Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO

Accade spesso, soprattutto nei sodalizi di modeste dimensioni e non particolarmente strutturati, che il presidente o altri componenti dell’organo direttivo svolgano varie prestazioni a titolo oneroso all’interno dell’associazione, fungendo anche da allenatori o istruttori: l’attività è consentita perché in linea generale non vi sono preclusioni, divieti o incompatibilità previste dalla legge, salve specifiche disposizioni statutarie in senso contrario. Tuttavia per operare correttamente vanno sempre valutate le circostanze del caso concreto e il rispetto di una serie di condizioni che assolvano alla finalità e alla gestione non lucrativa dell’ente.
Innanzitutto valga una precisazione: la previsione di gratuità degli incarichi direttivi contenuta inizialmente al comma 18 dell’art. 90, l. 289/02 è stata superata fin dalle modifiche apportate dal d.l. n. 72/2004. Se lo statuto prevedesse ugualmente la gratuità per tali incarichi, va considerato che la natura e la causa dei compensi agli amministratori è del tutto diversa rispetto all’attività didattica: altro è percepire un compenso, un’indennità, un rimborso spese/gettone di presenza quale componente del consiglio direttivo e quindi per le attività inerenti all’assunzione della carica; altro è percepire compensi a fronte dell’attività di istruttore (a meno che lo statuto non contenga limitazioni o divieti particolari estesi anche alla pratica sportiva). Per completezza si ricorda che l’eventuale compenso/indennità/gettone percepito quale componente del consiglio direttivo non potrebbe godere dell’agevolazione prevista per i compensi sportivi e amm.vi gestionali, ma dovrebbe essere tassato fiscalmente quale reddito assimilato al lavoro dipendente.
Va inoltre preliminarmente verificato se lo statuto o i regolamenti degli organismi affilianti – FSN, DSA, EPS – non contemplino un espresso divieto o una espressa incompatibilità tra la qualifica di dirigente e quella di istruttore o tecnico.
Escluse eventuali limitazioni, nel caso in cui l’istruttore eserciti professionalmente detta attività e sia titolare di posizione IVA, potrà instaurarsi un rapporto di collaborazione autonoma tra l’associazione, in persona del presidente legale rappresentante, e l’istruttore mediante un conferimento di incarico professionale che stabilisca preventivamente la durata dell’incarico e il compenso, parametrandolo all’attività esercitata. L’incarico andrà deliberato dall’organo direttivo e per ovviare a un potenziale conflitto di interessi – stante la duplicità delle posizioni in capo alla medesima persona – andrà preferibilmente approvato con l’astensione del presidente. È preferibile anche formalizzare l’incarico e l’accettazione per iscritto, prima che le prestazioni abbiano esecuzione (all’inizio della stagione sportiva o prima dell’avvio dei corsi e delle attività didattiche, stabilendo e predeterminando durata dell’incarico e ammontare dei compensi secondo quanto deliberato dall’organo direttivo).
L’aspetto che richiede una più attenta valutazione è la misura del compenso, stante il divieto di distribuzione di utili anche in forma indiretta prevista sia dall’art. 90, l. 289/02, sia dalle disposizioni tributarie per gli enti associativi e in particolare dall’art. 148 comma VIII T.U.I.R e art. 4, d.p.r. 633/72 a fini IVA.
Al riguardo non vi sono espresse disposizioni dettate per le a.s.d. o per gli enti associativi in generale, ma si ritengono applicabili le specifiche disposizioni già dettate per le o.n.l.u.s. (art. 10, d.l.vo n. 460/97 comma 6) [1] e ora ridefinite dal Codice del Terzo Settore (d.lg.vo 117/2017) che all’art. 8 – dopo aver ribadito il divieto di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori e altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo – individua una serie di fattispecie, in parte sovrapponibili a quanto già previsto per le ONLUS, che si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili e, tra le altre, per quanto qui di interesse:
a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’ attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
b) la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h) (ovvero prestazioni sanitarie, formazione universitaria, ricerca scientifica di particolare interesse sociale)
In particolare si richiama l’attenzione sul punto b) che rispetto alla precedenti previsioni, riferite al lavoro dipendente – ma come detto già estese dalla prassi ai compensi sportivi dilettantistici – si riferisce espressamente anche i rapporti di lavoro autonomo.
La nuova disposizione è dettata per gli Enti del Terzo Settore – e quindi non per le a.s.d. che non vengono interessate dalla riforma – ma trattandosi di principio generale che il legislatore ha voluto ribadire e in qualche modo perfezionare con la riforma organica del terzo settore, sembra possibile ipotizzare sia una sua applicazione immediata, sia una sua estensione ad altri enti senza finalità di lucro indipendentemente dall’assunzione della qualifica di ETS (così come la prassi aveva già ritenuto applicabile in via generale a tutti gli enti associativi la previsione dell’art. 10 del d.lg.vo 460/97 dettata per le ONLUS): vale in definitiva come parametro di riferimento per il non profit in generale e va dunque prudenzialmente tenuto in considerazione al momento di determinare il compenso da riconoscere al presidente-istruttore.
Peraltro, il CCNL non è il solo parametro antielusivo per capire quando l’erogazione di un compenso o di un emolumento possa configurare o sottendere una distribuzione indiretta di utili, perché è doveroso considerare anche ulteriori aspetti di rilevanza “interna” nella gestione del rapporto: in particolare si dovrà escludere un trattamento più favorevole e ingiustificato all’istruttore-presidente rispetto ad altri collaboratori che a parità di mansioni, qualifiche e responsabilità percepiscano compensi inferiori.
Quanto agli adempimenti, la a.s.d. in qualità di committente di prestazione professionale di natura sportiva dovrà aprire una posizione INPS – gestione PALS (ex ENPALS) e assolvere agli oneri contributivi pari al 34,28% di cui 9,19 % a carico dell’istruttore. Per maggiori dettagli si rinvia al contributo di F. Fabietti, I Compensi Sportivi nella pratica – Slide proiettate a Milano in occasione del Convegno nazionale Fiscosport in Newsletter n. 12/2019, che riporta prospetti analitici sul costo delle collaborazioni anche con riferimento alle prestazioni di lavoro autonomo professionale.
1 Cfr. Circolare n. 124/E del 22/5/1998; Circolare 128/E del 26/6/1998; Risoluzione n.294/E del 10/9/2002; Risoluzione 9/E del 25/1/2007 per l’applicabilità della presunzione non solo agli stipendi nel rapporto di lavoro dipendente ma anche ai compensi sportivi dilettantistici di cui all’art. 67 comma I lett.m) t.u.i.r.