[Punti riforma Renzi]
Ricostruire le fondamenta giuridiche, definire i confini e separare il grano dal loglio
1) riformare il Libro I Titolo II del Codice Civile, anche alla luce dell’articolo 118 della Costituzione, introducendo o rivisitando le norme in materia di:
- costituzione degli enti e valorizzazione della loro autonomia statutaria con specifico riguardo a quelli privi di personalità giuridica;
- requisiti sostanziali degli enti non profit ed eventuali limitazioni di attività;
- struttura di governance, affermando pienamente il principio democratico e partecipativo negli organi sociali;
- responsabilità degli organi di governo e obblighi di trasparenza e di comunicazione economica e sociale rivolti all’esterno;
- semplificazione e snellimento delle procedure per il riconoscimento della personalità giuridica, anche attraverso la digitalizzazione telematica delle pratiche;
- diversificazione dei modelli organizzativi in ragione della dimensione economica dell’attività svolta, dell’utilizzazione prevalente o comunque rilevante di risorse pubbliche e del coinvolgimento della fede pubblica;
- criteri per la gestione economica degli enti non profit;
- forme di controllo e accertamento dell’autenticità sostanziale dell’attività realizzata;
- regime di contabilità separata tra attività istituzionale e imprenditoriale; codificazione dell’impresa sociale.
[Proposte e suggerimenti]
Nell’art. 118 della Costituzione si parla del trasferimento dei poteri dallo Stato agli enti locali che, in tema di enti non profit, hanno sempre legiferato in modo alquanto disomogeneo, facendo seguire il settore a persone nella pratica non di rado incompetenti e quindi pericolose poiché fanno pesare la loro posizione di potere e discrezionalità.
La “valorizzazione dell’autonomia statutaria” degli enti non profit è in antitesi con il punto in cui si vuole agire sul tema della “governance, affermando pienamente il principio democratico e partecipativo negli organi sociali”: se lasci autonomia agli attori in tema di definizione dello statuto (cioè della definizione dei patti associativi), non si può stringere sul “principio democratico” ecc.
Paradossalmente l’attuale formulazione del codice civile è più permissiva di quella che si vorrebbe ottenere poiché nel codice civile non si parla di principi democratici e di partecipazione agli organi sociali. Questa regolamentazione la troviamo invece nel sistema fiscale laddove si sono poste regole assai stringenti al fine di evitare abusi del diritto per ottenere indebite agevolazioni fiscali.
E’ invece apprezzabile la volontà di migliorare la procedura di riconoscimento della personalità giuridica.
Allo stato attuale vi sono grandi difformità di comportamento tra le singole prefetture, così come ve ne sono tra le varie regioni poiché ciascuna ha normato in modo differente in tema di limiti di patrimonio dell’ente, di riconoscimento del patrimonio (insieme dei beni o mero ammontare dei depositi liquidi). In alcuni casi si è osservato che le prefetture fanno riferimento alle norme regionali.
Quanto al riconoscimento del patrimonio si assiste, nella pratica, a casi in cui, a fronte di un patrimonio consistente in termini di beni immobili e mobili, la regione o la prefettura richiedano all’ente istante il versamento di fondi liquidi vincolati (ma a chi o a quale finalità non si comprende) perché ritengono insufficienti le garanzie. Eppure oggigiorno si costituiscono società a responsabilità sociale che hanno capitale sociale infimo, alle quali si dà autonomia patrimoniale perfetta e che hanno facoltà di operare senza alcuna limitazione geografica.
Sarebbe auspicabile che l’intero procedimento di riconoscimento della personalità giuridica fosse devoluto, per esempio, ai notai che, al pari dei procedimenti di costituzione e di trasformazione societaria, sono chiamati in causa al posto di ciò che una volta era la funzione svolta dai tribunali. La valutazione del patrimonio si può effettuare utilizzando le medesime metodologie previste per la valutazione dei compendi aziendali mediante l’intervento di un commercialista/revisore contabile.
Quanto al regime di contabilità separata in caso di svolgimento attività commerciali, non occorre codificarlo poiché esso è già normato attraverso la legislazione fiscale (ed è bene che sia così).
