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    Home Guide e Vademecum LA FORMA GIURIDICA NELL’ATTIVITA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA - 1^ parte...
    • Guide e Vademecum

    LA FORMA GIURIDICA NELL’ATTIVITA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA – 1^ parte della relazione dell’Avv. Katia Scarpa, Consulente Provinciale Fiscosport Milano al corso di perfezionamento in diritto sportivo e giustizia sportiva – Università degli Studi di Mila

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    Katia SCARPA
    consulente
    28 Febbraio 2007
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      La 2^ parte viene pubblicata nella newsletter n. 10/2007 dell'8 marzo 2007 1. Premessa Generalmente, quando si intraprende un’attività, ci si sofferma anzitutto sulla scelta della forma giuridica da utilizzare, prendendo in considerazione una serie di elementi che riguardano principalmente: la responsabilità patrimoniale; la convenienza fiscale; i costi; l'eventuale trasferibilità della partecipazione societaria; le prospettive economiche e finanziarie dell'attività aziendale; la finalità lucrativa o no profit. Ed, allora, si propenderà per la costituzione di un’associazione, in ragione dello scopo non lucrativo che si vuole perseguire, ovvero si sceglierà di costituire un’impresa o una società (di persone o di capitali), per avviare un’attività economica lucrativa. Si potrebbe, poi, optare per la costituzione di una società di capitali, considerando la minore difficoltà nella ricerca di capitale di terzi (se, ad esempio, per l'esercizio dell'attività fossero necessari ingenti capitali), ovvero in ragione della ridotta responsabilità patrimoniale (che è limitata al capitale sottoscritto, senza coinvolgere l'intero patrimonio personale), ovvero ancora, in considerazione della maggiore facilità di trasferimento delle proprie quote o azioni. In altri casi, si potrebbe scegliere di costituire una società di persone valutando i minori costi di avvio dell’attività (dal momento che per tali società non è richiesto un capitale sociale minimo). Anche in sede di avvio di un’attività sportiva dilettantistica gioverà scegliere con attenzione la forma giuridica da assumere, tenendo conto, anzitutto, che,

      –         Premessa

      Generalmente, quando si intraprende un’attività, ci si sofferma anzitutto sulla scelta della forma giuridica da utilizzare, prendendo in considerazione una serie di elementi che riguardano principalmente:

      –          la responsabilità patrimoniale.

      –          la convenienza fiscale.

      –          i costi.

      –          l’eventuale trasferibilità della partecipazione societaria.

      –          le prospettive economiche e finanziarie dell’attività aziendale.

      –          la finalità lucrativa o no profit.

      Ed, allora, si propenderà per la costituzione di un’associazione, in ragione dello scopo non lucrativo che si vuole perseguire, ovvero si sceglierà di costituire un’impresa o una società (di persone o di capitali), per avviare un’attività economica lucrativa. Si potrebbe, poi, optare per la costituzione di una società di capitali, considerando la minore difficoltà nella ricerca di capitale di terzi (se, ad esempio, per l’esercizio dell’attività fossero necessari ingenti capitali), ovvero in ragione della ridotta responsabilità patrimoniale (che è limitata al capitale sottoscritto, senza coinvolgere l’intero patrimonio personale), ovvero ancora, in considerazione della maggiore facilità di trasferimento delle proprie quote o  azioni. In altri casi, si potrebbe scegliere di costituire una società di persone valutando i minori costi di avvio dell’attività (dal momento che per tali società non è richiesto un capitale sociale minimo).

      Anche in sede di avvio di un’attività sportiva dilettantistica gioverà scegliere con attenzione la forma giuridica da assumere, tenendo conto, anzitutto, che, – a seguito delle modifiche apportate all’art. 90 della legge n.289/2002 (da ultimo con l’art.4 della Legge n.128/2004), – il legislatore fiscale ha dettato per la suddetta attività particolari agevolazioni, condizionandone il godimento alla forma giuridica assunta ed a specifiche clausole inderogabili contenute nell’atto costitutivo e nello statuto.

      L’art.90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (modificato dalla legge n.128/2004) al comma 17 ha espressamente previsto che “..le associazioni sportive dilettantistiche …possono assumere una delle seguenti forme:

      a)      associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli artt.36 e ss. del codice civile;

      b)      associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al DPR 10.02.2000 n.361;

      c)      società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro…”

      Emerge all’evidenza, allora, che ove si voglia avviare un’attività sportiva usufruendo dei benefici fiscali previsti dal legislatore, non si potrà optare per la costituzione di una società di persone, ma si dovrà scegliere una delle forme indicate dal citato art.90: quella dell’associazione ovvero della società di capitali o della cooperativa.

