La circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Accertamento – n. 20/E del 16 aprile 2010, avente ad oggetto “prevenzione e contrasto dell’evasione – anno 2010 – indirizzi operativi” contiene un paragrafo, il n. 2.4, dedicato agli Enti Non Commerciali.
Non è la prima volta che l’Agenzia delle Entrate si occupa del Non Profit, e delle Società ed Associazioni Sportive Dilettantistiche in particolare: negli ultimi due anni numerosi sono stati i documenti, sia normativi che di prassi, aventi ad oggetto le verifiche alle quali sottoporre il mondo associativo al fine di contrastare il temuto abuso dei regimi agevolativi dei quali il Non Profit può beneficiare.
Interessanti spunti di riflessione giungono anche dalla giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, che ha emanato diverse sentenze a seguito dei controlli, evidentemente più frequenti che in passato, operati sui sodalizi e sui circoli sportivi: da ultimo, l’importante sentenza della Corte di Cassazione, sez. trib., n. 12249 del 19 maggio 2010.
La problematica dei controlli fiscali, e della regolarità, formale e sostanziale, delle procedure amministrative degli enti sportivi dilettantistici non è dunque più eludibile, e merita la massima attenzione da parte dei dirigenti sportivi
1) LA CIRCOLARE N. 20/E DEL 16 APRILE 2010:
E’ stata pubblicata anche quest’anno la circolare dell’Agenzia delle Entrate (C.M. n.20/E del 16 aprile 2010) nella quale sono indicati gli obiettivi e gli ambiti di intervento dell’Amministrazione Finanziaria al fine di contrastare l’evasione tributaria.
La circolare dedica alla categoria degli Enti non Commerciali il paragrafo 2.4. che, già dall’introduzione, lascia chiaramente intravedere quale dovrebbe essere l’approccio degli organi di vigilanza al controllo degli Enti.
Prevede infatti la circolare che:
“l’attività di controllo volta ad intercettare gli abusi delle norme agevolative riservate agli enti non commerciali assume nel 2010 una rilevanza strategica, e da essa sono attesi rilevanti risultati sia in termini repressivi (evasione pregressa recuperata) che preventivi (assottigliamento della platea in parola, con la fuoriuscita da essa dei soggetti privi dei requisiti di appartenenza)”.
L’incipit lascia poco spazio all’immaginazione: gli Enti non commerciali, ed in particolare, per quanto di interesse della presente rivista, i sodalizi sportivi dilettantistici[1], sono destinatari di importanti agevolazioni in materia tributaria, le quali, tuttavia, sono subordinate al rispetto di una serie di requisiti, sia formali che sostanziali che a volte, se non spesso, non sono rispettati, in tutto od in parte, dai soggetti beneficiari. Conseguentemente, l’Agenzia si premura di evitare che le suddette agevolazioni, anziché favorire attività meritevoli di tutela in funzione della loro rilevanza sociale, vengano indebitamente utilizzate da soggetti che, pur svolgendo attività di natura commerciale ed a scopo di lucro, utilizzano indebitamente la forma giuridica non profit per beneficiare delle agevolazioni suddette.
I soggetti operanti nel settore presentano dunque, potenzialmente, un livello di “pericolosità fiscale” tale da giustificare l’intensificarsi dei controlli nei loro confronti[2], anche perché, va riconosciuto, nel corso delle verifiche fiscali effettuate molto spesso gli Organi di Vigilanza hanno riscontrato situazioni di non corretta applicazione delle norme agevolative, se non di vero e proprio abuso.
L’approccio non è nuovo, tutt’altro; tanto che la circolare 20 richiama esplicitamente, quanto alle modalità operative, la circolare n. 13/2009 e l’art. 30 del DL n. 185 del 2008 (Decreto Anticrisi)[3], oltre alle specifiche metodologie di accertamento stilate dall’Agenzia delle Entrate e disponibili sul sito internet della stessa, “con particolare riferimento a quelle riguardanti le attività di analisi, selezione e controllo degli enti non commerciali costituiti in forma associativa e delle associazioni e società sportive dilettantistiche”.
