Il quesito
Risposta di: Barbara AGOSTINIS

Il fatto che gli enti sportivi dilettantistici siano soggetti privati, dotati di autonomia negoziale, consente loro di disciplinare “liberamente” la propria vita interna.
Tale autonomia non può, tuttavia, definirsi assoluta, ma relativa, dovendo essere esercitata nei limiti delle disposizioni legislative e dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.
Un principio inderogabile, ricordato peraltro dal gentile lettore, è quello di democraticità, a cui deve necessariamente aggiungersi (in quanto rilevante ai fini della risposta al quesito) il riconoscimento degli stessi diritti a tutti gli associati.
Diritto fondamentale e inviolabile è il diritto di voto, nella duplice “veste” dell’elettorato attivo (i.e. il diritto ad esprimere il proprio voto), che spetta a tutti i soci (le problematiche relative al diritto di voto dei minorenni sono state affrontate da G. Concari, Riforma dello sport e minorenni) e dell’elettorato passivo, ovvero il diritto ad essere eletti e, quindi, a ricoprire cariche sociali. È oltremodo evidente che quest’ultimo possa essere riconosciuto esclusivamente ai soci maggiorenni, in quanto provvisti della capacità di agire (anche per quest’aspetto si rinvia al contributo di G. Concari).
Trattandosi di un diritto inviolabile, deve essere assicurato a tutti gli associati (in regola con il pagamento delle quote), muovendo dal presupposto che l’elezione degli organi dell’associazione non possa essere in alcun modo vincolata o limitata, poiché informata a criteri di massima libertà di partecipazione all’elettorato attivo e passivo.
La necessità di garantire il principio di democraticità, del resto, è richiesta, altresì, dall’art. 148, c. 3, TUIR per potere godere dei relativi benefici fiscali.
Ai fini di una corretta redazione dello statuto, non può trascurarsi il regime dell’incompatibilità, che, alla luce delle modifiche introdotte dalla riforma dello sport (art. 11 del d. lgs. 36/2021), risulta formulato in questi termini:
“1. È fatto divieto agli amministratori delle associazioni e società sportive dilettantistiche di ricoprire qualsiasi carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della medesima Federazione Sportiva Nazionale, disciplina sportiva associata o Ente di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI e, ove paralimpici, riconosciuti dal CIP”
A diverse conclusioni, nel senso di ritenere ammissibile una limitazione territoriale, potrebbe pervenirsi qualora si trattasse di un criterio imposto per l’ammissione a socio.
Se il sodalizio sportivo può prevedere una simile limitazione, non trattandosi di ente pubblico (l’ANAC ha ritenuto illegittima una simile clausola, ove menzionata nei bandi per l’assegnazione di impianti sportivi), preme, tuttavia, sottolineare la necessità di motivare una simile decisone, per evitare possibili contestazioni da parte di soggetti interessati ad entrare a fare parte della compagine sociale.