Torniamo ancora una volta sulla problematica dei certificati medici, a conferma del fatto che si tratta di una questione controversa e che, probabilmente, la recente normativa non è riuscita a regolare in modo chiaro ed esaustivo, nè a sopire tutti i dubbi. 

Dalla formulazione della domanda sembra che l'ASD affiliata alla FIGC gestisca anche una palestra, ove vengono offerte ai soci attività, che, ad eccezione del calcetto, non sono propriamente riconducibili alle attività sportive di cui la FIGC è l'ente esponenziale (utilizzo di macchinari, corsi di step, zumba, e spinning). Se una simile interpretazione è corretta, sarebbe opportuno, secondo l'impostazione prevalente, chiedere ai soci l'esibizione del certificato medico perchè la definizione di attività non agonistica offerta dall'art. 3 del Decreto Balduzzi riguarda "tutti coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline sportive associate, agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che non siano considerati atleti agonisti ai sensi del D.M. 18 febbraio 1982".

Una simile richiesta è necessaria ove le prestazioni siano rese a soggetti tesserati. Alcuni dubbi sono stati sollevati nel caso in cui siano erogate a soci non tesserati. Le perplessità non sembrano invero meritevoli di accoglimento, considerato che solo il possesso di un valido certificato medico consente di offrire un'adeguata tutela della salute dei praticanti attività motoria e un esonero da responsabilità (civile e penale) per il gestore dell'impianto.

Ove, viceversa, la formulazione del quesito non fosse corretta, posto che si tratta di una palestra gestita da un ente avente natura giuridica diversa dall'ASD, in quanto non affiliato ad una FSN, EPS o DSA,  suggerisco al lettore di consultare il regolamento della propria Regione in materia di impianti sportivi; la regolamentazione degli impianti sportivi destinati all'attività di fitness è, infatti, demandata alle Regioni.