Le misure specifiche previste dal Decreto Cura Italia si riferiscono esclusivamente alla sospensione dei canoni per gli affitti pubblici e al riconoscimento di un credito di imposta, peraltro di applicazione assai marginale per il comparto sportivo. Per il resto gli effetti della crisi sui contratti di durata sono demandati all’autonomia delle parti e andranno regolati secondo gli istituti tradizionali del codice civile ponendo l’attenzione sul riconoscimento della causa di forza maggiore contenuto nella legislazione emergenziale.
1. Le misure a sostegno dell’affitto nel d.l. 17 marzo 2020 n. 18
- art. 95 sospensione dei canoni pubblici
L’unica misura specifica per il comparto sportivo è contenuta nell’art. 95 che prevede per FSN, EPS, associazioni e società sportive dilettantistiche, la sospensione dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali dal 17 marzo al 31 maggio 2020.
Non si riferisce quindi in maniera generalizzata a tutti i rapporti con enti pubblici, ma soltanto alle convenzioni e concessioni con lo Stato e con gli enti pubblici territoriali di cui all’art.114 della Costituzione (regione, province, comuni, città metropolitane). L’accordata sospensione ex lege non estingue l’obbligazione e va definita più precisamente come possibilità di ritardare il pagamento dei canoni con esclusione di responsabilità per inadempimento atteso che i versamenti dei predetti canoni sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020. In sostanza attraverso questa disposizione il legislatore riconosce, limitatamente ai contratti indicati, che le misure di contenimento determinano l’impossibilità temporanea di provvedere al pagamento del canone esonerando il gestore dell’impianto dalla responsabilità per il ritardo.
Si ricorda, che in presenza di canoni pubblici e quindi di un affidamento di impianto in concessione sulla base del Codice degli Appalti, il concedente potrà attivare la procedura per il riequilibrio economico finanziario ai sensi dell’art. 165, co. 6 del Codice, sulla cui base potrà essere rideterminato, in accordo con l’ente pubblico (solitamente il Comune) il canone concessorio e/o il contributo: “Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. …In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto. ”
- art. 65 credito di imposta sui canoni di locazione di immobili C/1
Il Decreto Cura-Italia ha altresì previsto una misura di sostegno – credito di imposta su certe tipologie di locazioni – non destinata specificatamente al settore sportivo dilettantistico e su cui vi sono orientamenti dottrinali contrastanti.
Innanzitutto, mentre il titolo della norma (crediti di imposta per negozi e botteghe) potrebbe essere interpretata nel senso che le attività diverse da queste non potrebbero beneficiarne, il dettato normativo non riporta quanto previsto dal titolo; pertanto, ove si consideri quale riferimento la norma, il credito spetterebbe, se invece ove si ritenga che il titolo sia rappresentativo della volontà del legislatore di limitare la fruizione solno a negozi e botteghe, allora il credito d’imposta sarebbe escluso. Sul punto, si evidenzia inoltre, che mentre l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di esprimersi in senso negativo circa la debenza dell’agevolazione in ipotesi di utilizzo di immobile di altra categoria, nulla è stato specificato ove venga svolta in un C/1 un’attività diversa da quella catastalmente prevista.