E’ invece necessario che nel codice civile siano introdotte norme (attualmente non ci sono) che stabiliscano che le scritture contabili per gli enti senza finalità di lucro, di norma, sono il libro giornale e il libro degli inventari nonché ad ulteriori scritture richieste dalle dimensioni dell’ente. Con leggi speciali possono essere stabiliti sistemi contabili semplificati per gli enti di ridotte dimensioni ma che comunque consentano almeno di redigere un bilancio d’esercizio in forma di rendicontazione finanziaria corredata da un allegato che consenta di definire l’ammontare del patrimonio.
Quanto al bilancio d’esercizio occorre stabilire nel codice civile che il bilancio degli enti senza finalità di lucro si redige annualmente, deve essere approvato dagli organi dell’ente deputati a farlo ed è composto da stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa da redigersi secondo i principi e le raccomandazioni contabili vigenti tempo per tempo.
Se l’ente supera per due anni consecutivi due dei tre limiti:
- proventi oltre un milione di euro,
- il patrimonio netto oltre 100 mila euro
- accesso a fondi pubblici (il 5 per mille NON è fondo pubblico)
il bilancio deve essere accompagnato da una relazione sulla gestione e l’ente deve istituire un organo di controllo interno (collegio dei revisori) al quale affidare il controllo legale e la revisione legale dei conti. Quest’ultima funzione può essere affidata ad una società di revisione legale.
In ogni caso al bilancio deve essere allegata una relazione di revisione del bilancio.
Se l’ente non è tenuto al deposito del bilancio (vedi la parte che riguarda il sistema della pubblicità), deve pubblicarlo sul proprio sito internet
Il bilancio d’esercizio può assumere la forma di una rendicontazione finanziaria in considerazione delle ridotte dimensioni dell’ente (stabilire limiti con un sistema simile al precedente – 2 requisiti su 3)
Estensione alle associazioni non riconosciute del beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’associazione al pari delle società di persone.
Per quanto concerne le procedure concorsuali, sebbene non codificato espressamente, la giurisprudenza è concorde nell’estendere agli enti senza finalità di lucro le norme sul fallimento nel caso in cui l’ente svolga un’attività commerciale.
[Punti riforma Renzi]
2) aggiornamento della legge 266/91 sul Volontariato, sulla base dei seguenti criteri:
- formazione alla cittadinanza del volontariato nella scuola;
- riconoscimento delle reti di volontariato di secondo livello;
- revisione del sistema degli albi regionali e istituzione del registro nazionale;
- ridefinizione dei compiti e delle modalità di funzionamento dell’Osservatorio nazionale;
- riduzione degli adempimenti burocratici e introduzione di modalità adeguate e unitarie di rendicontazione economica e sociale;
- introduzione di criteri più trasparenti nel sistema di affidamento in convenzione dei servizi al volontariato;
- promozione e riorganizzazione del sistema dei centri di servizio quali strumenti di sostegno e supporto alle associazioni di volontariato;
Unica proposta:
coordinamento della legislazione sulle Odv con quella, novellata, del codice civile
[Punti riforma Renzi]
3) revisione della legge 383/2000 sulle Associazioni di promozione sociale al fine di:
- razionalizzare le modalità di iscrizione ai registri;
- ridefinire l’Osservatorio Nazionale dell’Associazionismo;
- una migliore definizione delle modalità di selezione delle iniziative e dei progetti di formazione e sviluppo;
- armonizzare il regime delle agevolazioni fiscali rispetto a quello di altre categorie di enti non profit;
Unica proposta:
coordinamento della legislazione sulle Aps con quella, novellata, del codice civile
Un'osservazione:
il regime delle agevolazioni fiscali non è poi così distante da quello delle altre categorie. Se si intende inserire altre agevolazioni occorrerebbero norme più stringenti.
[Punti riforma Renzi]
4) istituzione di una Authority del Terzo settore;
Nessuna preclusione per l’Authority del Terzo Settore ma, o questo organismo a regime, o altre organismi (Agenzia delle Entrate o Camere di Commercio queste ultime perché già strutturate) in via temporanea, deve essere in grado di porre in essere un sistema di pubblicità degli enti con o senza personalità giuridica, tale per cui da una parte si comunicano i dati essenziali dell’ente e dall’altro il pubblico può accedere liberamente all’anagrafe in modo da conoscere la posizione dell’ente.
E’ auspicabile che anche per gli enti senza finalità di lucro sia posta in essere un sistema di pubblicità dal quale si possa evincere agevolmente il nome degli amministratori e i loro poteri di agire, così come il nome di eventuali procuratori.
