Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO

Il bonus di 600,00 euro riconosciuto ai collaboratori sportivi inquadrati nel regime di cui all’art.67 co.1 lett.m) T.U.I.R. non ha natura corrispettiva né sostitutiva del compenso convenuto nel contratto, a differenza ad esempio di quanto si verifica per l’integrazione salariale commisurata all’importo della retribuzione dei lavoratori dipendenti ammessi alla cassa integrazione.
Si tratta infatti di una indennità in misura fissa così definita sia dall’art. 96 D.L. 18/20 convertito in L. 27/20 per il mese di marzo, sia dall’art. 98 D.L.34/20 per i mesi di aprile e maggio; in quanto tale, prescinde dall’importo del compenso dedotto in contratto.
L’indennità è fissa e unica anche se il collaboratore ha in essere più contratti di collaborazione; infatti come precisato alle F.A.Q. n. 23 e n. 24 pubblicate sul sito di Sport e Salute s.p.a., va presentata una sola domanda.
Inoltre il predetto emolumento non concorre alla formazione del reddito e pertanto non si cumula con eventuali altri proventi né concorre a determinare la soglia di imponibilità fiscale prevista dall’art. 69 co.2 T.U.I.R. In sostanza, l’importo di 1.800 euro percepito dal beneficiario a titolo di indennità non andrà a cumularsi né con altri redditi né con i compensi sportivi percepiti e pertanto non si calcola ai fini del computo del tetto di 10.000 euro per l’anno 2020.
Il presupposto – oltre al rispetto degli altri requisiti richiesti dalle disposizioni suindicate – è quello di non aver percepito altri redditi da lavoro – autonomo, dipendente o assimilato – per i tre mesi interessati alla prestazione.
Quanto alla compatibilità del compenso sportivo, trattato come reddito diverso ai sensi dell’art.67 co.1 lett.m) T.U.I.R., eventualmente percepito in tutto o in parte per il periodo marzo-maggio 2020, si evidenzia che l’art.2 del d.m. 29.05.2020 adottato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro per le Politiche Giovanili e lo Sport, nell’individuare le modalità di presentazione delle domande per aprile e maggio, ha specificato che le indennità spettano, ferme le altre condizioni, a chi ha cessato ridotto o sospeso l’attività in conseguenza dell’emergenza epidemiologica.
Al riguardo Sport e Salute s.p.a. ha chiarito – con comunicazione pubblicata sul canale telegram https://t.me/s/SporteSalute in data 12/06/2020 – che il requisito della riduzione/sospensione dell’attività sussiste anche se nel mese di maggio il collaboratore beneficiario abbia ripreso l’attività, confermando quindi che le limitazioni parziali danno diritto ugualmente a ricevere l’indennità per intero.
Analogamente alla F.A.Q. n.19 pubblicata sul sito di Sport e Salute, viene confermata la compatibilità dell’indennità con il pagamento di compensi sportivi (in misura ridotta) purché ci sia stata una riduzione dell’attività e del compenso pattuito (il caso specifico fa riferimento al pagamento di alcune lezioni on line per i mesi di aprile e maggio).
Tali aspetti e precisazioni dunque confermano che la prestazione erogata da Sport e Salute è indipendente dall’ammontare del compenso concordato con il collaboratore; questi potrebbe aver ricevuto un bonus inferiore al compenso pattuito oppure, come nel caso segnalato dal nostro lettore, aver beneficiato di importi superiori rispetto a quanto previsto dal contratto.
Se ne trova specifica conferma in altra F.A.Q. di Sport e Salute (la n. 20 relativa alle domande per il bonus di marzo) che afferma la spettanza dell’indennità di 600 euro anche per un contratto che per quel mese avrebbe dato diritto ad un compenso inferiore.
Dunque potrebbero determinarsi delle distorsioni, proprio come nel caso qui segnalato.
Del resto bisogna considerare che il bonus – oltre a essere indipendente dal compenso pattuito – è una prestazione erogata a favore del collaboratore e non della società sportiva e quindi mantiene una sua autonomia rispetto agli obblighi assunti reciprocamente dalle parti con il contratto di collaborazione sportiva dilettantistica.
Bisogna chiedersi quindi come incide il periodo di inattività forzata nei rapporti tra le parti.
La sospensione dell’attività imposta dalle misure di contenimento costituisce causa di forza maggiore per cui, sul presupposto che il rapporto sia autonomo, il collaboratore sarà esonerato dal rendere la prestazione e non avrà diritto al compenso per causa di forza maggiore.
Al riguardo viene in rilievo la modalità di determinazione del compenso: se concordato quale corrispettivo mensile andrà rapportato al periodo di effettiva attività (e dunque ridotto di tre mesi); se invece il compenso fosse concordato per l’intera prestazione annuale da parte dell’atleta, si dovrebbe individuare una proporzionale riduzione dell’importo a fronte dei tre mesi di inattività forzata che non andrebbe necessariamente calcolato secondo un criterio temporale (impossibilità della prestazione per tre mesi su dodici) ma rapportato sugli effetti che il lockdown e la ripresa condizionata alle limitazioni imposte dai protocolli possono aver determinato sul rapporto di collaborazione nel suo complesso (si pensi ad esempio all’impossibilità di concludere la stagione agonistica o di partecipare ad eventi programmati).
È dunque sulla scorta di tali considerazioni e delle previsioni contrattuali che la società sarà tenuta a corrispondere all’atleta il residuo importo dovuto per contratto e non tanto in base all’ammontare delle indennità percepite dal collaboratore.
Nel caso specifico il quesito non offre spunti sufficienti per valutare le caratteristiche del compenso, che viene definito annualmente ma suddiviso in ratei mensili, in quanto la determinazione degli importi richiede un attento esame di tutte le clausole contrattuali e delle circostanze di fatto.
In linea di principio si può dunque affermare che la circostanza che l’atleta abbia percepito a titolo di indennità un importo superiore a quanto avrebbe percepito in base al contratto, non consente in via automatica di ridurre proporzionalmente il compenso residuo (da giugno alla scadenza del contratto) dovuto dalla società; tale importo residuo andrà invece determinato alla luce delle condizioni contrattuali, delle caratteristiche del compenso e delle circostanze del caso concreto.