Va sempre tenuto presente che la determinazione del totale dei ricavi commerciali a cui applicare la percentuale forfetaria del 3% è nettamente diversa fra a.s.d. e s.s.d. (si veda fra l’altro S.s.d. a r.l. e regimi contabili, in Newsletter n. 18/2017).

Mentre le prime sono enti non commerciali, per i quali quindi la “normalità” è l’attività istituzionale e l’attività commerciale è qualcosa che sta “accanto” a essa, le seconde sono enti commerciali, la loro attività è per natura commerciale, e la legge può stabilire (ed effettivamente stabilisce) che alcuni fra i ricavi sono irrilevanti fiscalmente.

Da tale “punto di vista” diametralmente opposto discende che per le s.s.d. sono non commerciali solo i ricavi così specificatamente definiti dalla legge, in questo caso l’art. 148, III comma, del T.U.I.R..

Ora, tale ben noto comma (dettato per alcuni enti non commerciali ed esteso alle s.s.d. dall’art. 90 della Lgge 289/2012) stabilisce, per quanto qui ci interessa, che “non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti … dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali“.

L’attività di iscrizione e tesseramento è attività “svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali”?

Anche se è evidente che iscrizione e tesseramento sono indispensabili per accedere all’attività sportiva, in una verifica particolarmente “aggressiva” non possiamo escludere che la questione possa essere sollevata. Volendo essere estremamente prudenti si potrebbe includere tale importo nella quota di iscrizione all’attività sportiva svolta, quota che è invece certamente decommercializzata.