Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO

Per il corretto inquadramento dei soci accompagnatori che praticano e insegnano la voga alla veneta, si deve premettere che tale tecnica non rientra tra le discipline sportive dilettantistiche riconosciute a fini sportivi e ammissibili all’iscrizione al Registro delle Attività Sportive (RAS) che dal 31.8.2022 ha sostituito ai fini della certificazione dell’attività sportiva dilettantistica il Registro Coni, recependo il pregresso elenco delle discipline ammissibili al Registro Coni. Né la voga alla veneta è riconducibile alla voga in piedi, disciplina riconosciuta dalla Federazione Canottaggio a sedile fisso, che seppure nata dalla fusione delle tecniche di antiche tradizioni remiere, soprattutto del nord Italia, presenta regole e caratteristiche (a partire dalla tipologia di imbarcazione) ben distinte dalla storica voga veneziana, come certamente ben noto al nostro gentile lettore. Il mancato status di attività sportiva dilettantistica non consente pertanto di estendere le agevolazioni previste per le prestazioni sportive dilettantistiche sia nel contesto vigente, sia alla luce della riforma del lavoro sportivo.
Si consideri infatti che:
l’art. 67 co.1 lett.m) T.U.I.R. è applicabile, ferme le altre condizioni per la corretta qualificazione di reddito diverso e non da lavoro, esclusivamente in relazione alla pratica di discipline sportive dilettantistiche riconosciute;
la nuova disciplina del lavoro sportivo, con le connesse agevolazioni fiscali e contributive, introdotta dal d.lgs. 36/21 è riferita alla figura del lavoratore sportivo, ovvero per quanto di interesse, all’allenatore/istruttore e ogni altro tesserato che sulla base dei regolamenti degli organismi affilianti (federazioni ed enti di promozione sportiva) svolgano mansioni necessarie allo svolgimento di attività sportiva dilettantistica riconosciuta.
L’inquadramento dei collaboratori in questione andrà pertanto valutato alla luce delle regole di diritto comune. Al riguardo, sulla scorta delle indicazioni fornite non è possibile individuare la corretta tipologia contrattuale, che dipende anche dal concreto svolgimento del rapporto e dalle condizioni di ogni singolo percettore, ma come possibili schemi di riferimento è possibile ipotizzare, ricorrendone i presupposti, la forma del lavoro autonomo occasionale o del lavoro occasionale accessorio.
La prestazione autonoma occasionale ricorre quando la prestazione sia resa in piena autonomia, senza vincolo di subordinazione e in maniera non abituale: deve trattarsi in sostanza di un’opera o servizio episodico, non programmato, non svolto con regolarità o sistematicità e in assenza di professionalità da parte del prestatore. Andrà quindi valutato caso per caso in riferimento ai soci accompagnatori se sussistano o meno tali requisiti: indicativamente possiamo affermare che se i cicli di uscite sono programmati e concordati per tutto l’anno e vengono ripetuti per più anni, con il medesimo lavoratore, la qualificazione come prestazione occasionale presenterebbe importanti criticità. Al riguardo le indicazioni riportate su FiscoOggi, rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, il 12.10.2016 sono molto stringenti: “È un lavoratore autonomo occasionale chi si obbliga a compiere, dietro corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione né potere di coordinamento da parte del committente e in via del tutto occasionale. A tal fine, è necessario che ci sia completa autonomia circa i tempi e le modalità di esecuzione del lavoro, manchi il requisito della continuità e non ci sia alcun inserimento funzionale del lavoratore nell’organizzazione aziendale. In altri termini, occorre assenza di professionalità, abitualità, continuità e coordinazione”.
Quanto all’inquadramento fiscale e contributivo, la prestazione occasionale sconta una ritenuta del 20% sul compenso lordo erogato al prestatore ed è esente da contribuzione previdenziale fino all’importo di euro 5.000 per percipiente (art. 67 co.1 lett.l) T.U.I.R.) La a.s.d. in qualità di sostituto di imposta opera e versa la ritenuta a titolo d’acconto e certifica annualmente il compenso erogato come lavoro autonomo occasionale compilando la certificazione unica e il modello 770. L’obbligo di comunicazione preventiva della prestazione autonoma occasionale introdotto dall’art. 13 d.l. 146/21, in base ai chiarimenti forniti dall’ispettorato del lavoro, rimane escluso per le a.s.d.; tuttavia considerato che nel caso specifico le attività di voga alla veneta vengono svolte nei confronti di non soci, potrebbe essere ravvisabile un’attività di impresa seppure marginale con conseguente assoggettamento a tale adempimento, che, quanto meno in via prudenziale, andrebbe pertanto effettuato. Si veda per ulteriori dettagli https://www.fiscosport.it/postfiscosport/in-evidenza/a-s-d-e-s-s-d-escluse-dallobbligo-della-comunicazione-preventiva/ e gli articoli ivi richiamati.
