Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI

Per quanto riguarda i compensi sportivi in primo luogo sottolineiamo che il limite degli 85.000 euro vale ai fini IRAP: per l’IRES tale limite non rileva.
Per quanto riguarda l’IRAP, la legge non è chiarissima, ma l’interpretazione che ci pare più corretta, sia in base al testo letterale che alla ragionevolezza, è che è indeducibile la parte di compenso, di ogni singolo collaboratore, eccedente gli 85.000 euro (per anno solare).
Il fatto che l’esercizio sia infrannuale non rileva, atteso che il superamento del limite deve essere verificato sulla base delle autocertificazioni che prima di ogni pagamento devono essere richieste al collaboratore.
In sostanza, dal momento in cui il collaboratore dichiara di aver superato tale soglia, del compenso corrispostogli fino alla fine dell’anno solare deve essere tenuto conto in sede di determinazione della base imponibile IRAP.
Ciò premesso, se il supero avviene p.es. a ottobre:
– se l’esercizio coincide con l’anno solare, saranno indeducibili IRAP i compensi corrisposti negli ultimi mesi dell’esercizio
– se si chiude al 30 giugno o al 31 agosto dell’anno successivo, saranno indeducibili i compensi sempre di ottobre, novembre e dicembre, anche se in questo caso non sono gli ultimi mesi dell’esercizio sociale
Per quanto riguarda la deducibilità delle spese, quelle esemplificate lo sono tutte (ovviamente se non sono tali da costituire distribuzione indiretta di utili), ma con una importante notazione: nella misura in cui riguardano la sfera personale del collaboratore (l’affitto dell’abitazione e le relative utenze, p.es.) sono da considerare fringe benefits, quindi sostanzialmente una integrazione della retribuzione, con i conseguenti oneri fiscali e contributivi.
Se invece si tratta di spese relative all’attività (viaggi per competizioni, per visionare atleti, ecc.) allora sono semplicemente spese della ssd.
Ciò premesso, si pone il problema di individuare e imputare i costi promiscui, valutazione estremamente delicata e inevitabilmente in parte soggettiva (ed è esattamente il motivo per cui per le realtà di minori dimensioni la legge 398/91 consente di non effettuarla, determinando il reddito con criteri forfetari!).
Tale attività deve essere effettuata in due passaggi:
– in primo luogo debbono essere individuati i costi promiscui
– in secondo luogo tali costi debbono essere imputati alle due attività, quella decommercializzata e quella commerciale.
Il secondo passaggio è quello che è stato oggetto di analisi più approfondite oltre che di una specifica disposizione di legge, l’art. 19, co. 4, del DPR 633/1972, il quale stabilisce che tale imputazione deve essere effettuata in base a criteri oggettivi, coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati (metri quadri per il canone di locazione e le spese di riscaldamento, numero di frequentatori per i costi imputabili pro-capite, ecc.) ovvero, in assenza di parametri oggettivi e quindi in via residuale, in base al volume dei ricavi delle due attività (vedi sul punto la Circolare ministeriale n. 328/E/1997)
Su questo aspetto non possiamo che rimandare all’esame del caso specifico.
Quello che invece qui ci interessa sottolineare è il primo aspetto: quali sono i costi promiscui da imputare? Tutti i costi della società o solo una parte?
Perché questo passaggio ci pare altrettanto delicato ma è stato molto meno approfondito (salvo che talvolta in sede di verifica).
Ci spieghiamo con un esempio.
Se i proventi commerciali sono costituiti da sponsorizzazioni, pressoché tutti i costi della società possono probabilmente (non esistono fonti sulla questione né in normativa né in prassi, quindi il condizionale è purtroppo d’obbligo) essere considerati promiscui, perché l’immagine dello sponsor è promossa non solo dagli atleti della prima squadra col nome sulle maglie, ma anche dal logo sul pulmino con il quale si spostano le squadre giovanili che quelle maglie esibiscono davanti ai soli genitori, di conseguenza anche il costo di quel pulmino, dell’allenatore di quella squadra giovanile, dell’attività di reclutamento di giovanissimi, ecc., sono tutti costi che concorrono a formare il “pacchetto” di cui lo sponsor si avvale per promuovere la propria attività.
E ben pochi saranno, peraltro, i costi specifici dell’attività commerciale, atteso che i cartelli, gli striscioni, i banner da inserire sul sito, abitualmente li fornisce lo sponsor e sue spese.
Me se i proventi commerciali sono quelli del negozio o del bar/ristorante, la questione cambia: ci saranno non pochi costi specifici di tali attività (dall’acquisto di merci e materie prima allo stipendio di chi ci lavora), mentre imputare a esse una quota del compenso all’allenatore delle giovanili sarà certamente censurabile.