La pubblicazione della sentenza CTP Lecco 109/01/13, avvenuta lo scorso mese di ottobre 2013, ci consente di ritornare sul tema delle attività connesse alla promozione sportiva in senso stretto effettuate dai sodalizi sportivi costituiti nella forma di a.s.d. (cfr. Newsletter Fiscosport 21/2013, Commento a sentenza CTP Varese 109/01/13 del 2/8/13 – Attività di ricovero e accudimento dei cavalli nei circoli equestri).
1. La vicenda
Attraverso separati ricorsi, proposti dinanzi alla CTP Lecco, una a.s.d., con sede in Bellano e operativa nel settore sportivo della Vela, si opponeva a diversi avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate di Lecco a seguito di un processo verbale di constatazione (PVC).
L'Agenzia delle Entrate di Lecco chiedeva il versamento delle imposte IRES, IVA e IRAP determinate in virtù della qualificazione tributaria come "attività commerciale" imponibile ai fini delle imposte dirette e indirette di talune prestazioni di servizi effettuate dall'associazione in questione.
Nel periodo di imposta oggetto di accertamento l'a.s.d., oltre alla tipica attività istituzionale di promozione della pratica sportiva velica, offriva ai propri associati e occasionalmente anche a terzi qualificati il servizio di deposito e rimessaggio delle imbarcazioni di loro proprietà dietro il versamento di uno specifico corrispettivo.
Nei ricorsi l'a.s.d. sosteneva che, sebbene l'Agenzia delle Entrate nel PVC avesse riconosciuto la natura dilettantistica del sodalizio sportivo, tuttavia aveva considerato "commerciali" e quindi imponibili quelle prestazioni che invece, ai sensi degli articoli 143, comma 1, e 148 TUIR, non lo sono se:
- rese in conformità alle finalità istituzionali;
- senza specifica organizzazione;
- verso il pagamento di corrispettivi specifici non eccedenti i costi di diretta imputazione;
- agli associati o a terzi qualificati.
2. La decisione della CTP
Secondo l'autorevole opinione della Commissione adita, non è discutibile la natura dilettantistica dell'a.s.d. ricorrente, per quanto rilevabile dallo Statuto sociale e per quanto ammesso dall'Agenzia delle Entrate in sede di PVC.
E' altrettanto indiscutibile che le "attività logistiche" come l'ormeggio e il rimessaggio dei natanti presso la sede sociale (espressamente previste dallo Statuto sociale) siano indispensabili al fine di consentire lo svolgimento della pratica sportiva.
A supporto delle proprie tesi, la Commissione si uniforma al disposto della sentenza 4626/11 della Suprema Corte di Cassazione, relativamente a una fattispecie analoga. La Cassazione stabilisce che, posta la natura di associazione sportiva dilettantistica (nella forma e sopratutto nella sostanza) di un circolo velico, i servizi di ormeggio e rimessaggio delle imbarcazioni prestati nei confronti degli associati e di terzi qualificati, in conformità alle finalità istituzionali, sono considerati essenziali allo svolgimento delle attività sportive.
La Commissione ritiene quindi applicabile al caso di specie il comma 1 dell'articolo 143 T.U.I.R., accoglie i ricorsi della a.s.d., annulla gli avvisi di accertamento e condanna l'Agenzia al pagamento delle spese processuali.
3. Conclusioni
Le due sentenze delle CTP di Varese e Lecco, relative a due fattispecie del tutto analoghe, stabiliscono un concetto fondamentale al fine di aiutare gli operatori del mondo sportivo dilettantistico a delimitare il confine tra attività sportiva istituzionale, attività commerciale "connessa strutturalmente" agli obiettivi istituzionali e attività commerciale tout court.
Se le attività "oggettivamente commerciali", come il ricovero e l'accudimento dei cavalli o l'ormeggio e il rimessaggio dei natanti, sono tali da rendere di fatto impraticabili le attività sportive (equitazione o vela) in loro assenza, allora i relativi corrispettivi pagati dagli associati (o dai terzi) non sono imponibili, trovando piena applicazione l'articolo 143, comma 1, T.U.I.R. e l'articolo 148 T.U.I.R.
Per correttezza e completezza di trattazione occorre specificare che si tratta solo delle decisioni assunte nel primo grado di contenzioso e quindi appellabili e soggette a eventuali opposti giudizi, ma non possiamo che essere concordi con quanto affermato da entrambe le Commissioni.
A partire dalla fine del 2013 abbiamo letto e commentato diversi documenti di prassi e giurisprudenza che testimoniano l'assunzione di una posizione più morbida da parte dell'Amministrazione Finanziaria, del Ministero del Lavoro e della Giustizia Tributaria nei confronti dei sodalizi sportivi dilettantistici.
Magari è ancora presto per affermare che la "caccia alle streghe" è giunta a conclusione ma la strada intrapresa è decisamente più agevole.
Se i sodalizi sportivi dilettantistici forniscono la prova di rispettare i principi di democrazia interna nella sostanza e meritano la qualifica di enti non commerciali, non possono essere puniti severamente per il mancato rispetto di taluni requisiti di carattere formale.
Se i sodalizi sportivi dimostrano la natura "dilettantistica", di meritare la qualifica di enti non commerciali e sono riconosciuti dal CONI, nel momento in cui erogano compensi per la promozione della pratica sportiva statutariamente prevista devono poter applicare serenamente il disposto delle norme agevolative di settore.
Se i sodalizi sportivi offrono talune prestazioni di servizi "strutturalmente connessi" alla pratica sportiva ed espressamente previsti dallo Statuto adottato, devono poter tranquillamente considerare i relativi corrispettivi specifici non imponibili fiscalmente.
Se l'imprenditore investe nel mondo sportivo dilettantistico, tramite le sponsorizzazioni, deve poter dedurre i costi sostenuti, come espressamente previsto dalla normativa vigente, indipendentemente dal ritorno economico conseguito.
L'alternativa sarebbe la lenta scomparsa della pratica sportiva dilettantistica, non per forza di legge, e la comparsa di tante nuove realtà che svolgono "attività sportive commerciali" che, se in mala fede, avrebbero tanti strumenti per evadere o eludere le imposte.