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Home Approfondimenti ICI E IMMOBILI UTILIZZATI PER L'ATTIVITA' SPORTIVA: DUE QUESTIONI ANCORA APERTE
  • Approfondimenti

ICI E IMMOBILI UTILIZZATI PER L’ATTIVITA’ SPORTIVA: DUE QUESTIONI ANCORA APERTE

Stefano ANDREANI
Dottore Commercialista in Firenze
4 Dicembre 2008
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    Per gli immobili utilizzati dalle società e associazioni sportive l’art. 7, comma 1, lett. i) del D.L. n. 504/1992 esenta dal tributo gli immobili utilizzati alle società e associazioni sportive “ destinati esclusivamente allo svolgimento di attività ... sportive... ”. Di tale norma l’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 30/9/05 n. 203 (conv. con modif. dalla Legge 2/12/2005 n. 248) detta la seguente interpretazione autentica: “ L’esenzione ... si intende applicabile alle attività indicate ... che non abbiano esclusivamente natura commerciale ”. Due sono le importanti questioni che dottrina e giurisprudenza non hanno ancora chiarito con certezza:

    Per gli immobili utilizzati dalle società e associazioni sportive l’art. 7, comma 1, lett. i) del D.L. n. 504/1992 esenta dal tributo gli immobili utilizzati alle società e associazioni sportive “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività … sportive…”.
    Di tale norma l’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 30/9/05 n. 203 (conv. con modif. dalla Legge 2/12/2005 n. 248) detta la seguente interpretazione autentica: “L’esenzione … si intende applicabile alle attività indicate … che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.

    Due sono le importanti questioni che dottrina e giurisprudenza non hanno ancora chiarito con certezza:
    – l’esenzione si applica solo nel caso in cui i soggetti che utilizzano gli immobili a destinazione sportiva ne siano anche proprietari?
    – cosa accade se una parte dell’immobile è utilizzata per un’attività diversa (p.es. uffici o bar), e cosa accade se l’attività sportiva è rivolta anche a non soci ovvero tesserati e quindi costituisce attività commerciale?

    A) l’esenzione si applica solo nel caso in cui i soggetti che utilizzano gli immobili a destinazione sportiva ne siano anche proprietari?

    La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 25376 del 26/6/08, (allegata), che richiama anche le seguenti sentenze conformi: nr. 5485 del 29/2/08, nr. 18838 del 30/8/06, nr. 20776 del 26/10/5, nr. 18549 del 2003, nr. 142 del 2004, nr. 8054 del 2005, nr. 10827 del 2005, conferma l’interpretazione più “intransigente” da sempre seguita dalla Suprema Corte: secondo essa l’esenzione si applica solo ai soggetti che siano sia proprietari che utilizzatori degli immobili a destinazione sportiva, escludendo dal beneficio gli immobili che siano concessi in locazione, comodato o altro titolo diverso da un diritto reale, a società o associazioni che li utilizzino per fini sportivi.
    In sostanza l’interpretazione di tali sentenze è che l’utilizzazione sportiva deve essere direttamente da parte del soggetto passivo ICI: se il proprietario dà in locazione l’immobile ad una associazione/società sportiva dilettantistica che lo utilizza per la propria attività, l’utilizzo dell’immobile da parte del soggetto passivo ICI (proprietario) non è lo sport ma la locazione. Di conseguenza, l’agevolazione non spetta.

    Ma forse la questione non è chiusa e potrebbero esistere spazi per contestare tale presa di posizione (anche se litigare con la Cassazione non è il massimo…), esponiamo quindi qui di seguito una breve ricostruzione storica della questione (nonostante i nostri sforzi la lettura di tale ricostruzione appare decisamente “pesante”: per i non tecnici rinviamo alle conclusioni in calce ad essa).

    La Cassazione fin dal 2003 è sempre stata univoca, e conforme è stato anche il parere della Corte Costituzionale, che si è pronunciata sul punto nella sentenza 119/1999.
    A complicare una questione che sembrava definita è però intervenuto il legislatore stesso, con l’art. 59 del d.lgs. n. 446/1997, che al primo comma, lettera “c”, ha stabilito che “i comuni possono … stabilire che l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall’ente non commerciale utilizzatore”: parrebbe evidente che se i comuni possono richiedere la coesistenza di utilizzo e possesso, in caso che il comune non assuma tale delibera, non sia necessaria la coesistenza di tali requisiti in capo al medesimo soggetto.

    A tale novità legislativa si è pero decisamente opposta ancora una volta la Cassazione, che con l’ordinanza n. 11427/2005 ha dichiarato che “la sopravvenuta disposizione dell’art.59 impone un’irragionevole rilettura dell’art. 7, comma 1, lett. i), che … esonera taluni soggetti dal concorso alla spesa pubblica, prescindendo dalla manifestazione di ricchezza e di capacità economica espressa dal bene posseduto ed avendo riguardo a requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti da terzi, ed in quanto vulnera la riserva di legge, desumibile dall’art. 23, assegnando agli enti locali il potere di stabilire con norme regolamentari presupposti impositivi e casi di esenzione”.
    La Corte ha sottolineato come appaia illegittima una norma che, ammettendo la possibilità di estendere l’esonero ICI a chi, pur realizzando un reddito dalla locazione del bene e pur non essendo incluso tra i soggetti espressamente indicati dall’art. 87 del t.u.i.r. e non espletando direttamente una delle attività ritenute meritorie, possa egualmente fruire dell’esonero.
    Sempre tale ordinanza ha infine sostenuto che si possa configurare un eccesso di delega nell’attuazione dell’art. 3, comma 143 e comma 149, lett. g) della legge n.662/1996 nella parte in cui è stato previsto il potere di escludere l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità, ma nulla è stato statuito con riferimento all’ICI.