Inoltre, la norma individua quale destinatari i soggetti “esercenti attività d’impresa” e pertanto è necessario distiguere le asd dalle ssd:
– è pacifico che le s.s.d. siano imprese (hanno partita IVA e sono iscritte al Registro Imprese); risulta irrilevante a questi fini che abbiano corrispettivi decommercializzati;
– le a.s.d., al contrario, possono essere definite imprese solo attribuendo al termine “impresa” un significato economico aziendalistico, conforme alla Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE, che definisce impresa “ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica.” Occorre pertanto precisare che:
a) le a.s.d. devono svolgere attività di impresa, ovvero devono essere quantomeno in possesso di partita IVA, meglio se utilizzata non solo per l’effettuazione di operazioni di pubblicità e sponsorizzazione;
b) se le a.s.d. non hanno la P.IVA, l’equiparazione all’impresa risulta molto forzata;
c) se le a.s.d. hanno la P.IVA per la mera attività di sponsorizzazione, lo svolgimento dell’attività sportiva non è svolto in forma di impresa;
d) se sosteniamo che le a.s.d. svolgono l’attività in forma di impresa, vi è il serio rischio di una contestazione in tal senso da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Venendo all’analisi della presente misura di sostegno, gli immobili oggetto del credito di imposta, sono esclusivamente quelli accatastati in categoria C1 (negozi e botteghe) che raramente vengono utilizzati per lo svolgimento di attività sportiva, le cui specifiche categorie catastali sono solitamente le seguenti:
– C/4 – Fabbricati e locali per esercizi sportivi (senza fine di lucro)
– D/6 – Fabbricati e locali per esercizi sportivi (con fine di lucro)
Ebbene, l’art. 65 del d.l. 18/2020 ha previsto un credito di imposta pari al 60% del canone di locazione del mese di marzo dei soli immobili con categoria C/1, a favore del conduttore esercente attività di impresa, i cui requisiti sono pertanto i seguenti:
– deve trattarsi di immobile con categoria catastale C/1
– il canone deve essere relativo al mese di marzo (alla data di pubblicazione del presente intervento non è stata replicata la medesima agevolazione per il mese di aprile);
– infine, anche se non previsto dal decreto, la Circolare 8/E del 3 aprile 2020, al punto 3.1, ha affermato che “il predetto credito maturerà a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo”, richiedendone pertanto non solo la maturazione, ma anche la corresponsione.
Relativamente alle modalità di utilizzo del credito di imposta, con Risoluzione nr. 13/E del 20/03/2020 l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo “6914” denominato “Credito d’imposta canoni di locazione botteghe e negozi” che dovrà essere utilizzato con la compilazione nella sezione “Erario”, nella colonna “importi a credito compensati”.
L’utilizzo in compensazione può avvenire a decorrere dal 25 marzo 2020 esclusivamente con presentazione mediante modalità telematica.
Infine, ricordiamo che trattandosi di un credito d’imposta, è possibile che in caso di controllo, ove il diritto all’agevolazione venga disconosciuto, occorrerebbe restituire all’erario l’importo, con aggravio di sanzioni e interessi.
2. I rimedi tradizionali: impossibilità sopravvenuta, eccessiva onerosità sopravvenuta, recesso anticipato
In assenza di provvedimenti legislativi ad hoc sulla moratoria degli affitti o di altri interventi di sostegno, la sorte dei contratti di locazione e le responsabilità delle parti vanno regolate, nei rapporti tra privati, secondo gli istituti tradizionali previsti dal codice civile.
In premesse va ricordato che il contratto di locazione è un tipico contratto a prestazioni corrispettive a carattere commutativo, caratterizzato da un equilibrio e da un rapporto di equivalenza economica tra le reciproche prestazioni dei contraenti: la principale obbligazione del locatore è quella di garantire il godimento della cosa, quella del conduttore di pagarne il corrispettivo. Trovano dunque applicazione specifiche norme sull’impossibilità sopravvenuta e sull’eccessiva onerosità sopravvenuta.
Un primo riferimento deve farsi all’art.1464 c.c. sulla disciplina dell’impossibilità sopravvenuta parziale che prevede, quando la prestazione di una parte sia divenuta solo parzialmente impossibile, che l’altra parte abbia diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta.
Il presupposto è che la prestazione – in questo caso il godimento dell’immobile locato – sia da considerarsi impossibile in senso oggettivo per un fatto estraneo alla volontà e disponibilità delle parti: sotto questo profilo non possono sussistere dubbi che l’emergenza pandemica in corso e il rispetto delle misure di contenimento configurano una tipica causa di forza maggiore, non imputabile ai contraenti di eseguire e di ricevere la prestazione.
