Gli acquisti di beni effettuati dai soggetti della cooperazione allo sviluppo (per brevità, nel prosieguo, sono definite Ong) iscritti nell’elenco di cui all’art. 26, comma 3, della legge 11/08/2014 n. 125 e destinati ad essere esportati ed utilizzati nell’ambito dei programmi di cooperazione e sviluppo sono effettuati in regime di sospensione dell’IVA ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera b-bis, d.P.R. 633/72.
Si tratta delle operazioni con trasporto o spedizione fuori del territorio dell’Unione europea entro 180 giorni dalla consegna, a cura della Ong cessionaria o per suo conto (es. a cura del cedente), effettuate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Il beneficio si applica anche nei confronti delle amministrazioni pubbliche che acquistano i beni suddetti.
La prova dell’avvenuta esportazione dei beni è data dalla documentazione doganale
Essendo operazioni non molto frequenti, nella pratica giornaliera è capitato e capita di scoprire che i fornitori non conoscano la norma e chiedano la dichiarazione di intento inviata telematicamente all’Agenzia delle entrate.
In realtà si è totalmente fuori strada.
È bene ricordare che le Ong possono acquistare beni senza il pagamento dell’IVA sul mercato:
- domestico: se il fornitore risiede nel territorio dello Stato
- comunitario: nell’ambito di operazioni intracomunitarie anche se nel decreto di cui si dirà nel prosieguo si parla solo di “importazioni”.
- estero: operazioni di importazione cioè provenienti da Paesi diversi dai precedenti.
Quando conviene acquistare i beni in sospensione IVA?
Prima di addentrarci nella trattazione di queste operazioni, è bene precisare che è necessario verificare preventivamente se sia più conveniente acquistare i beni nel Paese ospite o se lo sia rifornendosi dall’Italia o da un altro mercato.
La decisione deve essere presa in funzione delle politiche doganali operate dal Paese ospite sebbene spesso la situazione socio-politica sia talmente compromessa da non avere un’autorità governativa/doganale di riferimento.
In una situazione ideale invece è possibile ottenere dal governo del Paese ospite l’esenzione dai dazi sulle importazioni dei beni effettuate dalle Ong, misura che comunque va contrattata al momento del riconoscimento dell’organizzazione nel Paese ospite.
Si tenga altresì presente che molti paesi in via di sviluppo applicano imposte indirette assai simili all’IVA nell’Unione europea.
Sempre in una situazione ideale, in caso di importazioni effettuate in quei Paesi, tale imposta dovrebbe essere trattata come “diritto di confine” e quindi dovrebbe rientrare nel novero delle esenzioni a favore delle Ong.
Essendo noi persone di mondo, sappiamo benissimo che nella pratica le cose non vanno come nelle situazioni ideali e quindi le esenzioni sui tributi, i dazi, i beni sottoposti a embargo e quant’altro devono essere continuamente contrattati con le autorità locali, possibilmente in modo preventivo, per evitare costose sorprese nel bel mezzo delle operazioni di cooperazione.
Diversamente ci si potrebbe trovare di fronte ad un blocco delle forniture o a costi imprevisti difficilmente rendicontabili perché extra-budget.
Gli acquisti delle Ong nel nuovo T.U. IVA
Tornando alle operazioni di acquisto in sospensione di imposta ciò che non ha ancora trovato un assetto definitivo sono questi particolari acquisti intracomunitari o intraunionali, secondo la nuova definizione, a far tempo dall’entrata in vigore del T.U. IVA.
Da una prima osservazione si nota che il nuovo testo delle cessioni all’esportazione lo si troverà nell’art. 45, T.U. IVA e non tra i primi articoli dell’attuale testo del d.P.R. 633/72 ma pressocché immutato nella formulazione poiché il testo differisce soltanto nell’ultimo periodo:
- l’attuale indica che “la prova dell’avvenuta esportazione dei beni è data dalla documentazione doganale”;
- il periodo novellato indica che “la prova dell’avvenuta esportazione dei beni è data dalla prova di uscita doganale”.
La prova dell’esportazione
Per “prova di uscita doganale”, si deve intendere il DAE – Documento di Accompagnamento all’Esportazione in formato PDF e il “risultato di uscita” in formato XML (c.d. “iVisto”).
Vale la pena fornire alcune indicazioni circa l’avvenuta esportazione perché sul punto, lo si è già scritto, si basa la non imponibilità IVA dell’operazione e perché negli ultimi anni l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha proceduto ad una riorganizzazione dei propri servizi telematici.
Con la risposta n. 580/2020 (quesito n. 5) l’Agenzia delle entrate ha confermato che la prova dell’avvenuta esportazione si ottiene attraverso la corrispondenza tra DAE e iVisto.
