1. Il caso
La pronuncia è resa in una causa civile promossa dai genitori di un minore infortunato durante un allenamento di karate mentre eseguiva tecniche dimostrative di combattimento in preparazione di un saggio, i quali convenivano in giudizio sia la società sportiva (a.s.d.) assumendo la responsabilità contrattuale della stessa, sia gli istruttori personalmente assumendo la responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2048 c.c. Assumevano anche la responsabilità extracontrattuale della società per fatto illecito degli istruttori.
2. La sentenza
La sentenza, in linea con altri precedenti specifici sulla pratica delle arti marziali, ma in applicazione di principi che si possono estendere a tutti i casi in cui le a.s.d. rivolgono le loro attività ai minori, ha ritenuto sussistere innanzitutto la responsabilità contrattuale della società.
L’a.s.d., secondo il principio generale dell’art.1218 c.c., è chiamata a rispondere per aver violato l’obbligo di garantire ai propri associati lo svolgimento dell’attività sportiva nel rispetto delle regole di prudenza e diligenza e di assicurare adeguate tutele contro le lesioni della propria incolumità fisica, conforme al precedente Trib. Genova, 4/5/2000.
Il limite di siffatta responsabilità è quello dei rischi tipici e normalmente connessi nell’attività sportiva praticata che si devono ritenere accettati dal minore e dai suoi genitori all’atto di iscrizione all’attività sportiva, nonchè socialmente adeguati nel momento in cui una determinata attività sportiva viene consentita e anzi agevolata e promossa (come ha avuto modo di affermare Trib. Rovereto, 6/8/2010 per lesioni occorse durante un’attività di calcio).
Tuttavia il limite opera solo se non sussistano violazioni agli obblighi di prudenza e diligenza e di assicurazione dell’incolumità fisica degli atleti (che possono ravvisarsi ad esempio, come nel caso di specie, nella scelta di accoppiamento di atleti di diversa preparazione e nell’omissione di accorgimenti antinfortunistici).
Inoltre, a titolo di responsabilità extracontrattuale, sono stati ritenuti responsabili anche gli istruttori/allenatori ai sensi dell’art.2048 c.c. (Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte) perchè il danno si è verificato nel tempo in cui gli stessi avevano in affidamento l’atleta autore del colpo lesivo. Si segnala che la prova liberatoria per tale responsabilità è particolarmente onerosa in quanto – a differenza della regola generale in tema di responsabilità da fatto illecito secondo la quale è il danneggiato che deve provare sia il nesso di causalità sia il danno ingiusto – qui è l’istruttore/allenatore che ha l’onere di dimostrare di non aver potuto impedire il fatto.
Il Tribunale ha invece escluso che la società sia responsabile per il fatto illecito degli istruttori (art. 2049 c.c. che pone una responsabilità indiretta in capo a datori di lavoro e preponenti in genere per danni arrecati da collaboratori) in quanto è emerso che gli allenatori erano meri volontari che svolgevano la loro prestazione a livello dilettantistico e non professionale.
3. Osservazioni
La decisione rileva non tanto per l’affermazione delle predette responsabilità, che applicano i principi generali brevemente richiamati, ma soprattutto perchè resa in un caso di attività puramente dimostrativa e non agonistica che, secondo il Giudice, porta a valutare restrittivamente fino ad escludere la sussistenza del principio di accettazione del rischio (cioè del normale rischio in una disciplina a contatto necessario, come nelle arti marziali).
Nella fattispecie la totale assenza di spirito agonistico e di spinta verso la vittoria, scrive il Giudice, imponevano agli atleti (e quindi agli istruttori che vigilavano su di essi) un comportamento particolarmente accorto e prudente: l’atleta autore del colpo lesivo, peraltro di preparazione superiore rispetto all’avversario, avrebbe dovuto calibrare la tecnica; invece l’entità delle lesioni riportate dal compagno è risultata sintomatica di un’energia e di una violenza nell’esecuzione del colpo in alcun modo giustificate dalla manifestazione dimostrativa e non competitiva in cui gli atleti erano impegnati.
* Biancamaria Stivanello – Avvocato in Padova