Correva l’anno 2001 quando, con un moto di slancio, la legge di bilancio per l’anno 2002 introdusse una piccola rivoluzione nel campo della tassazione degli emolumenti erogati dalle organizzazioni non governative ai volontari e ai cooperanti impegnati in missioni di cooperazione all’estero.
Le novità erano due:
• i redditi percepiti dai volontari e dai cooperanti erano considerati redditi di lavoro autonomo, indipendentemente dal rapporto di lavoro sottostante;
• i compensi fiscalmente imponibili per volontari e cooperanti erano stabiliti dal decreto del Ministero degli Affari Esteri 17/09/2002. Successivamente era intervenuto il decreto interministeriale (Ministero Affari Esteri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero Affari Esteri) del 16/12/2015 al fine di coordinare le norme con la riforma della cooperazione internazionale ex legge 125/2014.
Si trattava di un beneficio riconosciuto solo alle Ong che impiegavano personale in missione riconosciuto come “cooperante” o “volontario” nell’ambito di progetti di cooperazione ritenuti “conformi” alle direttive del Ministero degli Affari Esteri.
La definizione delle due categorie si può trovare nella legge n. 49/1987, poi riproposta nella riforma della cooperazione internazionale e cioè nella legge n. 125/2014.
Le regole per la determinazione del reddito imponibile per compensi ai cooperanti e volontari erano state inserite in prima stesura (anno 2001) nell’art. 50 TUIR che poi, a seguito della riforma del testo unico con conseguente rinumerazione degli articoli, era scivolato all’art. 54, comma 8-bis.
Sulla materia, dal 1° gennaio 2002 sino al 14/09/2020, l’unico intervento esplicativo dell’Agenzia delle entrate sulla materia (almeno conosciuto da chi scrive) è stato quello della circolare 15/E del 01/02/2002 nella quale si dicevano un po’ di cose, ma non ciò che sarebbe stato utile, come calcolare la tassazione dei compensi relativi ai periodi durante i quali il cooperante o il volontario prestava la sua attività in Italia e come ripartire le detrazioni di imposta.
Nel frattempo abbiamo potuto registrare ben 18 (diconsi diciotto – sic!) anni di istruzioni ministeriali per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche quantomeno lacunose se non del tutto sbagliate. Soprattutto dopo il 2014, quando le istruzioni continuavano a richiamare la vecchia legge sulla cooperazione internazionale (legge n. 49/1987), espressamente abrogata dalla legge 125/2014.
Poi, il 15/09/2020, l’Agenzia delle entrate è uscita dal torpore ultradecennale grazie a un’istanza di interpello presentata da un’organizzazione non governativa nella quale, finalmente, ci ha spiegato come si dovessero riproporzionare i compensi ricevuti e quindi come i cooperanti e i volontari dovessero tassare i redditi prodotti durante il periodo di lavoro all’estero.
Peccato però che, nonostante l’interpello del 2020, le istruzioni del modello redditi persone fisiche 2025–anno 2024 riportino ancora il richiamo alla vecchia legislazione sulle Ong e nulla circa le modalità di determinazione del reddito mentre il cooperante/volontario è in missione oppure in Italia.
Registriamo comunque un piccolo successo: ciò che si afferma nella risposta all’interpello, era stato sostanzialmente riportato in un intervento del sottoscritto con l’aiuto della dott.sa Barbara Croci (che ancora ringrazio) datato 18/09/2019.
Tutta la querelle ha però trovato un epilogo (mesto) con il d.l. 84/2025, in vigore dal 18/06/2025: la norma agevolativa è stata totalmente cancellata e non è stata innovata con una norma magari di più semplice applicazione, nonostante vi sia una platea di soggetti potenzialmente interessati.
È infatti appena il caso di ricordare che volontari e cooperanti operano in Paesi coi quali, il più delle volte, non sono stati stipulati trattati contro le doppie imposizioni con la conseguente possibilità della tassazione dello stesso compenso tanto nel Paese ospite quanto in Italia e senza possibilità di recupero del credito per le imposte estere pagate.