La novità più rilevante è che, per la prima volta, la circolare prevede un “budget di produzione” che contempla, esplicitamente, una “quota di verifiche e di accertamenti destinati ai soggetti in parola”, da effettuarsi su base provinciale dedicando specifica attenzione ai soggetti compresi in settori definiti dalla circolare “ad alto rischio”, quali “associazioni culturali, sportive, di formazione e così via”, il tutto sulla base della considerazione che, da quest’anno, il monitoraggio degli Enti Associativi dovrebbe essere agevolato dal censimento avvenuto attraverso la presentazione del c.d. Mod. EAS.
Ed è proprio il modello EAS la base di partenza del monitoraggio che, prevede la circolare, dovrà essere effettuato, “sotto la diretta responsabilità dei Direttori provinciali” a livello, appunto, provinciale, con l’obiettivo di portare “immediatamente ad individuare le situazioni più rilevanti di abuso esistenti nella provincia, onde garantire agli interventi repressivi la massima efficacia dissuasiva”.
Individuazione delle situazioni di abuso che, come previsto dalla circolare n. 13/E del 2009, debbono essere identificate attraverso un’attività istruttoria che si avvalga, oltre che di accessi mirati, anche e soprattutto di notizie derivanti “dalla diretta conoscenza della realtà territoriale …. avvalendosi di tutti gli strumenti informativi in possesso degli Uffici” (banca dati ONLUS, EAS, Interrogazioni selettive etc) ma anche “mediante strumenti esterni quali internet, registri gestiti da enti territoriali, informazioni desumibili da pubblicità commerciale diffusa e così via”. Inoltre, gli elementi rilevanti ai fini dell’indagine dovranno essere chiesti anche “alle autorità competenti al rilascio di autorizzazioni per specifiche attività (ad es. autorizzazioni sanitarie per l’esercizio della somministrazione di alimenti e bevande”).
Nell’analisi delle situazioni di rischio, deve essere data “individuazione più ampia possibile ai casi di omessa comunicazione (del mod. EAS – n.d.r), stante la loro specifica pericolosità” e vanno considerati anche “gli Enti non tenuti alle comunicazioni sopra menzionate (Mod. EAS) onde intercettare specifici profili di rischio circa l’effettiva sussistenza dei requisiti che li sottraggono alla portata preventiva del censimento normativamente previsto”.
Infine, la circolare prevede che entro il 15 luglio 2010 le Direzioni Regionali debbano informare la Direzione Centrale circa il numero di interventi eseguiti da ciascuna Direzione Provinciale nel primo semestre dell’anno, evidenziando i risultati conseguiti e che analoga informativa dovrà essere fornita, entro il 15 gennaio 2011, per gli interventi eseguiti nel secondo semestre 2010.
Fin qui, la circolare. In concreto, ci risulta che numerosi Uffici locali si stiano attrezzando, o si siano già attrezzati, per costituire nuclei di accertamento e controllo specializzati in materia di Enti non Profit, e che analoga organizzazione sia in corso di definizione anche presso alcuni Comandi Provinciali della Guardia di Finanza.
Evidentemente, come sopra accennato, il settore è giudicato di particolare “pericolosità fiscale” in relazione all’indebita utilizzazione di agevolazioni ed all’abuso dello strumento associativo non profit utilizzato per dissimulare attività che presentano concretamente caratteristiche e requisiti di natura tipicamente commerciale.
2) LE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONTROLLO DEGLI ENTI NON PROFIT EMANATE NEL CORSO DEGLI ULTIMI DUE ANNI
Come sopra accennato, la circolare 20/E (unitamente alla sua “omologa” circolare n. 13/E 2009) rappresenta solo l’ultimo di una serie di provvedimenti in materia di accertamento e controllo che hanno interessato, negli ultimi due anni, il complesso sistema degli Enti Non Profit e degli Enti di natura associativa e sportiva dilettantistica in particolare.