Il lavoro occasionale accessorio (prestazione occasionale c.d. Prest0) – che non presuppone l’autonomia del rapporto e anzi si configura come prestazione eterodiretta – è disciplinato dall’art. 54 bis del d.l. 50/17 e consentito al ricorrere di precise condizioni sia per l’utilizzatore che per le somme erogabili e per l’ammontare delle ore di lavoro.
In breve ricordiamo che l’utilizzatore – la a.s.d. in questo caso – deve avere meno di dieci dipendenti a tempo indeterminato e devono essere rispettati i seguenti limiti massimi:
- 5.000 euro per ogni prestatore;
- 2.500 euro per ogni prestatore in relazione al medesimo utilizzatore;
- 10.000 euro per l’utilizzatore, in riferimento al numero totale dei prestatori.
In definitiva ciascuno degli accompagnatori non potrà percepire più di 2.500 dalla stessa a.s.d. e la a.s.d. non potrà utilizzare prestatori occasionali, inquadrati come PrestO, per compensi complessivamente erogati a tale titolo superiori ad euro 10.000 (ad esempio non più di 4 prestatori per euro 2.500 ciascuno, ma 8 prestatori per euro 1.250 ciascuno). Tuttavia, ai fini del tetto di spesa per l’utilizzatore, sono computati in misura pari al 75% del loro importo i compensi per prestazioni di lavoro occasionale rese dai titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, dai giovani con meno di 25 anni di età, dai disoccupati (art. 19 l.150/15), nonché dai percettori di varie prestazioni di sostegno del reddito. È fissato un compenso minimo di 9 euro l’ora e un numero massimo di durata della prestazione pari a 280 ore annuali. In caso di superamento della somma massima consentita a ciascun percipiente e/o del numero delle ore annuali il rapporto si trasforma in lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il trattamento previdenziale delle PrestO pone interamente a carico dell’utilizzatore la contribuzione alla Gestione separata INPS (33%) e il premio dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (3,5%). I compensi percepiti dal prestatore sono esenti da imposizione fiscale e non incidono sullo stato di disoccupato. Vi è obbligo di trasmettere almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione una comunicazione preventiva del rapporto attraverso la piattaforma informatica o i contact center INPS. L’utilizzatore non deve procedere alla compilazione della certificazione unica essendo l’onere a carico dell’INPS.
Per completezza evidenziamo inoltre che il mancato riconoscimento della voga alla veneta come attività sportiva dilettantistica riconosciuta a fini sportivi impatta più in generale anche sotto il profilo statutario, alla luce della riforma degli enti sportivi contenuta nel d.lgs. 36/21, applicabile dal 1luglio 2023. Poiché l’art.7 co.1 lett.b) richiede come oggetto sociale “l’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche”, le attività rivolte alla pratica e alla divulgazione della voga alla veneta andranno correttamente qualificate e specificamente previste nello statuto quali attività secondaria e strumentale da esercitarsi nel rispetto dei criteri e dei limiti che verranno definiti con decreto ministeriale. Peraltro lo svolgimento dell’attività a favore di non soci ne esclude la natura istituzionale (ancorché non sportiva) e la relativa defiscalizzazione di cui all’art. 148 co.3 T.U.I.R., e ne determina la natura commerciale con conseguente assoggettamento a tassazione dei relativi ricavi ai fini IVA e reddituali.
In una prospettiva futura, attesa soprattutto la definizione di sport contenuta dall’art. 2 lett. nn) d.lgs. n. 36/21che comprende “qualsiasi forma di attività fisica fondata sul rispetto delle regole che ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della forma fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”, non è escluso che si possa addivenire al riconoscimento della voga alla veneta come disciplina ammissibile all’iscrizione al RAS con la conseguente certificazione di attività sportiva dilettantistica. Tale tecnica di voga, pur essendo ancorata a un’antica tradizione popolare – e per questo sostenuta e valorizzata dalla Regione Veneto con l.r. n. 99/5 – ha assunto più di recente anche una connotazione fisico-sportiva, tanto che con DGR n. 1000 del 06 luglio 2018 (BUR n.72 del 24.7.2018) è stata definita come attività sportiva tipica del patrimonio culturale veneto. Naturalmente si tratta di un riconoscimento che non esplica alcun effetto sul piano della qualificazione sportiva dilettantistica riservata al RAS previo riconoscimento a fini sportivi da parte delle federazioni e degli enti di promozione sportivi ma probabilmente (e auspicabilmente) potrebbe costituire un primo passo verso l’apertura a nuove discipline ammissibili.