    In conclusione, le conseguenze della disposizione dell’art. 59 del d. lgs. 446/1997 parrebbe abbastanza chiara: se i comuni possono stabilire che sono necessari entrambi i presupposti (possesso e utilizzo) in capo allo stesso soggetto, qualora il comune nulla stabilisca, sarà sufficiente l’utilizzo per attività sportiva, anche da parte di un altro soggetto.
    La Cassazione anche successivamente a tale decreto ha però mantenuto la propria posizione intransigente, che ha da ultimo confermato pochi mesi fa.
    Non possiamo che fermarci qui: ciascun contribuente scelga la strada che ritiene opportuna.

    B) Cosa accade se una parte dell’immobile è utilizzata per un’attività diversa (p.es. uffici o bar), e cosa accade se l’attività sportiva è rivolta anche a non soci ovvero tesserati e quindi costituisce attività commerciale?

    La parola “esclusivamente”, contenuta sia nell’art. 7 del D.L. 504/92 che nell’art. 7 del D.L. 203/05, è certamente chiara, ma le conclusioni alle quali porta ci convincono poco; essa porta infatti a individuare la seguente disciplina: sono esenti dall’imposta gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività … sportive”, a condizione che tali attività non siano svolte esclusivamente verso non soci o comunque tesserati.

    Tale interpretazione letterale non pare contestabile ma appare, applicata rigorosamente, non rispettosa della ratio della norma; possiamo infatti ipotizzare casi-limite, il primo di essi assolutamente frequente nella pratica, nei quali si giunge a risultati che francamente non convincono:
    a) sarà imponibile ICI un immobile destinato solo ad attività nei confronti di soci, se fra tali attività ne compaia anche solo una non compresa nell’elencazione di cui al citato art. 7, comma 1 lettera i: un palazzo dello sport utilizzato solo per l’attività dei soci, nel quale sono collocati un piccolo bar o gli uffici della società pare divenire imponibile ICI;
    b) d’altro canto, parrebbe essere esente da ICI un immobile destinato esclusivamente ad una o più di attività sportive (p.es. una palestra per attività sportiva), svolta nei confronti di non soci o tesserati e quindi commerciale, purchè fra gli utilizzatori dello stesso vi sia anche solo un socio o un tesserato.

    Il paradosso sub “a” potrebbe forse essere risolto considerando rientranti nell’attività sportiva anche quelle attività accessorie o complementari indispensabili per lo svolgimento della stessa (dai servizi alla sede della società, da un minimo luogo di ristoro agli spazi per il pubblico). Sinceramente tale soluzione ci pare convincente, ma nel momento in cui ci “scontrassimo” con un verificatore rigoroso la nostra posizione non sarebbe facile da difendere.

    Altrettanto paradossale è la conclusione sopra indicata sub “b”: basta l’utilizzo da parte di un solo socio per dar diritto all’esenzione? Anche se in questo caso il paradosso è a favore del contribuente, per onestà intellettuale riteniamo vada seguita anche in esso una interpretazione “ragionevole”: qualora l’attività svolta in prevalenza nell’immobile fosse commerciale, al di là della formulazione infelice della norma riteniamo che l’esenzione non spetti.

    Per completezza di informazione sul punto riteniamo infine utili due ulteriori precisazioni:
    – l’interpretazione autentica di cui al citato art. 7, comma 2-bis, del D.L. 30/9/05 n. 203, non ha valore retroattivo, la Finanziaria 2006 vi ha infatti aggiunto il seguente periodo: “Con riferimento ad eventuali pagamenti effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non si fa comunque luogo a rimborsi e restituzioni d’imposta”.
    – relativamente all’agevolazione in argomento la Commissione Europea ha fatto espressa richiesta di informazioni all’Italia; sulla base delle risposte ricevute essa valuterà se tale disposizione possa essere considerata aiuto di Stato e quindi in contrasto con l’art. 87 del Trattato UE.

    Documenti Allegati

    • file
      Cass. civ. Sez. V, 17-10-2008, n. 25376
      <p>130824211017_362.pdf</p>
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      Stefano ANDREANI
      Stefano ANDREANI
      Dottore commercialista specializzato in procedure concorsuali e associazioni sportive, compreso il relativo contenzioso tributario. Consulente della Scuola dello Sport presso il CONI della Toscana. Autore di numerosi articoli in materia di associazioni e società sportive, docente in corsi, seminari e giornate di studio organizzate fra altri da CONI, Federazioni ed Enti di promozione sportiva, Fondazione nazionale dei commercialisti, Ordini locali dei commercialisti. È componente del comitato di redazione della rivista on-line “Fiscosport”.

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