Il provvedimento antesignano della nuova “linea di comportamento” dell’Agenzia delle Entrate è rappresentato dall’art. 30 del D.L. 29.11.2008 n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 28.01.2009 n. 2) che ha introdotto, in capo agli enti non commerciali di tipo associativo (salvo alcune eccezioni) ed alle società sportive dilettantistiche di capitali ex art. 90, L. 289/2002, l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati e le notizie rilevanti agli effetti tributari, al fine di beneficiare della non imponibilità (de-commercializzazione) dei corrispettivi, delle quote e dei contributi ex art. 148, TUIR[4] e art. 4, DPR 633/1972.
Si tratta, come noto, delle somme che i soci, associati e partecipanti erogano alle associazioni di appartenenza a titolo di quota o contributo associativo (art. 148, 1° c., TUIR) nonché delle somme e dei contributi (c.d. “corrispettivi specifici”) che i medesimi soggetti, unitamente ai “tesserati”, erogano agli stessi enti a fronte di servizi specifici da questi erogati – es. quota per l’utilizzo del campo da tennis, per l’ingresso in palestra o piscina, per la partecipazione al corso di avviamento allo sport etc. (art. 148, 3°c, TUIR).
In particolare, il citato art. 30 ha previsto che tali quote, contributi e corrispettivi “non sono imponibili a condizione che gli enti associativi:
a) siano in possesso dei requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria;
b) trasmettano (salvo le eccezioni espressamente previste) per via telematica all’Agenzia delle Entrate, al fine di consentire gli opportuni controlli, i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali mediante apposito modello da approvare …… con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.”
La condizione sub b) costituisce la vera novità del provvedimento in quanto l’omissione dell’obbligo della comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali comporterà l’impossibilità da parte degli enti associativi di usufruire delle agevolazioni di cui sopra, e ciò anche qualora le associazioni stesse siano in possesso di tutti i”requisiti qualificanti” previsti dalla normativa tributaria.
Peraltro, come ampiamente evidenziato da più parti, la normativa si presenta, al tempo stesso, oltre che rigida, anche incompleta, in quanto non prevede, inspiegabilmente, alcuna sanzione ridotta in caso di semplice ritardo nell’invio del modello, né alcuna ipotesi di “ravvedimento operoso” tanto che, allo stato attuale della normativa, e fatti salvi auspicabili interventi legislativi ovvero, almeno, di prassi, il semplice ritardo, anche di un solo giorno, nell’invio del modello, è assurdamente sanzionato alla stessa stregua dell’omesso adempimento, senza alcuna possibilità, da parte dell’ente “distratto” o “impreciso” di sanare l’errore con il pagamento di una sanzione amministrativa. Al contrario: come sopra evidenziato, la circolare 20/E prevede che l’omesso invio del modello rappresenti un indice di pericolosità fiscale tale da indirizzare prioritariamente i controlli su quegli enti che non hanno presentato il modello telematico.
L’onere dell’invio del modello doveva essere adempiuto, dopo una serie di rinvii, entro il 31/12/2009 da parte delle associazioni già costituite entro la data del 16/10/2009, ed entro 60 gg. dall’inizio dell’attività da parte delle associazioni che si sono costituite, o si costituiranno, successivamente al 16/10/2009, nonché entro 60 gg. dalla data in cui dovessero verificarsi situazioni per le quali necessiti la presentazione del modello EAS da parte di associazioni precedentemente non tenute all’adempimento (ad es. associazione sportiva dilettantistica, iscritta al registro CONI, che viene a percepire corrispettivi specifici oltre alle quote associative ovvero acquisizione di partita Iva da parte di associazione precedentemente esonerata dalla presentazione del modello EAS). Diverso il caso delle variazioni rispetto al modello già presentato entro il 31/12/2009 o nel termine di 60 giorni dalla costituzione, che dovranno essere comunicate con un nuovo modello EAS da inviarsi entro il 31 marzo dell’anno successivo (si vedano le istruzioni perché non tutte le variazioni obbligano alla presentazione di un nuovo modello).
