Il quesito
Risposta di: Maurizio MOTTOLA
Nella pratica quotidiana la maggior parte dei circoli tennis ritiene “decommercializzabili” (ai sensi dell’art. 148, co. 3, T.U.I.R. e dell’art. 4, co. 4, d.p.r. 633/1972), i corrispettivi riscossi a fronte dell’utilizzo dei campi da gioco da parte di propri soci o tesserati, anche in considerazione del fatto che tali importi comprendono anche una serie di servizi collaterali, quali la gestione quotidiana delle prenotazioni, i servizi di “sistemazione” degli stessi (rilevanti se in terra rossa), nonché la messa a disposizione di spogliatoi, armadietti e di altre parti comuni della sede; oltre al fatto che si tratta comunque di una attività strettamente collegata all’attività agonistica e didattica.
Analoga impostazione vale, per fare un altro esempio, per il corrispettivo per l’utilizzo dei campi da golf.
A giudizio dello scrivente sarebbe però necessario considerare una tesi opposta, più rigorosa e, quantunque minoritaria, potenzialmente sostenibile dall’Amministrazione Finanziaria in sede di verifica e quindi, personalmente, consigliabile per prudenza.
Il mero affitto di campi da gioco da parte di una a.s.d., nei confronti di qualunque tipologia di soggetto, in assenza di una specifica attività (statutariamente prevista) sportiva/didattica/formativa e riconosciuta come “dilettantistica” (dal CONI) per il tramite dell’affiliazione, tra gli altri organismi, a una Federazione Sportiva Nazionale potrebbe essere considerata attività “commerciale” non “decommercializzabile” e quindi imponibile ai fini delle imposte sul reddito e IVA.
Non sarebbe applicabile pertanto il disposto dell’art. 148, co. 3, T.U.I.R. e dell’art. 4, co. 4, d.p.r. 633/1972, per assenza di esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica riconosciuta, qualora l’affitto di campi da gioco fosse considerato un’attività separata e indipendente dalla promozione effettiva di attività sportiva dilettantistica riconosciuta.
In tale ipotesi e qualora l’affitto di campi da gioco non rappresentasse una attività occasionale, sarebbe necessario dotare il sodalizio sportivo di partita IVA con eventuale opzione per il regime forfetario di cui alla L. 398/1991, in presenza dei requisiti espressamente previsti dalla norma.
In tale ipotesi sarebbe altresì necessario valutare con estrema attenzione la “connessione” di tali particolari attività commerciali a quelle sportive e finalizzate al raggiungimento degli obiettivi statutari, come sostenuto dall’Agenzia delle Entrate attraverso la Circolare 18/E/2018.
Nel rinviare l’utente ad approfondire tale questione, grazie ai numerosi contributi in materia presenti su Fiscosport, si ritiene che la verifica della connessione, nella specifica fattispecie in esame, non possa che produrre esito positivo, trattandosi di disciplina sportiva in possesso di riconoscimento federale.