L’impossibilità deve ritenersi parziale perché, nonostante il blocco delle attività sportive impedisca l’utilizzo del centro sportivo secondo la funzione cui è destinato, il godimento dell’immobile non è del tutto venuto meno, in quanto il conduttore ne mantiene la detenzione e continua a occuparlo con le proprie attrezzature.
In ogni caso non vi è quell’alterazione definitiva che rende irrealizzabile la causa concreta ovvero lo scopo pratico cui il contratto è destinato e che determina la risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione non imputabile alle parti ex art. 1463 c.c., come nel caso tipico di distruzione dell’edificio a seguito di terremoto (Cass.3974/19; Cass.17844/07).
Nel caso che ci occupa – che configura un’ipotesi di impossibilità solo temporanea di utilizzazione – il rapporto di locazione è invece destinato a proseguire e ad essere ricondotto all’equilibrio che lo caratterizza.
Pertanto a fronte del godimento parziale e ridotto del bene, il conduttore ha diritto a una corrispondente riduzione del canone la cui misura non viene specificata dalla norma: si tratta di un principio che le parti dovranno attuare attraverso la stipula di accordi modificativi i quali non andranno a incidere sul rapporto in corso ma si limiteranno a prevedere una riduzione del corrispettivo. Si vedano di seguito al punto 3 modalità e adempimenti per formalizzare l’accordo di riduzione.
Tale rimedio dunque – e salva la facoltà di recesso per difetto di interesse apprezzabile all’adempimento parziale – consente la prosecuzione del contratto riconducendolo all’equilibrio delle prestazioni e andrà quindi privilegiato quando vi sia interesse a detenere l’immobile e a mantenere in loco la sede delle attività (caratteristiche dell’edificio, presenza di investimenti sull’immobile, onerosità del trasferimento, perdita del legame con il territorio e con gli utenti, difficoltà di reperimento di altre strutture idonee e così via).
In alternativa è applicabile l’istituto della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta disciplinato dall’art.1467 c.c. Anche in questo caso rileva il carattere commutativo del sinallagma che alle condizioni richieste determina lo scioglimento del rapporto o si traduce nella eventuale riconduzione a equità, rimessa alla disponibilità delle parti.
Per determinare l’effetto risolutivo previsto dalla disposizione sono richiesti due requisiti: che sussista uno squilibrio tra le prestazioni non previsto al momento della conclusione del contratto e che l’eccessiva onerosità della prestazione sopravvenuta sia riconducibile a un evento straordinario e imprevedibile. In tal senso non vi è dubbio che l’emergenza pandemica in corso costituisca un fenomeno del tutto straordinario e imprevedibile; tuttavia il conduttore che intenda conseguire l’effetto risolutivo dovrà dimostrare non tanto e non solo che il pagamento del canone è divenuto eccessivamente gravoso a causa delle misure di contenimento e delle difficoltà finanziarie ma che il corrispettivo pattuito originariamente non ha più lo stesso controvalore economico a seguito del perdurare della crisi recessiva.
La risoluzione, trattandosi di tipico contratto a prestazioni periodiche, non avrà effetto retroattivo perché non si estende alle prestazioni già eseguite.
A fronte della richiesta di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta il locatore, che intenda evitare gli effetti risolutori, potrà offrire di modificare equamente le condizioni contrattuali, secondo quanto previsto dall’art.1467 comma 3 c.c.. Trovano spazio in questo caso ampie facoltà demandate all’autonomia contrattuale che possono estendersi a una rinegoziazione più ampia dei termini contrattuali, idonea a ristabilire l’equilibrio delle prestazioni.