All’art. 30 del “Decreto Anticrisi” ha fatto seguito, in termini cronologici, la Circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 1 del 31/12/2008, avente ad oggetto “Istruzioni sull’attività di verifica”. Il capitolo 8 della circolare è dedicato al “riscontro analitico – normativo di attività beneficiarie di regimi fiscali agevolativi”, il cui paragrafo 1 affronta il tema degli Enti non commerciali.
Meritano un cenno, e soprattutto molta attenzione da parte degli operatori, le considerazioni indicate nel paragrafo e) Indicazioni operative: dopo avere riepilogato le problematiche relative all’accesso, la circolare si sofferma sul “Controllo della reale natura dell’ente” in cui si prevede, in sintesi, che:
a) il controllo sulla reale natura dell’ente sottoposto a verifica deve partire dall’esame approfondito delle previsioni inserite nello statuto, sempre che questo sia dotato di data certa, mentre se lo stesso non risulta quanto meno registrato, le clausole ivi inserite saranno esaminate quali mere previsioni indicative, non vincolando in alcun modo le determinazioni degli operanti… ;
b) il contenuto dello statuto sarà poi riscontrato con l’effettivo funzionamento dell’ente …. In tale contesto andrà verificato anche il possesso dei requisiti formali previsti, quali l’iscrizione in particolari elenchi o registri nazionali o regionali, ovvero ad organizzazioni sovraordinate di carattere nazionale ecc.;
c) qualora l’ente, in base a tali preliminari riscontri, possa legittimamente considerarsi “non commerciale”, in sede di esame documentale dovrà essere eseguito, per ogni periodo d’imposta oggetto di controllo, il confronto tra il volume delle operazioni riconducibili all’area istituzionale e quello relativo all’area commerciale, anche tenendo in considerazione i parametri previsti dall’art. 149, comma 2 del TUIR ….;
d) una volta definita, almeno in linea teorica, la natura “non commerciale” dell’ente, si passerà al riscontro contabile, avendo cura, preliminarmente, di verificare se l’apparato contabile posto in essere dall’ente …… sia regolarmente tenuto e presenti, in sostanza, i necessari requisiti di chiarezza ed attendibilità;
e) il controllo vero e proprio verterà, quindi, sul puntuale rispetto delle norme dettate per la determinazione del reddito, ….., nonché di quelle previste in generale dalla normativa IVA e dalle eventuali normative di settore;
f) in presenza di un ente di natura associativa, che abbia beneficiato delle norme di favore previste dall’art. 148 TUIR e dall’art. 4 del DPR 633/1972, in aggiunta ai controlli dianzi elencati, dovranno essere svolti opportuni approfondimenti anche in relazione all’attività rendicontata come “interna” e, come tale, detassata ai fini fiscali: a tale fine può essere utile analizzare il contenuto dei libri sociali previsti dallo statuto (identificazione degli associati nel libro soci, deliberazioni riportate nel libro assemblee e nel libro dei verbali del consiglio direttivo, ecc.) nonché acquisire specifiche informazioni dalle persone che risultano (o risultavano) associati dell’ente, circa il reale funzionamento dell’associazione e le dinamiche che caratterizzano l’attività effettivamente esercitata;
g) qualora l’ente associativo abbia svolto attività agevolate dietro pagamento di corrispettivi specifici, ai sensi dei commi 3, 5, 6 e 7 del medesimo art. 148, dovrà essere riscontrato il regolare rispetto delle clausole statutarie previste dalla medesima norma (che dovranno risultare inserite nello statuto dotato di data certa); in tale caso dovrà essere anche esaminato, con cura, il rendiconto economico e finanziario inerente la gestione dell’ente che, si ricorda, dovrà riportare l’intero volume delle attività svolte dallo stesso, indipendentemente dal fatto che rivestano o meno natura commerciale”.
