Il contenzioso amministrativo sindacale tra le imprese sportive ed i loro dipendenti e liberi professionisti è occasione di originale disquisizione e di interessante approfondimento.
La natura della prestazione, la tipologia di datore di lavoro, che risulta essere percettore non di una mera prestazione valutata in termini strettamente economici, le somme monetarie che vengono amministrate nei rapporti sportivi rendono molto spesso il contenzioso poco utilizzabile, fortunatamente per la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori.
Può accadere in taluni casi che il contenzioso sindacale possa instaurarsi con conseguenze e rilevanze economiche notevoli per gli attori dello stesso.
I lavoratori sportivi hanno le stesse tutele dei lavoratori degli altri settori, quindi in caso di mancato pagamento di retribuzioni, di non rispetto delle condizioni contrattuali, il prestatore può adire gli organi preposti in materia.
Il contenzioso in materia di lavoro si divide in amministrativo e giudiziario.
Per poter adire l’A.G.O. il lavoratore che avanza pretese nei confronti della società sportiva di natura sindacale o retributiva deve obbligatoriamente prima ricorrere alla Commissione di conciliazione istituita presso
Il settore dilettantistico ed il settore professionistico non hanno differenze di procedure, quello che è diverso è la natura e l’entità del contendere in termini economici e non solo.
Qualora il tentativo obbligatorio di conciliazione non arrivi ad una transazione della vertenza sindacale, il lavoratore sportivo può ricorrere al Giudice del lavoro, il quale in sede di prima udienza intenterà un ulteriore tentativo conciliatorio, dopo del quale, in caso di esito negativo, inizierà la vertenza giudiziaria.
L’iter sinteticamente sopra descritto può essere diverso per quanto concerne le vertenze che hanno per soggetti i contraenti di un rapporto di lavoro instaurato ai sensi della legge 21 marzo 1981 n. 91.
I lavoratori rientranti nella qualifica di sportivi professionisti devono avere le caratteristiche previste dall’art. 2 della legge 91.
Gli sportivi professionisti che stipulano un rapporto di lavoro subordinato con una società sportiva devono avere un contratto scritto, che deve essere depositato presso la federazione sportiva nazionale di appartenenza per l’approvazione.
Nel contratto di lavoro dello sportivo professionista può essere prevista una clausola compromissoria, con la quale controversie concernenti l’applicazione del contratto sono definite da un collegio arbitrale, che deve essere già definito nel numero dei componenti all’interno del contratto individuale di lavoro.
L’arbitrato potrebbe sostituire il tentativo obbligatorio di conciliazione? La risposta è no.
L’arbitrato costituisce un ulteriore stadio del contenzioso tra sportivo dipendente e società, ma solo per determinate categorie di lavoratori dello sport e precisamente quelli considerati sportivi professionisti aventi le caratteristiche della legge 91 del 1981.
Quindi il contratto individuale di lavoro può prevedere una clausola compromissoria che contenga la possibilità di utilizzare in caso di controversie l’arbitrato, ma qualora l’arbitrato non raggiunga il risultato di soddisfare le parti in relazione alle loro pretese, o ragioni, non si può affermare che l’arbitrato sia l’unico grado di giudizio.
Inoltre in termini temporali la legge 91 è antecedente alla legge 108 del 1990 che all’art. 5 dispone l’obbligatorietà del tentativo obbligatorio di conciliazione, così come previsto dall’art. 410 e 411 del codice di procedura civile.
Ritornando alle tipologie atipiche di rapporto, come le collaborazioni coordinate e continuative, gli associati in partecipazione e i collaboratori a progetto, anche per questi lavoratori vige la procedura sopra descritta in caso di contenzioso lavorativo.
Naturalmente per questi lavoratori parasubordinati non può applicarsi la normativa della Legge 91/81.
In caso di mancato deposito del contratto di lavoro presso la federazione, può essere considerato nullo il contratto di lavoro tra la società sportiva ed il lavoratore professionista?
La società è comunque tenuta alla comunicazione al centro per l’impiego dell’avvenuta assunzione dello sportivo, e questo adempimento è rintracciabile nell’art. 4 della legge 91 che al comma 1 stabilisce che il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta.
Se non vengono rispettati questi due adempimenti il rapporto è nullo.
Il contratto di lavoro deve essere secondo la tipologia concordata tra la federazione sportiva nazionale ed i rappresentanti delle categorie di sportivi. Interessante sarebbe comprendere eventuali margini per lo sviluppo di una contrattazione per l’ammodernamento della contrattualistica.
Ulteriore materia di contenzioso è l’aspetto dei lavoratori stranieri, che si suddividono in due macro categorie: comunitari ed extracomunitari.
Per i primi occorre far riferimento alle normative in materia di libera circolazione e quindi il contratto dello sportivo professionista dovrebbe essere ricondotto a tipologie inerenti la normativa comunitaria, e quindi il contratto potrebbe essere stipulato con clausole del diritto comunitario, che potrebbero rendere non applicabili alcune normative italiane.
Per i lavoratori extracomunitari, posto che il loro ingresso in Italia è subordinato all’applicazione della normativa in tema di immigrazione, che prevede un flusso privilegiato, fuori quota, con le modalità dell’art. 27 lettera p) del D.lgs 286/98, ma solo per i lavoratori sportivi subordinati di cui alla legge 91 del 1981, altrimenti rientrano nel campo normale di rispetto delle quote di ingresso, la situazione è ben diversa in quanto per loro potrebbe essere applicabile la normativa italiana, a condizione che la maggior parte della loro attività sportiva la svolgano nel territorio italiano.
Il contenzioso in materia di lavoro recentemente si è dotato di un’ulteriore strumento tendente a risolvere velocemente le controversie. Tale strumento è
Il ricorso a tale Commissione non pregiudica e non sostituisce la possibilità di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione. Resta da intendere se il tentativo conciliatorio monocratico, può essere sostitutivo dell’eventuale arbitrato.
Essendo stato introdotto successivamente alla legge 91 si può tranquillamente rispondere affermativamente nel caso in cui l’arbitrato non sia stato previsto in clausola compromissoria nel contratto individuale di lavoro dello sportivo professionista, mentre qualora esso sia stato previsto allora si può affermare che il tentativo di conciliazione monocratica risulta essere un’ulteriore grado di giudizio amministrativo della controversia sindacale.
Concludo lanciando una riflessione sulla difficoltà che può incontrare l’arbitrato o i tentativi conciliativi presso
Il lavoratore subordinato sportivo professionista, che subisca costantemente una collocazione immotivata di messa a disposizione della squadra, anziché avere un impiego attivo nelle prestazioni agonistiche delle competizioni sportive della società può instaurare un contenzioso invocando di essere soggetto a mobbing?
Ma questa domanda apre una finestra su un panorama ancora indefinito.
CONTENZIOSO IN MATERIA DI LAVORO
Sportivo non professionista-lavoratore subordinato-lavoratore tipico
TENTATIVO DI CONCILIAZIONE MONOCRATIVA
Presso
Dpl competente per territorio ove ha sede legale la società.
TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE
Presso
DPL competente per territorio ove ha sede legale la società.
RICORSO ALL’A.G.O.
CONTENZIOSO IN MATERIA DI LAVORO
Sportivo professionista Legge 91/81
Eventuale ARBITRATO se previsto nel contratto individuale di lavoro
TENTATIVO DI CONCILIAZIONE MONOCRATIVA
Presso
Dpl competente per territorio ove ha sede legale la società.
TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE
Presso
DPL competente per territorio ove ha sede legale la società.
RICORSO ALL’A.G.O.