Paradossalmente ora gli enti che possono essere iscritti al R.E.A. delle C.C.I.A.A. sono quelli che svolgono un’attività economica (e la cosa è controversa) e di questi si conosce solo il legale rappresentante (di regola il presidente) ma non chi riveste la carica di vice-presidente.
Per gli enti con personalità giuridica, si deve prevedere il deposito annuale del bilancio d’esercizio e i suoi eventuali allegati dopo l’approvazione dell’assemblea (associazioni) o del consiglio di amministrazione (fondazioni). Questo permetterebbe di verificare la solidità patrimoniale di ciascun ente ed eventualmente di intervenire prima che si verifichino situazioni patologiche.
Eliminare il modello EAS perché è un inutile adempimento. Riformare i modelli di comunicazione all’Agenzia delle Entrate e introdurre, a seguito della formazione dell’anagrafe degli enti non profit , un’adeguata modulistica simile alla procedura “com.unica” prevista per le imprese commerciali, a seguito della quale, con un’unica comunicazione, si deposita lo statuto per la registrazione dell’atto, si richiede l’assegnazione del codice fiscale, si pagano le imposte di registro e di bollo se dovute, si iscrive l’ente nelle apposite sezioni, compresa la comunicazione alle province/regioni per la formazione dei registri previsti dalle leggi speciali.
[Punti riforma Renzi]
5) coordinamento tra la disciplina civilistica, le singole leggi speciali e la disciplina fiscale, con la redazione di un Testo unico del terzo settore;
Osservazione:
la formulazione di un testo unico del terzo settore è auspicabile ma è un progetto di medio/lungo termine: vi sono norme (l’I.V.A. per esempio) che necessitano di coordinamenti con le regole dell’Unione europea.
Il testo unico che potrebbe risultare sarebbe un unico provvedimento legislativo che interviene sugli articolati di altri testi unici… mi riferisco al testo unico delle imposte sui redditi, a quello dell’imposta di registro, delle imposte sulle successioni e donazioni, sul decreto I.V.A. ecc.
L’idea di evitare di avere norme “sparse” è lodevole ma occorre veramente avere una visione olistica del settore per non dimenticare pezzi importanti.
Un esempio? il recente ddl di riforma del settore della cooperazione internazionale: mentre tutto l’articolato tende (lodevolmente) a rivedere l’organizzazione del settore (rapporti tra operatori della cooperazione ed istituzioni ecc.), lascia incredibilmente scoperta l’area fiscale per cui nell’articolato si osserva che spariscono:
- il riconoscimento della qualifica di Onlus ope legis delle Ong con la conseguente impossibilità di accesso ai fondi 5 per mille e alla “+ dai – versi” perché la legge n. 49/1987 viene abrogata senza l’introduzione di norme di coordinamento
- il regime di non imponibilità I.V.A. degli acquisti di beni destinati all’estero
- il regime speciale di tassazione dei cooperanti delle Ong
Tutte agevolazioni che già esistono, la cui copertura finanziaria è già prevista negli appostamenti del bilancio dello Stato e per le quali non si vede la ragione per cui dovrebbero essere eliminate.
[Punti riforma Renzi]
Valorizzare il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale
6) aggiornamento della legge 328/2000 con riferimento alla programmazione e gestione dei servizi sociali ai fini della definizione di nuovi criteri e moduli operativi per assicurare la collaborazione degli enti no profit alla programmazione e non solo dell’esecuzione delle politiche pubbliche a livello territoriale;
7) revisione dei requisiti per l’autorizzazione/accreditamento delle strutture e dei servizi sociali e delle procedure di affidamento per l’erogazione dei servizi sociali da parte degli enti locali ad organizzazioni del terzo settore;
8) introduzione di incentivi per la libera scelta dell’utente a favore delle imprese sociali mediante deduzioni o detrazioni fiscali oppure mediante voucher;
A parere di chi scrive, i servizi sociali sono e devono rimanere sotto il controllo statale perché è l’unico modo per garantire l’universalità del sistema.
Una privatizzazione in modo surrettizio attraverso la sussidiarietà così come è stata intesa finora è un modello che non piace perché tende solo a comprimere i costi creando situazioni che rasentano lo sfruttamento della forza lavoro. In altri termini il volontariato, per il solo fatto che si tratta di attività svolte volontariamente, non significa che non debba essere remunerato o remunerato poco, poiché organizzare e mantenere in efficienza i livelli di servizio richiesti comporta il sostenere dei costi e non di poco conto.