Si è ritenuto opportuno riportare testualmente l’intero paragrafo perché le suddette previsioni rappresentano concretamente i vari passaggi di una verifica fiscale – tipo operata nei confronti di un ente non commerciale associativo, e sportivo dilettantistico in particolare, come ben sanno i professionisti che seguono tali vicende ovvero quei dirigenti sportivi che, malauguratamente, sono incappati in una verifica.
Si rimanda, a tal proposito, alle slide relative alle verifiche fiscali sulle società ed associazioni sportive dilettantistiche allegate alla newsletter n. 8/2010[5] nonché ad ulteriori approfondimenti da pubblicare sulle prossime newsletters.
Proseguendo nella scansione temporale dei provvedimenti in materia di controllo degli Enti non Commerciali vanno citate le circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 12 E del 9 aprile 2009, n. 45/E del 29 ottobre 2009 e n. 51/E del 01 dicembre 2009 e la Risoluzione n. 141/E del 04 giugno 2009, tutte ampiamente commentate su questa rivista[6].
Mentre le circolari 45/E e 51/E avevano ad oggetto l’adempimento dell’invio telematico del Mod. EAS la circolare 12/E e la risoluzione 141/E hanno affrontato la problematica relativa ai requisiti dell’attività svolta da un’associazione senza scopo di lucro ai fini della qualificazione della stessa quale attività commerciale o istituzionale, nell’ambito del “filone” relativo alla rinnovata e rafforzata attenzione rivolta nei confronti della correttezza nell’utilizzo delle agevolazioni previste dalla legge in favore del terzo settore oggetto dall’art. 30 del D.L. 185/2008.
In particolare, secondo la Ris. 141/E, qualora l’attività svolta da un’associazione, indipendentemente dall’assenza di scopo di lucro prevista dallo statuto e concretamente verificata anche in relazione all’attività esercitata, assuma le connotazioni di un’attività complessa svolta con i caratteri della commercialità, l’associazione stessa non potrà usufruire del regime fiscale agevolato previsto per gli enti non commerciali, ed in particolare per gli enti di natura associativa, dagli articoli 143 e seguenti del T.U.I.R. ai fini delle imposte dirette e dall’art. 4 del D.P.R. 633/1972 ai fini IVA.
Presupposto di carattere generale per l’applicazione delle suddette agevolazioni è infatti – secondo l’Agenzia – la qualificazione dell’ente associativo quale ente non commerciale.
A tal fine non incide la circostanza che lo stesso effettui soltanto le prestazioni individuate nello statuto, né assume rilievo che l’ente svolga la propria attività esclusivamente a favore dei propri associati e non anche di soggetti terzi. Ai fini della qualificazione tributaria di un ente come commerciale o non commerciale rilevano, infatti, i criteri dettati dall’art. 73 del T.U.I.R. il quale dispone, fra l’altro, che un ente si considera come “ente non commerciale” quando, a prescindere dalle finalità perseguite e dall’assenza di scopo di lucro, non ha come oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un’attività commerciale.
Per oggetto esclusivo o principale si intende l’attività svolta per realizzare direttamente gli scopi primari dell’ente, così come indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto (cfr. art. 73, comma 4, TUIR). Pertanto, ai fini dell’individuazione della natura tributaria dell’ente rileva il carattere commerciale o non commerciale dell’attività essenziale per realizzare gli scopi statutari, il quale è determinato in base a parametri oggettivi, che prescindono dalle motivazioni del soggetto che la pone in essere.