      Si dovrà tener conto, poi, del fatto che, diversamente da quanto si verifica in sede di avvio di altre attività, anche per le società di capitali sportive dilettantistiche, come per le associazioni, sussiste il divieto di perseguire una finalità lucrativa e di trasferire le quote a terzi.

      Nella scelta della forma giuridica da utilizzare, poi, assume peso rilevante il differente regime giuridico della responsabilità civile e gli obblighi formali da rispettare in sede di costituzione dell’ente.

      Giova considerare, al riguardo, che l’associazione riconosciuta ha personalità giuridica ed è, perciò, punto di riferimento non solo dell’attività dei suoi organi, ma anche degli effetti di quella attività. L’associazione non riconosciuta, invece, non ha personalità giuridica propria (anche la sua soggettività giuridica è stata a lungo posta in dubbio), conseguentemente, diversa è la disciplina giuridica dell’associazione non riconosciuta rispetto a quella dell’associazione riconosciuta e tale diversità trova il suo nucleo centrale nel differente regime di responsabilità. Le associazioni non riconosciute si caratterizzano per il regime di responsabilità, che origina dal disposto contenuto nell’art. 38 c.c., a tenore del quale “delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.” Nelle associazioni riconosciute, invece, (art. 18, 1° comma c.c.) “gli amministratori sono responsabili verso l’ente” e non verso i terzi “secondo le norme del mandato.”

      Pertanto (anticipando le conclusioni a cui si giungerà), la scelta tra la forma giuridica di associazione riconosciuta e non riconosciuta dipenderà essenzialmente dal diverso regime della responsabilità civile. La scelta tra la costituzione di un’associazione ovvero di una società sportiva dilettantistiche, invece, dipenderà, oltre che dal diverso regime della responsabilità patrimoniale, anche dai diversi costi di avvio, ma soprattutto dalla struttura che si vorrà dare al vincolo associativo nonché dalla rilevanza dei diversi obblighi di natura formale a cui i due enti sono assoggettati ex lege.

      Il tema impone un esame preliminare della disciplina civilistica e fiscale dei due enti.

      –         Il fenomeno associativo nel codice civile

      La disciplina di diritto comune in tema di enti associativi si rinviene nelle norme della Costituzione e del codice civile e precisamente negli artt.2 e 18 Cost. e negli artt. 14-42 del cod. civ..

      L’art.18[1] e l’art.2[2] Cost. non forniscono una definizione di tali enti, ma permettono di trarne un concetto ampio: si tratta di una collettività composta da più persone che liberamente decidono di svolgere insieme una attività per perseguire gli scopi più vari (purchè leciti per l’ordinamento).

      Gli artt. 14-42 c.c. restringono il concetto, permettendo di definire associazione quel fenomeno di collettività stabilmente organizzata che prende vita da un atto di autonomia negoziale, con il quale i membri, si impegnano a perseguire un interesse comune, avvalendosi di un fondo (o patrimonio) comune[3]. Tale organizzazione collettiva, poi, si caratterizza per la presenza di una pluralità di organi e assume rilevanza esterna[4].

      Le norme del libro V del codice civile, poi, disciplinano alcuni enti tipici: le società.

      Gli interpreti che si sono occupati del rapporto esistente tra gli enti associativi indicati nel libro I del codice civile e quelli del libro V sono divisi tra (i) quanti[5] ritengono che fra le associazioni regolate dal titolo II del Libro I del codice civile debba essere compresa ogni figura associativa che non presenti i caratteri specifici delle società o del consorzio, per cui le società, regolate dall’art.2247 c.c. e ss., costituirebbero una species dell’ampio genus associazione (trattandosi di un’associazione creata per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili) e (ii) quanti[6] hanno ritenuto che si tratterebbe di due soggetti giuridici ben differenziati, poiché il legislatore ha dettato la normativa di diritto comune in due libri ben separati: nel libro I del codice civile la disciplina delle associazioni (riconosciute e non riconosciute) e nel libro V, quella delle società. Di conseguenza, secondo la prima linea di pensiero, le norme del libro V, regolanti il fenomeno societario, sarebbero norme speciali rispetto alle norme generali del libro I, suscettibili di applicazione anche per le società se non derogate dalla disciplina speciale dettata per la specifica categoria di associazione che prende il nome di società. I sostenitori della seconda corrente di pensiero, invece, evidenziano la volontà legislativa di tenere ben distinti i due fenomeni, con la conseguenza di considerare la società non tanto come una species rispetto al genus associazione del libro I, quanto piuttosto come un fenomeno tipologico da questo distinto se non addirittura contrapposto, del quale dovrebbero cercarsi nella realtà sociale, prima ancora che nella disciplina giuridica, i caratteri differenziali rispetto all’altro fenomeno tipologico qualificabile come associazione.

