Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO
Se il contratto con l’allenatore non viene modificato per quanto riguarda la durata o il luogo di lavoro e rimane comunque invariato per tutti gli altri aspetti, le parti possono mantenere il contratto originario e integrarlo con un patto aggiunto con il quale si concorda, in sostituzione della clausola precedente, un ammontare diverso del compenso originariamente pattuito a decorrere dalla data dell’accordo modificativo o da una data successiva. Il contratto pertanto continuerà a produrre i suoi effetti secondo il contenuto iniziale, integrato e modificato esclusivamente per la clausola riguardante il compenso.
Si ritiene inoltre che la variazione dell’importo così determinata, non sia soggetta a obblighi di comunicazione, tanto che il RAS per la funzione Unilav prevede solo tre tipologie di richiesta (inizio, proroga, cessazione). Il dato relativo al compenso indicato in sede di prima comunicazione dell’inizio del rapporto di lavoro è rilevante a fini statistici e rappresenta una stima del compenso effettivo che verrà attestato dalla successiva registrazione dei singoli pagamenti tramite l’apposita funzione “compensi”.
Ciò premesso, oltre agli aspetti formali e agli adempimenti va sempre prestata particolare attenzione agli aspetti sostanziali che presuppongono la modifica delle pattuizioni contrattuali (soprattutto nel caso concreto dove si evince un aumento del compenso da 100 a circa 800 euro mensili): è evidente infatti che l’aumento del compenso nel corso della stagione dovrà essere giustificato da un maggiore impegno e presenza richiesti all’allenatore in relazione alle prestazioni dedotte nel contratto (incremento del numero delle squadre, maggiore intensità degli allenamenti, partecipazione a tornei originariamente non previsti, sostituzione di altri allenatori e così via), in modo da garantire che il compenso sia sempre riconosciuto per una prestazione effettiva e proporzionato all’attività svolta, anche nel rispetto dei massimi contributivi individuati dall’art. 3 co. 2 del D.lgs. 112/17, richiamato dall’art. 8 del D.lgs. 36/21 sull’assenza di fine di lucro per gli enti sportivi dilettantistici. Tale disposizione prevede infatti che l’erogazione di retribuzioni e compensi ai lavoratori, autonomi e subordinati, per importi superiori del 40% rispetto a quelli previsti per le medesime qualifiche dai CCNL stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, configuri un’ipotesi di distribuzione indiretta di utili, salva la possibilità di comprovare l’esigenza di acquisire specifiche competenze e professionalità.