In sostanza, secondo l’Agenzia, la qualificazione commerciale ai fini fiscali dell’attività svolta deve essere operata verificando se l’attività possa ricondursi fra quelle previste dall’articolo 2195 del codice civile[7] ovvero, quando consista nella prestazione di servizi non riconducibili nel citato art. 2195, se l’attività venga svolta con organizzazione in forma di impresa. Organizzazione che va ravvisata, come precisato dalla Risoluzione n. 286/E del 11 ottobre 2007, quando dette attività vengono svolte con i connotati tipici della professionalità, sistematicità ed abitualità.
3) LA GIURISPRUDENZA:
A fronte della notevole produzione legislativa e di prassi sopra evidenziata, nonché dei numerosi ricorsi avverso gli accertamenti originati dall’applicazione dei principi enunciati dall’Agenzia in riferimento a casi concreti, le pronunce giurisprudenziali sono ancora poche e non definitive, in quanto relative a sentenze di merito, peraltro in gran parte relative al solo primo grado di giudizio, ancora potenzialmente emendabili, sia nel merito che in giudizio di legittimità.
Meritano invece di essere citate due importanti sentenze della Corte di Cassazione, sez.ne tributaria:
Con la prima, la n. 22739 del 09.09.2008 avente ad oggetto “art. 4, comma 3, DPR 633/1972 – Cessione di beni e servizi in favore dei soci e di terzi – Attività commerciale e attività non commerciale: distinzione”, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sulla natura delle attività di cessioni di beni e servizi svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche in favore di terzi estranei agli enti medesimi.[8]
Era accaduto, infatti, che la Commissione Tributaria Regionale avesse ritenuto “non commerciali” tutte le attività di cessioni di beni e servizi svolte da un ente sportivo, per il solo fatto di essere conformi ai fini istituzionali.
L’amministrazione finanziaria, quindi, era ricorsa ai Supremi Giudici contestando la violazione del dettato dell’art.4 comma 3 del DPR n.633/1972.
La Corte ha ribaltato il dispositivo delle sentenze di merito evidenziando che la menzionata disposizione “… quanto alle associazioni sportive dilettantistiche … precisa che “Si considerano fatte nell’esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali (…), anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”, con ciò chiaramente indicando che le prestazioni rese in favore di terzi sono sempre da considerarsi fatte nell’esercizio di attività commerciali”
Con la seconda, recentissima sentenza, la n. 12249 del 19 maggio 2010, la Suprema Corte ha utilizzato, per la prima volta in campo sportivo-dilettantistico, il principio dell’abuso di diritto sulla base delle recenti decisioni delle sezioni unite e della giurisprudenza comunitaria.
Ci riserviamo di approfondire in un prossimo intervento la delicatissima sentenza, che, se non interpretata “cum grano salis” rischia di avere effetti potenzialmente devastanti sul mondo sportivo dilettantistico, ed in particolare nell’ambiente delle palestre e degli impianti sportivi.
In breve, è accaduto che la Suprema Corte ha disconosciuto la valenza tributaria di un contratto tipico (un comodato d’uso immobiliare) intervenuto tra le parti, una srl “ordinaria” ed una A.S.D., in forza del quale la prima aveva concesso alla seconda, i cui soci fondatori erano espressione della medesima compagine sociale della srl, in comodato gratuito, l’uso e la gestione di alcuni impianti sportivi, che l’Associazione gestiva in favore dei propri – presunti e disconosciuti dall’Amministrazione Finanziaria – associati, dai quali incassava le quote associative che, in quanto tali, non erano assoggettate ad alcuna tassazione.[9]
Secondo la Suprema Corte, la presenza di un contratto tipico tra le parti non esclude, in via generale, l’abuso di diritto, quando cela la natura abusiva dell’operazione, finalizzata ad ottenere importanti risparmi di imposta, attraverso il fine esclusivo di eludere la normativa fiscale a beneficio della srl proprietaria. In particolare, l’attribuzione dell’esercizio di un’attività economica imprenditoriale a un soggetto non imprenditore senza alcun corrispettivo e senza modifiche strutturali dell’organizzazione, nonché la coincidenza tra soci fondatori dell’associazione e titolari delle quote della società di capitali costituiscono una regolamentazione negoziale del tutto inconsueta che, per essere opposta al fisco, deve trovare la sua giustificazione in rilevanti ragioni economiche. Nel delineato contesto, la prova delle ragioni deve essere particolarmente rigorosa.
