Il quesito
Risposta di: Maurizio MOTTOLA
L’attività svolta dall’atleta in questione può essere “compensata” come “promozione diretta di sport dilettantistico”, quantunque lo stesso atleta sia “imprenditore” e quindi titolare di redditi di impresa, essendo tale ultima attività estranea a quella sportiva e presumibilmente a questa prevalente (per tempo impiegato e relativi redditi). Il soggetto sarebbe imprenditore per “mestiere” e sportivo per “diletto”.
I redditi percepiti dall’atleta, come “sportivo dilettante”, possono essere qualificati, secondo la normativa vigente di cui al T.U.I.R. (d.p.r. 917/1986), come “redditi diversi” (dal lavoro subordinato o autonomo), assoggettabili al regime fiscale e previdenziale di favore, a condizione che:
- il sodalizio sportivo promuova discipline dilettantistiche riconosciute dal CONI;
- lo sportivo non svolga l’attività presso il sodalizio in qualità di “lavoratore” subordinato o in qualità di “libero professionista”, nel senso, per quest’ultimo, di attività abituale e continuativa.
Opposto sarebbe, a titolo esemplificativo, il caso del “massaggiatore” sportivo che fosse titolare di partita IVA in quanto “professionista” nel settore specifico. Quantunque costui esercitasse l’attività presso un sodalizio sportivo dilettantistico, non potrebbe godere del trattamento di favore per i compensi da questo erogati nei suoi confronti. Tali redditi non potrebbero essere considerati “diversi” ma sarebbero attratti nel regime ordinario del “lavoro autonomo”.
Sul tema dei compensi sportivi con particolare riferimento alla nuova disciplina introdotta con la Riforma dello sport (e alla luce del d.lgs. n. 36/21, sia nel testo pubblicato in G.U. 18.03.2021 sia nel testo modificato e integrato dallo schema del decreto correttivo in corso di approvazione) si veda anche il recentissimo articolo di Biancamaria Stivanello, Inquadramento degli istruttori sportivi: tre scenari possibili