Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO

Le disposizioni contenute nell’art. 148 co. 8 T.U.I.R. impongono di indicare negli statuti – e di rispettare in concreto – una serie di clausole dirette a salvaguardare la finalità non lucrativa e la democraticità dell’ente associativo quale condizione per beneficiare della de-fiscalizzazione dei corrispettivi specifici di cui al comma 3 del medesimo art. 148 (ferme le altre condizioni ivi previste: possesso dei requisiti qualificanti, attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali rese nei confronti di soci, associati, tesserati).
Per quanto qui di interesse, tra le disposizioni indicate si evidenzia alla lett. c) la
“disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori di età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione”.
L’art. 90 l. 289/02, in ordine al contenuto degli statuti delle a.s.d., stabilisce, per quanto qui di interesse, al comma 18 lett.e) che le norme sull’ordinamento interno devono essere ispirate
a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione di elettività delle cariche sociali.
In entrambi i casi non si rinvengono prescrizioni specifiche sull’obbligatorietà di introdurre quote associative di uguale ammontare: lo scopo delle norme è quello di garantire l’effettività del rapporto e l’esercizio dei diritti partecipativi spettanti ai soci in condizioni di parità e uguaglianza.
Anche l’inciso uniformità del rapporto può essere letto in questo senso e non sembra richiedere necessariamente che l’importo della quota debba essere uguale; analogamente il principio di uguaglianza non deve necessariamente declinarsi nell’obbligo di fissare quote associative di identico ammontare.
L’importante è prevedere e garantire che a fronte di quote di adesione diverse non corrispondano diritti e prerogative diversi o limitazioni all’esercizio di tali diritti (voto in assemblea, elettorato attivo e passivo e così via) in ragione di una diversa categoria di appartenenza nella compagine sociale. Va fatta salva l’eccezione agli obblighi di democraticità con riguardo ai soci minorenni per i quali la disposizione in esame non impone il diritto di voto, da riconoscersi obbligatoriamente solo ai soci maggiori di età [1]
La Circolare 18/E del 1/8/2018 al paragrafo 7.4 – nel precisare che elementi quali la limitazione del diritto di voto in assemblea dovuto alla presenza di categorie di associati privilegiati o la presenza di diverse quote associative alle quali corrisponda una differente posizione del socio, configurano comportamenti idonei a violare la clausola di democraticità – conferma, a contrario, che la presenza di quote diverse o di categorie di soci diversi di per sé non costituisce alcuna violazione degli obblighi purché appunto non si traduca in un diverso esercizio dei diritti derivanti dalla qualifica.
Pertanto, si ritiene che la previsione di importi differenziati delle quote associative o la previsione di diverse categorie di soci (ordinari, sostenitori, fondatori, junior ecc.) possa essere ammissibile nei seguenti termini:
- che sia deliberata dagli organi sociali in conformità alle regole statutarie;
- che sia giustificata dalle finalità istituzionali desumibili dalle attività e dagli scopi indicati nello statuto (come ad esempio l’incentivare la diffusione della pratica sportiva in determinate fasce di popolazione o il favorire l’avviamento allo sport da parte dei minori di età);
- che escluda, nella sistematica delle regole statutarie valutate nel loro complesso, limitazioni al diritto di voto o l’esercizio dei diritti spettanti ai soci in maniera differenziata.
[1] Sul punto si veda però Corte di Cassazione n. 23228/2017 che ha escluso la possibilità di derogare sull’esercizio dei diritti partecipativi degli associati in presenza di soci minorenni posto che gli stessi sono rappresentati ex lege dai genitori. La questione assume rilevanza soprattutto per quei sodalizi caratterizzati da una compagine sociale costituita prevalentemente da soci minori di età: la violazione del principio di democraticità è in questi casi potenzialmente concretizzabile e andranno pertanto valutate soluzioni che possano garantire il rispetto di tale principio, come ad esempio associare i genitori o riconoscere il diritto di voto in rappresentanza del minore, escluso l’elettorato passivo.