Come correttamente indicato nell’articolo del “Sole 24 Ore” citato, e come osservato da altri autorevoli commentatori [10] “…con questa sentenza, invece, viene sostanzialmente ammessa la potestà di disconoscimento di un contratto tipico ritenuto simulato. È vero che la sentenza, in più punti, evidenzia la necessità che l’onere probatorio contrario incomba sul contribuente ma è altrettanto vero che, nel caso di specie, vi è una ricostruzione dei fatti, operata dal fisco, che conduce a una situazione fortemente sospetta e che in precedenti sentenze non vi era mai stata. In altre parole, se desta qualche perplessità l’affermazione secondo la quale il contribuente doveva fornire la prova di “rigorose” ragioni economiche sottostanti il contratto, è altrettanto vero che, nel caso particolare, gli elementi raccolti dalla Gdf erano particolarmente significativi. Si spera, quindi, che in futuro, qualora l’amministrazione ritenga di “disconoscere” un contratto tra le parti, alla luce anche di questo orientamento giurisprudenziale, disponga pure di un quadro probatorio complessivo grave e preciso, come nel caso della sentenza in questione”
In definitiva, la Suprema Corte ha rimesso la valutazione di alcuni modus operandi dell’organizzazione sportiva dilettantistica, ed in specie dell’organizzazione degli impianti sportivi gestiti da sodalizi sportivi dilettantistici, alla capacità di analisi e discernimento degli organismi verificatori: l’esperienza ormai consolidata non ci consente di essere troppo ottimisti.
[1] L’uso del termine “sodalizio” è assolutamente voluto in quanto ricomprendente sia le Associazioni che le Società Sportive Dilettantistiche a responsabilità limitata e cooperative, destinatarie, al pari delle prime, di importanti previsioni agevolative, come definitivamente confermato dalla Ris. 38/E del 19 maggio 2010.
[2] Cfr. “un nuovo avvertimento dell’Agenzia delle Entrate sui controlli fiscali per gli ENP” di Sergio Ricci su Terzo Settore – ed- Il Sole 24 Ore- n. 5/2010
[3] Entrambi i documenti, unitamente alla circolare 12/2009, sono stati ampiamente commentati su questa rivista
[4] Comprese le quote associative di cui al comma 1 dell’art. 148 – cfr. circ. 45/E pg. 6
[5] Slides del convegno SRS Veneto – Padova, 10 Aprile 2010
[6] Cfr. newsletters n. 7 bis del 16 aprile 2009; n. 14 del 9 luglio 2009; n. 20 del 5 novembre 2009.
[7] Art. 2195 c.c.:
sono soggetti all’obbligo di iscrizione al Registro delle Imprese gli imprenditori che esercitano:
1) Un’attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi; 2) un’attività intermediaria nella circolazione dei beni; 3) un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) un’attività bancaria o assicurativa; 5) altre attività ausiliarie alle precedenti
[8] Cfr. newsletter n. 14 del 9 luglio 2009
[9] Cfr. “Abuso del diritto per contratti tipici”, di Francesco Falcone e Antonio Jorio – in Il Sole 24 ore del 21/05/2010
[10] Avv.to Guido Martinelli su MRA Blog del 21/05/2010 – in senso opposto, ed estremamente critico, Marino Longoni “Abuso del diritto senza freni” su Italia Oggi del 24 maggio 2010.