Pur in assenza di specifici chiarimenti dalle Dogane circa la modalità di conservazione degli iVisto, l’Agenzia delle entrate, nella propria circolare n. 26E/2022, ha ammesso la possibilità della conservazione cartacea dei messaggi informatici originariamente in formato .XML.
Apparentemente la questione appare di lana caprina ma così non è: proprio per la natura della comunicazione, resa in formato nativo digitale (XML), è necessaria la conservazione digitale a norma.
Il rinvio ad un decreto attuativo
La seconda osservazione è relativa al rinvio ad un successivo decreto ministeriale per la regolamentazione delle operazioni di questo tipo.
La domanda sorge spontanea: se si sta riscrivendo il testo dell’IVA, avendo perciò tutto lo spazio e il tempo per scrivere anche la norma attuativa, perché non trasfonderla nel testo novellato dell’art. 45 vanificando così il fine di un testo unico legislativo che è proprio quello di raccogliere le norme che si sono via via sovrapposte, abrogate, sostituite nel tempo?
Del resto la norma attuativa, ancorché vetusta, esiste già, risalendo il decreto ministeriale al lontano 1988 (d.m. 10/03/1988 n. 379).
Il testo del provvedimento dovrebbe essere trasfuso nell’art. 45 del T.U. IVA e aggiornato alle attuali novità doganali riguardanti la prova dell’avvenuta esportazione oltre a regolamentare espressamente le operazioni intracomunitarie/intraunionali perché nel 1988 non erano ancora state normate ma lo sarebbero state cinque anni dopo (d.l. 331/1993).
La responsabilità dell’esportazione
Attraverso il d.m. 379/1988 non solo si agevolano gli acquisti effettuati dalle Ong perché consente di risparmiare l’IVA, generalmente il 22% del valore delle merci ma si spostano tutte le responsabilità relative all’avvenuta esportazione in capo alle Ong, risolvendo i timori dei fornitori riguardanti il reperimento dei documenti di uscita dal territorio doganale.
Il decreto infatti dispone che il fornitore sia esentato da responsabilità se la destinazione estera dei beni forniti risulti indicata sul documento accompagnatorio (…) e sulla relativa fattura.
Chi è pratico di operazioni doganali sa benissimo che nelle aziende, da sempre, si scontrano i “commerciali” che tendono a concludere i contratti con la clausola EXW – Ex works perché così non devono preoccuparsi dei rischi e degli oneri di trasporto mentre gli “amministrativi” vorrebbero un FCA – free carrier o FOB – free on board in modo da avere il controllo della spedizione sino al momento dell’uscita dallo spazio doganale comunitario.
Al momento, le procedure telematiche riescono a dare qualche sicurezza in più circa il matching tra i DAE e gli iVisto ma resta pur sempre una fase che genera sempre qualche mal di testa.
Lo stesso decreto si occupa anche delle importazioni per le quali la dogana non applica l’IVA sulla base della dichiarazione resa dalla Ong.
A parere di chi scrive, l’importazione di beni per destinarli poi all’esportazione non appare un’operazione economicamente conveniente: visto che non vi è agevolazione riguardante eventuali dazi. L’acquisto sul mercato estero rende più conveniente l’esportazione diretta verso il paese destinatario degli aiuti, a meno che non vi siano ragioni legate a politiche di vendita.
Gli acquisti intracomunitari ammessi di fatto
Sebbene non siano espressamente indicati nel decreto attuativo, di fatto rientrano nell’ambito dell’agevolazione anche gli acquisti di questo tipo.
Appare invece più conveniente l’acquisto intracomunitario/intraunionale: l’Ong (se ente non commerciale) apre una partita IVA per le sole operazioni intracomunitarie e si iscrive al VIES.
Questo le permette di:
- acquistare senza applicazione dell’IVA
- non integrare la fattura di acquisto con i dati dell’imponibile e dell’imposta ma dovrà recare (a cura del fornitore) il numero di iscrizione all’elenco dei soggetti della cooperazione allo sviluppo soggetti
A meno che non vi siano altre operazioni intracomunitarie soggette ad IVA, le liquidazioni periodiche saranno a zero, si dovrà comunicare l’ammontare delle operazioni attraverso l’invio telematico del modello intra-12 oltre alla presentazione dei modelli intrastat.
Si faccia attenzione che, una volta aperta la partita IVA, la Ong non dovrà più utilizzare il modello intra-13 qualora fossero state effettuate operazioni di acquisto nel mercato intracomunitario in regime derogatorio: tutte le operazioni intracomunitarie sono attratte dal regime normale come indicato in precedenza
Queste operazioni generano plafond?
Se l’operazione di esportazione è curata dalla Ong, il fornitore non matura plafond perché sono espressamente escluse le operazioni ex art. 8, comma 1, lettera b-bis).
Qualora l’esportazione sia invece effettuata a cura o a nome del cedente o dei suoi commissionari, allora l’operazione genera plafond in capo al cedente (fornitore).