Per inciso, vale la pena ricordare che è in corso un procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia europea nel quale l’Italia, con ogni probabilità, risulterà soccombente talché i servizi dovranno essere messi “a gara”.
Perciò concetti come “convenzione” risulteranno completamente rivoluzionati perché, già ora, essi rappresentano una stortura della libera concorrenza: contratti che sarebbero da considerare come “appalto di servizi” sono oggi denominati come “convenzione” e, in quanto tali, sfuggendo alle norme sulle gare, vengono affidati direttamente ed esclusivamente alle organizzazioni del Terzo settore.
[Punti riforma Renzi]
Far decollare l’impresa sociale
9) superamento della qualifica opzionale di impresa sociale, rendendo non facoltativa, ma obbligatoria l’assunzione dello status di impresa sociale per tutte le organizzazione che ne abbiano le caratteristiche;
10) ampliamento delle “materie di particolare rilievo sociale” che definiscono l’attività di impresa sociale;
11) ampliamento delle categorie di lavoratori svantaggiati;
12) previsione di forme limitate di remunerazione del capitale sociale;
13) riconoscimento delle cooperative sociali come imprese sociali di diritto senza necessità di modifiche statutarie e semplificazione delle modalità di formazione e presentazione del bilancio sociale, pur mantenendone l’obbligatorietà;
14) armonizzazione delle agevolazioni e dei benefici di legge riconosciuti alle diverse forme del non profit;
15) promuovere il Fondo per le imprese sociali e sostenere la rete di finanza etica;
La norma sull’impresa sociale (d.lgs. 155/2006) deve essere completamente rivista poiché i soggetti che provengono dal settore “for profit” non hanno alcun vantaggio pratico/fiscale dall’esercizio di un’impresa sociale (anzi ne hanno degli svantaggi)
Al pari gli enti senza finalità di lucro, svolgendo attività di rilievo sociale, non godono di ulteriori vantaggi. Il risultato è che ciascun soggetto rimane nel proprio alveo e l’istituto giuridico è svuotato di qualsiasi contenuto pratico.
La norma è nata male, coltivata peggio e infine lasciata al proprio destino anche se ogni tanto si è tentato di “riesumarla” con lanci giornalistici (tipo: “sono più di ventimila le imprese sociali…”) di dubbia veridicità.
Quanto al punto 13) prima di inserire l’obbligo della rendicontazione sociale occorre che ne siano definiti compiutamente il concetto e la struttura.
[Punti riforma Renzi]
Assicurare una leva di giovani per la “difesa della Patria” accanto al servizio militare: il Servizio civile nazionale universale, da disciplinare sulla base dei seguenti criteri:
16) garantire ai giovani che lo richiedono di poter svolgere il Servizio Civile Universale, fino ad un massimo di 100.000 giovani all’anno per il primo triennio dall’istituzione del Servizio;
17) tempi di servizio in linea con la velocità delle trasformazioni che permettano ai giovani di fare una esperienza significativa che non li tenga bloccati per troppo tempo (8 mesi eventualmente prorogabili di 4 mesi);
18) partecipazione degli stranieri al SCN;
[purché ne derivi un beneficio per loro per esempio ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana]
19) previsione di benefit per i volontari, quali: crediti formativi universitari; tirocini universitari e professionali; riconoscimento delle competenze acquisite durante l’espletamento del servizio;
20) stipula di accordi di Regioni e le Province autonome con le Associazioni di categorie degli imprenditori, associazioni delle cooperative e del terzo settore per facilitare l’ingresso sul mercato del lavoro dei volontari, la realizzazione di tirocini o di corsi di formazione per i volontari;
21) possibilità di un periodo di servizio in uno dei Paesi dell’Unione Europea avente il Servizio Civile volontario in regime di reciprocità;
Dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del terzo settore, attraverso:
22) il riordino e l’armonizzazione delle diverse forme di fiscalità di vantaggio per gli enti del terzo settore, con riferimento ai regimi sia delle imposte dirette che indirette, anche al fine di meglio chiarire la controversa accezione di “modalità non commerciale”;
Spesso si fa finta di non conoscerlo. Ma questi sono comportamenti “patologici” degli operatori
Mi riferisco alle (troppe) palestre per il fitness travestite da associazioni sportive dilettantistiche.
