta da un lato che effettivamente quanto scritto nel contratto rispecchia l’accordo fra le parti, dall’altro che effettivamente si tratta di un rapporto che rientra nella fattispecie di cui all’art. 67, c.1, lett. m) T.U.I.R. (collaborazione coordinata e continuativa di natura amministrativo-gestionale).
Le Commissioni di certificazione riconosciute dal Ministero del Lavoro (ora del Welfare) sono istituite presso:
a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale
b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province…
c) le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie …
c-bis) il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro…
c-ter) i consigli provinciali dei consulenti del lavoro …
Il procedimento di certificazione
In estrema sintesi, attraverso il procedimento di certificazione, la Commissione effettua un’indagine che non si discosta, nella sostanza, da quella che sarebbe svolta in sede di verifica dagli organi ispettivi; in particolare, dopo avere preso visione delle clausole contrattuali, i certificatori procedono ad una intervista, anche a mezzo di questionari, in contraddittorio con committente e collaboratore, per verificare che le modalità operative del rapporto corrispondano effettivamente a quanto evidenziato in contratto.
Il valore giuridico della certificazione
E’ proprio la serietà del protocollo procedurale, unitamente alla competenza ed alla terzietà rispetto alle parti in causa delle commissioni di certificazione, che conferisce valenza giuridica al contratto certificato.
Il rapporto certificato gode di una sorta di presunzione di legittimità e conformità rispetto al modello indicato dalle parti. Si tratta, ovviamente, di una presunzione relativa, che ammette cioè la prova contraria (e non potrebbe che essere così, in quanto, diversamente, significherebbe conferire un potere assoluto e inappellabile in mano ad un organo esterno all’ordinamento statale); esso può pertanto essere contestato in sede giudiziale ma il ricorrente ha l’onere di dimostrare che le parti, pur accordandosi, hanno errato il modello di prestazione certificato, oppure che la tipologia di lavoro, sebbene correttamente certificata si è mano a mano discostata dal modello indicato. La certificazione può inoltre impugnarsi per vizio della volontà (errore – dolo).
Inoltre, chi intende contestare la validità dei un contratto certificato dovrà:
– esperire un tentativo obbligatorio di conciliazione avanti la medesima commissione che ha certificato il contratto (che, si ribadisce, è un organo riconosciuto dal ministero del lavoro e che, verosimilmente, se ha rilasciato la certificazione è improbabile che se la “rimangi” successivamente);
– successivamente, rivolgersi alla magistratura del lavoro, la quale dovrà tener conto delle dichiarazioni fatte dalle parti alla commissione nel corso del procedimento di certificazione.
In concreto si tratta di un inversione dell’onere della prova in quanto, in assenza di certificazione, le contestazioni degli organi di vigilanza sono, di fatto, immediatamente operative ed è il datore di lavoro che deve difendersi e motivare il proprio operato.
La “Direttiva Sacconi” e il “Documento di Programmazione dell’attività di vigilanza per il 2009”
La valenza giuridica della certificazione dei contratti di lavoro è stata infine ribadita dai due documenti in epigrafe[4] i quali hanno entrambi evidenziato che:
– per il 2009, in sede di verifica ispettiva “si dovrà concentrare l’accertamento ispettivo esclusivamente su quelli che non siano già stati sottoposti al vaglio di una delle commissioni di certificazione”.
Con ciò, chiudendo definitivamente la questione circa la validità giuridica (e secondo noi, l’opportunità) di esperire la procedura in oggetto.
La convenzione fra Fiscosport e la Commissione di certificazione presso il Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi”.
Come già evidenziato in un precedente articolo del Dott. Stefano Andreani su questa rivista, Fiscosport, intravedendo nella certificazione dei contratti una potenziale soluzione a molti dei problemi di inquadramento dei rapporti lavorativi delle società sportive, ha sottoscritto una convenzione con la Commissione di Certificazione istituita presso il Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi” del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Gli obiettivi della collaborazione con la Commissione, che ha comportato un lungo lavoro congiunto fra i consulenti di Fiscosport e alcuni membri della Commissione medesima, erano in sintesi, quelli di:
– verificare se fosse possibile sottoporre a certificazione i contratti di “lavoro sportivo” come definito dall’art. 67 TUIR;
– predisporre alcune bozze contrattuali che conciliassero le esigenze delle società sportive con le norme e le circolari in materia;
– individuare, per ciascuna clausola di tali bozze, gli eventuali “margini di manovra” per poter predisporre contratti specifici, difformi dal “modello-base” ma ugualmente rispettosi della normativa;
– definire i termini di una collaborazione nel cui ambito Fiscoport possa affiancare le società sportive nella predisposizione dei contratti con i loro collaboratori, e la Commissione esaminare e certificare tali contratti.
Il risultato di tale lavoro è stata la firma di una convenzione in virtù della quale Fiscosport, per il tramite dei suoi consulenti, si propone alle società e associazioni sportive per:
– aiutarle a predisporre contratti con i loro collaboratori che rispettino i requisiti individuati congiuntamente alla Commissione stessa;
– sottoporre tali contratti alla Commissione, collaborando con essa e con le società nel complesso iter di certificazione.
La previsione di una rilevante mole di contratti da certificare, tutti basati su tracce elaborate assieme alla commissione e dalla stessa condivise, ha consentito anche di poter concordare con un costo della procedura inferiore a quello che il soggetto singolo si troverebbe ad affrontare per richiedere la certificazione, così che il professionista incaricato da Fiscosport sarà in grado di fornire tale servizio a condizioni economiche vantaggiose e, riteniamo, accessibili a tutte le società e associazioni sportive.
Si sottolinea, in chiusura, che tale possibilità è già stata operativamente utilizzata da alcune società sportive abbonate ai servizi di Fiscosport che hanno sottoposto i propri contratti alla Commissione ricevendo l’attestato di certificazione. Tali società sportive potranno quindi beneficiare di tutte le tutele sopra evidenziate e, in particolare, della “protezione” in sede ispettiva prevista dalla Direttiva Sacconi e dal Documento di Programmazione dell’Attività di Vigilanza.
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[1] Cfr. circ. ENPALS n. 13 del 07/08/2006 – nello stesso senso si erano già espressi, in precedenza, sia l’INPS – cfr. Circ.ri n. 32 07/02/2001 e n. 42 26/02/2003 – che l’INAIL – cfr. Nota 02/05/2001
[2] Si rimanda, in proposito, ai numerosi articoli già pubblicati su questa rivista, ricordando che l’indice più contestato e contestabile è rappresentato dalla marginalità del compenso, individuata nella soglia annua di € 4.500,00.
[3] Cfr. Circ. Ag. Entrate 22/04/2003 n. 21E e “guida del contribuente n. 1/2007” [4] Direttiva Min. Welfare 18/9/08 e nota n. 25/II/0001489 del 3 febbraio 2009 Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.