Il quesito
Risposta di: Redazione Fiscosport

L’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 36/2021 dispone che, ricorrendone i presupposti, l’attività di lavoro sportivo possa essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, n. 3, c.p.c.
Nel dilettantismo, il lavoro sportivo si considera autonomo quando:
a) la durata delle prestazioni non supera le 24 ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive;
b) le prestazioni risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti federali o degli enti di promozione sportiva.
Il rispetto di entrambe le condizioni consente, dunque, di presumere che il rapporto sia genuinamente autonomo. Il superamento del limite orario non determina di per sé la trasformazione automatica del rapporto in lavoro subordinato, né comporta l’invalidità del contratto ma rileva esclusivamente ai fini della presunzione legale di autonomia, con la conseguenza che potrebbe essere necessario verificare in concreto la natura del rapporto come genuinamente autonomo. In tale evenienza, l’onere della prova ricade sul sodalizio sportivo, che dovrà dimostrare l’assenza di elementi tipici della subordinazione: eterodirezione, continuità organizzativa, inserimento stabile nella struttura, ecc.
Più in dettaglio: la natura del rapporto si accerta applicando i criteri civilistici ordinari:
- l’art. 2222 c.c. definisce il lavoratore autonomo come colui che si obbliga a compiere un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione;
- l’art. 2094 c.c. qualifica invece il lavoratore subordinato come colui che presta la propria attività alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
È dunque possibile stipulare contratti di collaborazione sportiva per un numero di ore superiore, a condizione di:
- mantenere modalità di esecuzione compatibili con la natura autonoma del rapporto;
- formalizzare in modo chiaro il contenuto e l’organizzazione dell’attività;
- valutare, ove opportuno, il ricorso alla certificazione del contratto presso gli organismi competenti, così da ridurre il rischio di future contestazioni.
Si ricorda in chiusura che il limite si riferisce a ciascun contratto con un singolo committente, non al totale delle ore svolte dal lavoratore.