Infine un altro rimedio finalizzato allo scioglimento del rapporto è quello del recesso anticipato, ossia la disdetta del contratto. Tale facoltà può essere prevista nel contratto a favore del conduttore che dovrà esercitarla nelle forme e nei tempi ivi indicati. In mancanza di clausole specifiche o di clausole che rendano il recesso particolarmente oneroso, è applicabile la previsione dell’art. 27 u.c. della l.392/78 per i contratti a uso non abitativo che riconosce al conduttore il recesso ex lege quando ricorrano gravi motivi. La disposizione prevede che il conduttore indipendentemente dalle condizioni contrattuali possa recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno 6 mesi da comunicarsi all’altra parte con lettera raccomandata. Per gravi motivi si devono intendere secondo la giurisprudenza della Suprema Corte quei “fattori estranei alla volontà del conduttore tali da sovvertire l’originario assetto di interessi dedotto in contratto. I gravi motivi non possono attenere alla soggettiva e unilaterale valutazione effettuata dal conduttore sull’opportunità o meno di continuare a occupare l’immobile locato, bensì devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa per lo stesso conduttore, anche solo per ragioni di ordine economico, la prosecuzione del rapporto locativo” (Cass. 26892/14, Cass. 1206/2015).
È pertanto indubbio che le misure di contenimento e la crisi pandemica si configurino come valide motivazioni oggettive per giustificare la disdetta anticipata da parte del conduttore, anche quando non sia prevista dal contratto.
3. Forma, adempimenti, registrazione degli accordi di riduzione del canone
La forma dell’accordo di riduzione del canone dovrà essere la medesima del contratto originario, solitamente la forma scritta, a tutela delle parti circa l’intervenuto accordo.
L’accordo di riduzione del canone potrà comunque essere soggetto a registrazione – ai sensi dell’art. 8 del medesimo d.p.r. – in esenzione dalle imposte di bollo e registro, per tutela del locatore, il quale potrà assoggettare a tassazione il minor canone derivante dall’accordo, anziché il canone inizialmente concordato; inoltre, ove l’accordo di riduzione interessi anche le annualità successive, potrà essere corrisposta un’imposta di registro commisurata al nuovo canone.
Circa la registrazione dell’accordo di riduzione del canone – ove non vengano apportate ulteriori modifiche alle condizioni iniziali – lo stesso non è soggetto all’obbligo di registrazione, sulla base del d.p.r. 131/1986, che all’art. 17 assoggetta a tale adempimento esclusivamente le “cessioni, risoluzioni e proroghe” dell’originario contratto.
Per le modalità di registrazione, a causa dell’emergenza covid-19, la riduzione del canone di locazione potrà essere comunicata anche mediante PEC o e-mail a cui allegare, oltre naturalmente all’accordo, il modello 69 (rinvenibile a questo link) debitamente sottoscritto, cui allegare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui si attesti il possesso dell’originale dell’atto e la conformità al medesimo della copia trasmessa all’ufficio. Inoltre, al termine della fase emergenziale, dovrà essere consegnato all’ufficio competente l’originale dell’accordo.
Sulla questione è estremamente utile la Risoluzione n. 60 del 28 giugno 2010 nella quale l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato che in caso di riduzione del canone non è necessario registrare la scrittura, ma è consigliato dare data certa all’accordo, da esibire in sede di eventuale controllo.
Se entrambe le parti possiedono o comunque hanno accesso a una casella PEC, la data certa può essere data con scambio, appunto, di PEC.
In alternativa proponiamo l’annotazione dell’accordo firmato sul Registro Pubblico delle Impronte Informatiche di Diritto Pratico, mediante l’applicazione a questo indirizzo: https://apps.dirittopratico.it/impronta.html.
Il meccanismo informatico è abbastanza complesso, ma nella sostanza con tale procedura si crea la c.d. “impronta informatica” del contratto, immodificabile e annotata appunto su un Registro Pubblico, che gli conferisce quindi data certa senza costi e senza altre formalità.
