Ci scusiamo per il tono estremamente diretto del titolo del presente articolo, ma il sistema conosciuto come “sovrafatturazione” continua purtroppo ad essere praticato…
La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 42892 depositata il 20 settembre 2017, offre l’occasione per ribadire l’assoluta censura di questo tipo di comportamento.
L’art. 1, lett. a) d.lgs n. 74/2000 (c.d. “legge manette agli evasori”), definisce quali fatture inesistenti anche documenti che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale.
Ricordiamo che la gravità del comportamento oggetto del presente intervento, viene sanzionato a livello penale ai sensi degli articoli 2 e 8 del decreto citato, che trattano rispettivamente delle seguenti violazioni: “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” e “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.
La differenza tra le due fattispecie di reato sopra previste riguarda l’ “utilizzo” e l’ ”emissione” di fatture per operazioni inesistenti.
La contestazione della inesistenza, totale o parziale (sovrafatturazione) delle prestazioni oggetto dei contratti è sanzionata con violazioni aventi natura di reato penale che prevedono: la detenzione; il sequestro conservativo finalizzato alla confisca dell’illecito profitto, rappresentato dalle somme evase e dai relativi interessi; l’applicazione di pene accessorie, quali l’interdizione dai pubblici uffici e dagli uffici direttivi delle imprese e l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione.
Si ricorda, inoltre, che indipendentemente dall’importo della fattura falsa utilizzata (art. 2), o emessa (art. 8), la pena sarà rappresentata dalla reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
Su questo scenario si innesta la recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione penale, n. 42892, depositata il 20 settembre 2017, in cui le fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti vengono equiparate a “tossine” da reprimere “sin dalla loro emissione”.
La Corte afferma che il disposto normativo di cui all’articolo 8 del D.lgs. n. 74/2000 prevede un reato di “pericolo”, per cui colui che emette o rilascia fatture per operazioni inesistenti può essere condannato anche qualora venga a mancare l’utilizzazione dei documenti da parte dei beneficiari.
Ovvero, la sanzione si rende applicabile a prescindere dall’effettivo utilizzo di una falsa fattura, a prescindere dall’evasione di imposta che ne consegue. Inoltre, precisa la Corte: si tratta di un reato di pericolo o di mera condotta, per la cui sussistenza non è necessario che le fatture siano state registrate in contabilità
Ovvero, ai fini dell’integrazione del reato, non è necessario che l’autore cagioni un danno effettivo al fisco: per configurare l’illecito è sufficiente che il fine di consentire a terzi l’evasione (a prescindere che essa poi si verifichi o meno) sussista al momento del rilascio della fattura.
In conclusione, al di là degli aspetti tecnici evidenziati dalla sentenza, si raccomanda ai dirigenti dei solidalizi sportivi di rifuggire da comportamenti quali quelli oggetto del presente articolo.