      Nella ricerca degli elementi caratterizzanti l’ente associativo, poi, parte degli interpreti ha rilevato che anche in una società (e non solo in un’associazione), una collettività di persone svolge, in comune, un’attività di carattere economico per perseguire uno scopo comune. Ciò che distinguerebbe l’associazione (intesa in senso stretto) dagli altri enti associativi sarebbe lo scopo comune perseguito, che deve essere non lucrativo né mutualistico (e perciò diverso da quello delle società di capitali e mutualistiche[7]), ossia non economico, ancorché possa essere perseguito con l’esercizio di un’attività economica[8]. La società, invece, si caratterizzerebbe non per una sua particolare struttura, ma per la specialità dell’oggetto e dello scopo: precisamente la società sarebbe, nel sistema del codice, una associazione (intesa latu sensu) che si caratterizza per essere creata per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Quando questi elementi sussistano, l’associazione si qualifica giuridicamente come società ed è soggetta alla disciplina dettata per le società, qualunque possano essere i particolari atteggiamenti della sua struttura organizzativa, assuma cioè l’associazione una struttura chiusa (come normalmente si verifica nelle società per azioni), o invece una struttura aperta (come normalmente si verifica nelle società cooperative), qualunque siano le modalità attraverso le quali la ripartizione dei vantaggi economici realizzabili, attraverso l’esercizio in comune di un’attività economica, concretamente si attui, e cioè automaticamente e con carattere di immediatezza o invece soltanto mediatamente e per il tramite della società, nelle proporzioni prestabilite o invece in modo differenziato[9].

      Seguendo tale linea interpretativa[10], emerge che elementi fondamentali delle associazioni (intese in senso stretto) sono:

      a)      le persone fisiche, con un’organizzazione interna costituita da un’assemblea degli associati ed un organo amministrativo (cd. elemento materiale);

      b)      un patrimonio, con funzione strumentale al perseguimento dello scopo, costituito con i beni degli associati, perché l’attività delle persone si trasforma necessariamente in rapporti economici (cd. elemento patrimoniale) [11];

      c)      uno scopo, che deve essere determinabile, lecito e non lucrativo[12] né mutualistico ossia non economico, ancorché possa essere perseguito con l’esercizio di un’attività economica. (cd. elemento spirituale) [13].

      Alcuni interpreti aggiungono un quarto elemento: la struttura aperta del rapporto, cioè la possibilità di adesione al gruppo da parte di nuovi membri. Ad essi, vi è però chi[14]  obietta che possono esistere anche associazioni a struttura chiusa, qualora gli associati prevedano espressamente di non accettare nuovi partecipanti

      Si è precisato, allora, che ciò che connota le associazioni, differenziandole dalle società, è l’elemento spirituale, ossia lo scopo che in entrambi deve essere determinabile e lecito[15] ma nelle società deve essere lucrativo ovvero mutualistico, mentre nelle associazioni deve essere non economico, ancorché possa essere conseguito attraverso l’esercizio di un’attività economica[16].

      Al riguardo la Cassazione[17] ha stabilito che la finalità di ottenere guadagni attraverso l’esercizio di un’attività economica costituisce la causa del contratto di società ex art.2247 c.c. Si tratta di una causa complessa, composta di due elementi: (i) il conseguimento di utili e (ii) la ripartizione di utili tra i soci. Discende che mentre, per esservi “impresa”, è sufficiente il cd. lucro oggettivo e cioè che l’attività sia organizzata in modo da produrre utili, per aversi “società” dev’esserci la presenza del lucro cd. soggettivo, cioè la divisione degli utili tra i soci. In caso di assenza del lucro soggettivo, poi, secondo la Suprema Corte, sarebbe sempre possibile la conversione del contratto di società in quello di associazione non riconosciuta.

      Possiamo perciò definire:

      –          la società come quell’ente costituito da due o più persone che hanno conferito beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo di dividerne gli utili.

      –          l’associazione come quell’organizzazione stabile di persone che, con un atto di autonomia negoziale, si sono impegnate a perseguire un interesse comune[18] non economico (e perciò, culturale, ideale e/o sportivo), che può essere raggiunto anche con l’esercizio di un’attività economica.

      –         Associazione riconosciuta e non riconosciuta.

      La disciplina del codice civile in tema di associazione distingue le associazioni in due diverse tipologie: quelle riconosciute e quelle non riconosciute e ad esse riconduce due diverse modalità di costituzione, che si passa ora ad esaminare.

      Entrambe si caratterizzano per l’essere costituite da (i) un’organizzazione di persone che perseguono uno scopo comune non lucrativo disponendo di (ii) un fondo patrimoniale comune.

      Diverse, però, sono le modalità di costituzione ed organizzazione interna ed il regime della responsabilità civile.

      o        Costituzione ed organizzazione delle associazioni.