Si tratta di situazioni che l’Agenzia delle entrate smonta (a volte in modo maldestro e quindi poi soccombe nei vari gradi di giudizio) con un’azione ormai costante. Un’altra situazione anomala è il “bar” gestito all’interno dei circoli sportivi. Ormai la giurisprudenza è costante nel considerarla “attività commerciale” ancorché rivolta ai soli soci.
Forse è necessaria solo una norma di tipo interpretativo.
[Punti riforma Renzi]
23) il potenziamento del 5 per mille, prevedendo:
- la revisione della platea e l’identificazione stabile dei soggetti beneficiari e il loro inserimento in un elenco liberamente consultabile;
- la possibilità di destinare il 5 per mille non solo dell’Irpef, ma anche delle imposte sostitutive per i contribuenti cosiddetti “minimi”;
- l’obbligo, per i soggetti beneficiari, di pubblicare on line i propri bilanci utilizzando uno schema standard, trasparente e di facile comprensione;
- l’eliminazione del tetto massimo di spesa, onde evitare che il 5 per mille si riveli in realtà il 4 per mille o anche meno;
- la semplificazione delle procedure amministrative a valle del calcolo dei contributi spettanti a ciascun beneficiario, così da superare gli attuali tempi di erogazione delle quote spettanti;
La questione del 5 per mille è già oggetto di altri disegni di legge
Estendere il 5 per mille anche alle dichiarazioni dei contribuenti minimi soggetti ad imposte sostitutive è condivisibile ma gli importi risultanti sono alquanto minimi.
Posto che il contribuente in questione abbia un reddito di 30.000 euro perché senza alcun costo deducibile (caso improbabile), il 5 per mille corrispondente potrebbe andare da un minimo di 7,5 euro ad un massimo di 30 euro.
E poi mi domando: ma non è già così? Nel senso: nelle istruzioni al modello Unico non si è mai letto che i contribuenti minimi non possano attribuire l’8 per mille o il 5 per mille…
Le questioni fondamentali del 5 per mille sono:
- l’eliminazione del massimale dei fondi destinati al 5 per mille
- l’eliminazione del carattere “annuale” del provvedimento. La norma deve essere stabile e non legata a successive proroghe.
[Punti riforma Renzi]
24) la promozione dei titoli di solidarietà già previsti dal D.Lgs. 460/97;
Pensare alla possibilità per gli enti del terzo settore di emettere titoli o strumenti finanziari è cosa pericolosa assai in termini di garanzie patrimoniali e di mancanza di coordinamento con le norme del TUF.
Francamente abbiamo assistito già a troppi default in questi anni di società che erano pure quotate in Borsa e quindi avrebbero già dovuto sottostare a controlli assai stringenti. Non vorrei che si iniziasse con gli enti del Terzo settore visto che le cronache giudiziarie lombarde hanno già evidenziato situazioni patologiche.
Concedere agevolazioni fiscali agli investitori non mi pare una buona idea: per l’investitore si tratta sempre di rendite finanziarie ancorché derivanti da finanziamenti a settori socialmente utili.
Si tenga presente che l’investitore, nel caso di titoli della solidarietà, sottoscrive dei certificati di deposito emessi da un istituto di credito e quindi il contratto è tra l’investitore e la banca ma l’investitore non può decidere quale ente finanziare. E’ l’istituto di credito che finanzia l’intero sistema non profit .
Se si vogliono ottenere risultati diversi, occorre ripensare completamente la norma ed introdurne altre.
[Punti riforma Renzi]
28) introduzione di nuove modalità per assegnare alle organizzazioni di terzo settore in convenzione d’uso immobili pubblici inutilizzati;
Prima di legiferare, occorrerebbe utilizzare i termini corretti: non esiste infatti la “convenzione d’uso di immobili”. Esiste, già normato nel codice civile, il contratto di comodato, contratto essenzialmente gratuito per cui è pleonastico aggiungere le parole “gratuito” o “d’uso” perché il contratto di comodato:
- se fosse “a pagamento” sarebbe un contratto di locazione
- prevede già l’uso/utilizzo di un bene o di un complesso di beni
Oppure c’è la possibilità di locare gli immobili o di concederne l’usufrutto.