Nella scrittura privata contenente l’accordo per la riduzione del canone di locazione andranno indicati:
– Dati di locatore e conduttore: nome, cognome, data di nascita, codice fiscale, residenza
– Riferimenti del contratto: data di stipula, ufficio e data di registrazione, estremi della registrazione
– Dati dell’immobile cui si riferisce il contratto: indirizzo e estremi catastali dell’immobile
– Riduzione del canone: vecchio e nuovo importo
– Data a partire dalla quale sarà adottato il canone ridotto e decorrenza: per tutta la durata o solo per un periodo determinato
4. Gli effetti del lockdown sull’inadempimento delle obbligazioni del conduttore
L’articolo 3 comma 6 bis del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 6, introdotto dall’art.91 del Cura Italia, prevede che il rispetto delle misure di contenimento sanitario a causa del covid-19, sia sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 [1] c.c. anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”
La disposizione interviene come legge speciale a riconoscere una specifica causa di esclusione della responsabilità del debitore per forza maggiore – ovvero per causa allo stesso non imputabile – che va tuttavia valutata in relazione alla natura della prestazione.
Quanto all’obbligazione di pagamento del canone, si ritiene che il conduttore non sia liberato automaticamente dall’obbligo di eseguire la prestazione nonostante la causa di forza maggiore, in quanto trattandosi di prestazione di bene fungibile (denaro) non appare sufficiente addurre come giustificazione la chiusura dell’attività dovendo anche documentare la concreta e obiettiva impossibilità di far fronte al pagamento nei termini pattuiti, ad esempio comprovando una carenza di liquidità e la difficoltà di ottenere finanziamenti e simili utilizzando la dovuta diligenza.
Ciò premesso, il disposto introdotto dall’art. 91, valutato in relazione alla natura della prestazione, comporta nell’ambito dei rapporti che ci occupano diverse implicazioni.
Innanzitutto il conduttore, invocando il dettato dell’art. 1256 comma 2 c.c. per il quale il debitore non è responsabile del ritardo nell’adempimento nel caso di impossibilità temporanea, potrà chiedere la sospensione del canone, ovvero una sorta di congelamento del proprio obbligo che consente di ritardare il pagamento alla ripresa delle attività; in caso di mancato accordo con il locatore potrà comunque eccepire l’impossibilità della prestazione per forza maggiore, e quindi invocare l’esonero da responsabilità per il ritardo, senza incorrere in mora e senza essere tenuto a risarcire il danno.
L’impossibilità di pagamento temporaneo spiega i suoi effetti anche sulla sorte del contratto: il ritardo nell’adempimento e il mancato pagamento di una o più mensilità, nel periodo di comprovata e obiettiva difficoltà, escludono la risoluzione del contratto per inadempimento sia quando debba essere accertata l’importanza dell’adempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c. sia in caso di clausola risolutiva espressa, spesso presente nei contratti di locazione. In questo caso, ai sensi dell’art. 1456 c.c. la risoluzione si verifica di diritto per effetto della volontà dei contranti che hanno già preventivamente individuato la gravità dell’inadempimento idoneo a determinare l’effetto risolutivo (ad esempio prevedendo che il mancato pagamento di due mensilità consecutive determini ipso iure la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore); tuttavia se l’omesso pagamento è giustificato da forza maggiore il conduttore non potrà essere considerato inadempiente e non si produrrà l’effetto risolutivo.
È evidente che in caso di mancato accordo tra le parti ogni questione andrà risolta in sede giudiziale a seguito delle azioni che queste possono reciprocamente promuovere: per ottenere la riduzione e/o la sospensione del canone, per accertare l’intervenuta risoluzione per eccessiva onerosità, per accertare la sussistenza dei gravi motivi idonei a fondare il recesso anticipato.