      La costituzione di un’associazione non riconosciuta non è vincolata ad alcun formalismo e da un profilo civilistico potrebbe essere anche orale. Per ottenere i benefici fiscali dettati per le associazioni sportive dilettantistiche dall’art.148 TUIR e dall’art.90 comma 18 della L. n.289/2002 è necessario, però, procedere per iscritto ovvero con scrittura privata registrata o autenticata.

      L’ordinamento interno e l’amministrazione dell’ente sono regolati liberamente dagli accordi degli associati.

      La costituzione di un’associazione riconosciuta consta, invece, di tre fasi (1) la stipulazione dell’atto costitutivo e dello statuto, (2) il riconoscimento della personalità giuridica e (3) la registrazione/iscrizione negli appositi registri previsti dalla legge.

      L’atto costitutivo e lo statuto sono le fonti di diritto dell’associazione, con efficacia che si estende all’interno della vita dell’ente[19] e devono essere redatti nella forma dell’atto pubblico, ovvero della scrittura privata autenticata o della scrittura privata registrata, conformemente alle disposizioni dettate dall’art.14 del c.c.

      Devono, cioè, contenere, quali elementi essenziali (art.16 c.c.):

      –          la denominazione

      –          la sede dell’ente;

      –          l’indicazione dello scopo;

      –          l’indicazione del patrimonio;

      –          le norme sull’ordinamento;

      –          le norme sull’amministrazione;

      –          i diritti e gli obblighi degli associati;

      –          le condizioni per l’ammissione degli associati.

      Possono, poi, essere integrate con altri elementi (cd. elementi accidentali), quali:

      –          le norme relative alla estinzione dell’ente;

      –          le norme relative alla devoluzione del patrimonio;

      –          le norme relative alla modificazione dell’atto costitutivo e dello statuto;

      –          la clausola che consenta la trasmissione della qualità di associato;

      –          la clausola che impone di far parte dell’associazione per un tempo determinato[20].

      La procedura per il riconoscimento della personalità giuridica è, ora, regolata dal D.P.R. 10.02.2000 n. 361[21] e si consegue con l’Iscrizione nel Registro delle persone giuridiche istituito presso l’ufficio Territoriale del Governo (già Prefettura) ovvero presso la Regione e la Provincia Autonoma (nei casi espressamente previsti dal DPR. N.361/2000)[22].

      A tal fine occorre presentare una domanda rivolta all’ufficio Territoriale del Governo nella cui Provincia è stabilita la sede dell’ente a cui deve essere allegato (oltre all’atto costitutivo ed allo statuto):

      –          La relazione illustrativa, in cinque copie, sull’attività concretamente svolta e/o su quella che l’Ente intende perseguire, debitamente sottoscritta dal presidente dell’Ente;

      –          La relazione, in cinque copie, sulla situazione economico-finanziaria, sottoscritta dal legale rappresentante, corredata da idonea documentazione circa la destinazione, la consistenza e il valore degli immobili (perizia giurata di parte, che dovrà essere avvalorata dal parere di congruità dell’Ufficio Tecnico Erariale – ora Agenzia locale del Territorio- territorialmente competente) e dei beni patrimoniali mobiliari (attestazione bancaria);

      –          I bilanci preventivi e conti consuntivi approvati nell’ultimo triennio o nel periodo antecedente la presentazione della domanda, qualora l’Ente abbia già operato come Ente non riconosciuto (in duplice copia);

      –          L’elenco dei componenti gli organi direttivi dell’Ente, sottoscritto dal presidente, con indicazione del numero dei sodali (in duplice copia).

      La verifica in ordine alla possibilità di ottenere il riconoscimento si basa essenzialmente su tre elementi:

      –          la regolare costituzione dell’ente secondo le disposizioni di legge;

      –          la possibilità e liceità dello scopo dell’ente;

      –          la consistenza patrimoniale e la sua congruità e adeguatezza rispetto allo scopo istituzionale[23].

      Al termine della verifica l’Ufficio provvede all’iscrizione nel registro delle Persone Giuridiche[24], ovvero – nel caso in cui sussistano ragioni ostative a tale iscrizione – chiede, motivandole, le opportune integrazioni[25].

      Con la registrazione l’ente acquista la personalità giuridica ed è, perciò, punto di riferimento non solo dell’attività dei suoi organi, ma anche degli effetti di quella attività: risponde, cioè, direttamente delle proprie obbligazioni (autonomia patrimoniale perfetta).

      La scelta di costituire un’associazione riconosciuta, perciò, potrebbe dipendere da una precisa volontà di tenere distinto il patrimonio dell’ente da quello personale dei suoi amministratori[26].

      Rilette alla luce dei principio sull’autonomia patrimoniale delle associazioni riconosciute risultano comprensibili le disposizioni degli artt. 33[27] e 19 c.c.[28]., secondo le quali le limitazioni del potere di rappresentanza degli amministr

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