Di regola l’iniziativa più celere ed efficace a tutela del locatore è la procedura di intimazione di sfratto per morosità che consente di ottenere la convalida dello sfratto e altresì un decreto ingiuntivo per il pagamento di canoni scaduti e a scadere: due titoli esecutivi per procedere rispettivamente al rilascio dell’immobile e all’esecuzione forzata sui beni del debitore, ivi inclusi in particolare i mobili e le attrezzature collocate all’interno dell’immobile locato sui quali il locatore ha privilegio speciale.
Ricordiamo, che per le locazioni a uso diverso dall’abitativo non si applica la disciplina di cui all’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (c.d. termine di grazia), per cui dopo l’intimazione di sfratto, il conduttore non può più adempiere mediante l’offerta o il pagamento del canone nel corso del procedimento per evitare la convalida.
Naturalmente il conduttore potrà sempre promuovere opposizione all’intimazione di sfratto allegando tutte le sue difese – dall’impossibilità di pagamento per causa di forza maggiore al diritto di ottenere la riduzione del canone, dall’inefficacia delle clausole risolutive espresse alla fondatezza del recesso anticipato – ritenute idonee, in relazione al caso concreto, a contrastare la richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento. Sarà quindi il giudice ad accertare se sussista o meno l’inadempimento del conduttore ed è auspicabile che in applicazione del dettato dell’art. 91 d.l. 18/20 si valuti sempre l’impossibilità non imputabile della prestazione, quanto meno per escludere l’adozione dell’ordinanza provvisoria di rilascio prevista dall’art. 665 c.p.c.
In conclusione e richiamato anche il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, è sempre preferibile la strada dell’accordo, finalizzato alla prosecuzione del rapporto – con previsione di sospensioni e riduzioni del canone o con rinegoziazione che investa anche la durata e altri termini contrattuali idonei a contemperare le reciproche esigenze delle parti – oppure destinato a regolarne consensualmente lo scioglimento e i suoi effetti.
In merito alle diverse variabili nella disponibilità dell’autonomia contrattuale, idonee a disciplinare gli effetti della crisi sul contratto, si pone anche il problema circa la derogabilità o meno della disposizione prevista dall’art. 91.
Ovvero, se negli eventuali accordi modificativi stipulati dalle parti, possa essere derogato alla valutazione dell’emergenza come causa non imputabile: si ritiene che la risposta sia affermativa, in quanto la disposizione recita “è valutata ai fini”, quindi si ritiene che la norma offra e non imponga tale possibilità derogatoria.
Un esempio, in tale senso potrebbe essere il seguente: contratto di locazione immobiliare, per cui il locatore concede la sospensione del pagamento di alcune mensilità e il pagamento dilazionato entro una certa data, oppure il totale abbuono delle stesse, in cui si stabilisca inoltre che “Le parti concordano che la decretazione emergenziale nel frattempo intervenuta non impedisce comunque al conduttore l’occupazione dell’immobile oggetto del contratto e pertanto le parti non danno luogo a richiamare l’applicazione degli artt 1218, 1256 e 1258 del codice civile così come invocati al art 91 del DL 18/2020 del 17 marzo 2020.”
In sostanza: poiché l’occupazione dell’immobile da parte del conduttore permane anche durante l’emergenza, si deroga alla valutazione dell’emergenza come causa non imputabile, da cui deriva che non potrà essere invocata la deroga sancita dal decreto a fronte di ulteriori inadempimenti oltre a quanto concesso dal locatore.
Ove non fosse stato derogato a quanto sancito dall’art. 91, l’effetto sarebbe stato che nonostante quanto concordato con la proprietà, il conduttore avrebbe potuto ulteriormente risultare inadempiente (ritardo o mancato pagamento del canone) a causa del protrarsi delle misure di contenimento, senza che tale comportamento comportasse inadempimento.
avv. Biancamaria STIVANELLO – dott. Patrizia SIDERI
[1] 1218 c.c. – Responsabilità del debitore
“Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.”
1223 c.c. – Risarcimento del danno
“Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.”